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Criteri di calcolo della distanza del balcone e contrasto col D.M. 1444/1968

Il rapporto tra balcone e distanze tra costruzioni non è ancora del tutto stabilizzato, e pertanto ritengo utile riportare i vari orientamenti che emergono dalla giurisprudenza.

Il nodo permane irrisolto perchè è lo stesso articolo 9 D.M. 1444/68 ad essere scritto in maniera capziosa: le distanze tra edifici vanno considerate tra pareti finestrati antistanti (almeno una tra le due), e il dilemma è considerare anche i balconi come “parete antistante”.

Proviamo allora a riportare i riferimenti e a sintetizzare i lineamenti, premettendo però due definizioni essenziali prese dal quadro delle definizioni uniformate dal Regolamento Edilizio Tipo nazionale 2016:

  • Balcone, voce n. 35: Elemento edilizio praticabile e aperto su almeno due lati, a sviluppo orizzontale in aggetto, munito di ringhiera o parapetto e direttamente accessibile da uno o più locali interni. (Commento: il balcone è quello a sbalzo, e non va confuso con terrazzo/a che corrisponde al tetto piano).
  • Edificio, voce n. 32: Costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo.

Detto questo, vediamo i due orientamenti principali in materia di distanze tra costruzioni quando vi siano i balconi aggettati tra pareti finestrate.

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Orientamento di rigida equivalenza tra balcone e costruzione.

Cercando in giurisprudenza si può riscontrare un orientamento che definirei “rigido”, perchè basato sulla equivalenza dell’elemento balcone ad edificio, o meglio ad un suo prolungamento.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che nella verifica dell’osservanza delle distanze, di cui all’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, vadano considerati i balconi, nonché tutte le sporgenze destinate, per i loro caratteri strutturali e funzionali, ad ampliare la superficie abitativa dei vani che vi accedono (Cons. di Stato n. 8834/2023, n. 5307/2018, n. 1272/2014, n. 5108/2013; Cass. Civile n. 4834/2019, n. 8010/2018).

Il principio parte da un presupposto: se il balcone fornisce vedute dirette, frontali o laterali, allora va considerato come parete finestrata, proprio perchè dalla finestra si svolge la stessa funzione di veduta del balcone. In sostanza, la stessa funzione di fornire vedute comporta equiparazione del balcone a parete finestrata, di cui si riporta integralmente il principio estratto dalle ordinanze di Cass. Civ. n. 4834/2019, n. 8010/2018:

Deve quindi ritenersi che anche la presenza di balconi assicuri la possibilità di veduta (cfr. da ultimo Cass. n. 8010/2018, a mente della quale con riferimento ai balconi, rispetto ad ogni lato di questo si hanno una veduta diretta, ovvero frontale, e due laterali o oblique, a seconda dell’ampiezza dell’angolo), e che quindi la loro presenza sul fronte del fabbricato impone l’applicazione della norma alla quale hanno fatto riferimento i giudici di merito (si veda per la giurisprudenza amministrativa Cons. Stato 5/10/2015 n. 4628, che ha ribadito che per pareti finestrate si devono intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere in esse anche quelle sulle quali si aprono semplici luci, nonché T.A.R. L’Aquila, (Abruzzo), 20/11/2012, n. 788, che ha specificato che ai sensi dell’art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi per “pareti finestrate”, non solo le pareti munite di “vedute”, ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo, bastando altresì che sia finestrata anche la sola parete che subisce l’illegittimo avvicinamento).

Quindi il balcone, è qualificabile come manufatto o semplice aggetto di decoro?

La sentenza di Cass. Civ. n. 16327/2019 spiega il principio per cui non debbano essere computati ai fini del calcolo della distanza minima tra costruzioni, le sporgenze di limitata entità perché le piccole sporgenze non sono, in alcun modo, capaci di determinare quelle pericolose intercapedini che la normativa sulle distanze vuole evitare.

