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Il permesso di costruire può essere annullato e riemesso in luogo di vizi formali o sostanziali emendabili.

L’annullamento del suo rilascio viziato per motivi amministrativi e formali può aprire diversi scenari

Di fronte a vizi amministrativi di un permesso di costruire rilasciato il Comune deve valutare la possibilità di annullarlo e rilasciarne uno nuovo emendato dai predetti vizi, in modo da ripristinare piena legalità del procedimento (Cons. di Stato IV n. 2852/2012).

L’art. 38 del T.U. 380/2001 prevede una procedura specifica per i permessi di costruire viziati sotto un profilo amministrativo, valevole per due ipotesi alternative tra loro:

  • impossibilità di rimuovere i vizi della procedura amministrativa del PdC;
  • impossibilità a rimessa in pristino delle opere;

In tali casi il Comune applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o delle loro parti compiute abusivamente, il cui pagamento produce gli stessi effetti del permesso di costruire in sanatoria.

Si tratta di una norma principalmente finalizzata a tutelare gli interessi del privato, che ha realizzato opere in base ad un titolo abilitativo ritenuto efficace ed annullato posteriormente (Cons. di Stato VI n. 3795/2017, Cons. di Stato VI n. 2137/2015).

Per l’annullamento sostitutivo del Permesso di Costruire sono necessari alcuni presupposti

Il Comune può disporre la rimozione dei vizi del permesso di costruire ove si tratti:

  • di vizi formali o procedurali;
  • di vizi sostanziali, ma solo ove si tratti di vizi emendabili;

Il presupposto principale è appunto l’emendabilità, ovvero la possibile correzione da compiersi in piena coerenza col procedimento in oggetto.

In tutti gli altri casi, ove non sia emendabile, come nel caso di vizi sostanziali insanabili, deve esercitare i propri poteri repressivi e disporre, in primo luogo, la rimessione in pristino, che è la ordinaria conseguenza nel caso di commissione di abusi edilizi (Cons. di Stato VI n. 3795/2017).

L’annullamento del permesso di costruire con l’opera ultimata ha conseguenze rilevanti sotto diversi aspetti

Un esempio potrebbe essere il permesso rilasciato per opere incompatibili con le previsioni del piano regolatore o con la destinazione della zona, configurandosi come vizio sostanziale e non emendabile.

Qualora l’opera sia compiuta secondo il permesso di costruire viziato, il comune dovrà (ri)valutare la legittimità postuma dell’opera nel suo complesso e se del caso, esercitare i propri poteri repressivi ordinando la rimessa in pristino.

Infatti l’opera così compiuta nel rispetto del PdC viziato, potrebbe risultare abusiva di fronte al riesame postumo.

L’annullamento del PdC azzera la procedura iniziale, che riparte daccapo come se venisse presentata oggi per la prima volta.

Quindi, in base all’art. 38 del TUE, di fronte all’annullamento del PdC e alla impossibilità di:

  • rimuovere (e correggere) vizi formali e sostanziali;
  • ordinare la rimessa in pristino;

il comune applica una sanzione pecuniaria pari la valore venale delle opere o loro parti compiute abusivo.

Sarebbe più corretto dire “può applicare” la sanzione pecuniaria, in quanto non è automatica la possibilità di giungere al sanzionamento pecuniario.

L’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 38 del TUE non è una procedura di sanatoria a parte, proprio perchè avente effetti del PdC in sanatoria, quindi è equiparata allo stesso principio di doppia conformità previsto dall’art. 36 del TUE (Cons. di Stato VI n. 2123/2015).

Dovendo essere la procedura “riparatoria” dell’art. 38 rispettosa del più ampio principio dell’art. 36 TUE, scattano le stesse possibilità di regolarizzazione previste dal relativo capo normativo, tra i quali le parziali difformità non rimovibili perchè pregiudizievoli della parte legittima eseguita.

La rimessa in pristino costituisce conseguenza ordinaria per gli abusi edilizi, sia in generale, sia nel caso in cui non vi siano i presupposti richiesti dall’art. 38 T.U. 380/2001 per la sanatoria. Ergo, il provvedimento di rimessa in pristino non richiede in linea di principio alcuna particolare motivazione sull’interesse pubblico ad adottarla (Cons. di Stato VI n. 3795/2017).

La procedura dell’art. 38 consiste nel rinnovo della procedura istruttoria del permesso edificatorio

La previsione di cui all’art. 38 non deriva un generale divieto tout court di rinnovare i permessi di costruire annullati per vizi di carattere sostanziale, a condizione che il PdC in sanatoria sia depurato da vizi sostanziali; la giurisprudenza amministrativa è consolidata nel segnalare che nell’ipotesi di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 la demolizione rappresenta l’ “extrema ratio” (Cons. di Stato VI n. 4221/2015, n. 2355/2014, 2398/2014, e 1535/2010).

In sostanza conclusiva:

  • la rimozione dei vizi ex art. 38 non è consentita solo quando abbiano natura formale o procedurale;
  • l’art. 38 è applicabile anche nel caso di annullamento per vizi sostanziali, purché emendabili. La “sanatoria” è preclusa solo quando si tratti di vizi inemendabili e incompatibili con la disciplina edilizia e urbanistica vigente in sede di riesame;
  • la demolizione dell’opera realizzata in base a un permesso annullato costituisce l’extrema ratio; in seguito all’annullamento di un titolo edilizio l’Amministrazione non è certo vincolata ad adottare misure ripristinatorie dovendo, anzi, privilegiare, ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del potere emendato dai vizi riscontrati, ancorché aventi carattere sostanziale. La riemanazione del permesso di costruire è ammessa, tranne che nei casi di divieto assoluto di edificazione;
  • l‘adozione di un provvedimento sanzionatorio presuppone l’annullamento (anche in sede giudiziale) di un “assenso edilizio” “per il riscontrato e insanabile conflitto con il regime costruttivo di riferimento”.

Sul punto, sarebbe interessante approfondire circa il ragionevole termine entro il quale è possibile procedere all’annullamento del PdC, in rapporto anche al regime di silenzio assenso.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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