Perciò se non si considerano sporti trascurabili i balconi formati da solette aggettanti di apprezzabile dimensione, si possono escludere dal computo delle distanze modesti corpi aggettanti come mensole, lesene, cornicioni, canalizzazioni di gronda, i tetti spioventi di modeste dimensioni; ciò, a condizione che l’esclusione dell’attitudine dell’incremento volumetrico o superficiario della costruzione, risulti accompagnato dalla caratteristica dell’entità trascurabile (in questa senso Cass. Civ. n. 7604/2024, n. 1842/2023, n. 25191/2021, n. 18282/2016).

Anche il Consiglio di Stato ha ritenuto che non sono computabili nel calcolo della distanza fra edifici gli sporti, le parti che hanno funzione ornamentale e decorativa (es. le mensole, le lesene, i risalti verticali), le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, gli aggetti, gli elementi di ridotte dimensioni e gli altri manufatti di minima entità; non possono invece essere esclusi dal computo le pensiline, i balconi e tutte quelle sporgenze che, per le particolari dimensioni, sono destinate anche ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l’uso abitativo dell’edificio (cfr. ad es. Consiglio di Stato n. 521/2021, n. 5108/2013).

L’orientamento rigido non consente ad un Regolamento edilizio comunale alcuna possibilità di deroga o differente criterio di misurazione della distanza tra edifici senza tenere conto dell’estensione del balcone, in quanto contrario alla legge. Sottraendo dal calcolo della distanza l’estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. 10, violando il distacco voluto dalla cd. legge ponte (Cass. Civ. 38285/2021, n. 5594/2016, n. 17089/2006).

Orientamento favorevole sui balconi decorativi

Esiste un orientamento che risulta minoritario che apre qualche spiraglio, seppure per modeste casistiche.

In materia di distanze tra costruzioni costituisce disposizione inderogabile e ha natura di ordine pubblico la regola che fissa in dieci metri la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (art. 9 D.M. 1444 del 2 aprile 1968).

In questo orientamento il Consiglio di Stato ha osservato che il balcone aggettante, avente funzione architettonica o decorativa, può essere compreso nel computo delle distanze solo nel caso in cui una norma di piano di preveda (tra varie, Cons. Stato, IV, 7 luglio 2008, n. 3381), al di là del richiamo che il regolamento comunale effettua agli “aggetti”, differenziandoli dalle “sporgenze”. (Cons. di Stato n. 1732/2022, n. 11/2015, n. 3381/2008).

In questo passaggio emerge un aspetto rilevante, cioè la qualifica o meno di sporto ornamentale del balcone tramite disciplina/regolamento comunale: infatti capita di esaminare Piani Regolatori e Regolamenti edilizi comunali in cui risultano escludevano dal calcolo delle distanze i balconi, se questi possedevano certe caratteristiche e dimensioni, tipo l’aggetto oltre 1,50 metri.

Commento e conclusioni

Le sentenze e orientamenti si rispettano, si sa già. Non mi trovo molto d’accordo sull’orientamento che qualifica il balcone come elemento costruttivo da cui conteggiare la distanza tra edifici, tale da creare la famigerata “intercapedine dannosa insalubre” tra edifici frontistanti.

La definizione di parete finestrata meriterebbe di essere presa in senso più letterale, in quanto la nozione di parete è ben chiara, ovvero di una cortina muraria capace di isolare l’esterno dall’interno; non mi sembra che il balcone abbia questa capacità, e soprattutto in nome della capacità di veduta.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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Questo post ha un commento

  1. […] E’ importante focalizzare un criterio guida su come misurare e applicare questo conteggio valevole sia ai fini pubblicistico-amministrativi ma anche ai fini civilistici, soprattutto tra edifici aventi sagome articolate e rientranze, ricordando i pochi casi eccezionali quali gronde, sporti o aggetti con finalità puramente decorative (e forse anche di balconi “minimali”). […]

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