La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
La presenza di arredi e allacci rende evidente l’abuso, anche se non pienamente funzionale
Mi capita spesso di visitare immobili in vendita, oppure oggetto di ristrutturazione edilizia. E altrettanto spesso mi capita di vedere situazioni “di fatto” che discordano da quelle che dovrebbero risultare dagli atti amministrativi e titolo abilitativi.
Per prima cosa premetto che quest’articolo non intende fare “terrorismo” o giustizialismo, usando i termini sbagliati di un goffo tappezziere rivolti al mio articolo sulle “pergole bioclimatiche“.
Il problema vero è un altro: il rispetto delle regole, anche quelle più banali. Il problema vero è che l’italiano medio ha un motto invariabile:
“padrone a casa mia”.
italiano medio
In verità, se non lo aveste ancora capito, non siete padroni a casa vostra, ma che intorno a voi ruota una società. Che vi piaccia o no, fatevene una ragione, per tutto il resto potete comprare un atollo polinesiano e trasferirvi lì.
Creare una cucina in più equivale a creare una nuova unità funzionale.
Credeteci: l’aumento di un vano cucina all’interno dell’abitazione, completa di allacci e arredi, può comportare illecito edilizio, anche senza il frazionamento effettivo.
Ad esempio trovo utile il riferimento di una sentenza relativa ad un caso attinente: non incide sull’esistenza dell’abuso il fatto che le opere non siano ancora pienamente funzionale, ritenendo sufficienti gli elementi essenziali accertati (rif. Cons. di Stato n. 4150/2020).
Nel suddetto caso erano inoltre state accertate opere finalizzate a predisporre il frazionamento funzionale di un’unità abitativa, cioè due impianti termici autonomi, due contatori elettrici, il rifacimento degli impianti idrici e termici.
Resta il fatto che la creazione di una nuova cucina all’interno di unità abitativa rende evidente la presenza di due unità funzionalmente autonome, ancorché senza effettuare il frazionamento definitivo.
Un caso ricorrente che ho constato è la creazione di una seconda cucina frazionando “provvisoriamente” due appartamenti con l’installazione di un infisso interno chiuso a chiave fino a posteriori.
O meglio: si è visto installare un infisso da un lato, cioè una porta interna di tipo blindato o massiccio, in grado di assicurare una idonea separazione e un minimo di isolamento acustico.
Questo quanto meno per garantire una separazione, un frazionamento di fatto provvisorio e facilmente ripristinabile (in teoria) a fronte di controlli.
Diffusi anche i “frazionamenti di fatto” depositati solo al Catasto.
Sostengo invece che di fronte ad un controllo in cui la separazione tra nuove unità immobiliari compiute con sistemi simili, assieme alla creazione di nuove cucine, non possa dare alibi per ripristinare “solo” la porte preesistente. Infatti in caso di accertamento la situazione deve tornare globalmente a quella anteriore al compimento dell’abuso, cioè togliendo anche la cucina.
Diverso invece il caso in cui siano state realizzati due cucine all’interno di un ampio appartamento, disposto su due livelli e uniti da un corpo scala. E’ il classico caso dell’appartamento fatto al piano terra per i genitori anziani, mentre si manda la famiglia del proprio figlio all’alloggio soprastante.
E’ il tipico caso in cui per diversi motivi si evita di fare valutazioni necessarie per legittimare l’intervento coi relativi titoli abilitativi e progetti vari (lo so, la Burokrazia è davvero tosta quando ci si mette).
Però finché non cambiano le regole in gioco, bisogna quanto meno porsi il problema.
Aggiungo pure un altro caso molto frequente: “la cucina d’inverno”.
Mi capita molto spesso di vedere cucine realizzate nei piani seminterrati, quando ne esiste già un’altra al piano terra o rialzato, magari di maggior pregio e costo.
La motivazione (o scusa) di molti è quella di creare una cucina nel seminterrato per godere del tepore invernale e del fresco estivo, e da poterla usare con minore pretese rispetto alla quella “nobile” al piano di sopra. In più come spesso accade, essa è cosa temporanea.
Ma si sa, il concetto di provvisorietà e transitorio hanno limiti molto elastici e deformabili a propria discrezione. Infatti una cucina non può essere “provvisoria”, bensì permanente fino a nuovo ordine.
Resta il fatto che la realizzazione di una nuova cucina offre molti argomenti di contestazione di illecito edilizio per aver creato una nuova unità immobiliare. E tale occasione diventa utile per rammentare che nel Regolamento Edilizio Tipo nazionale non risulta riportata la definizione di unità immobiliare.
Anche per il Catasto la nuova cucina può significare aumento di unità immobiliari
E’ vero, lo so: ho scritto più volte che urbanistica e Catasto sono due mondi che ogni tanto si sfiorano tra loro, senza essere coordinati.
Ma è l’occasione per rammentare che un ulteriore argomentazione per contestare l’illecito edilizio può venire anche dalla definizione di unità immobiliare per la disciplina catastale.
Prendiamo la definizione di unità immobiliare come definita dall’articolo 2 comma 1 del Decreto Min. Finanze n. 28/1998:
Art. 2. Unita’ immobiliare
1. L’unita’ immobiliare e’ costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.
E’ fuori discussione che l’individuazione di unità immobiliari abitative è ricercabile dalla presenza di cucine e servizi igienici. La definizione del Catasto addirittura è più ampia, e considera l’unità immobiliare quella che presenta una potenziale autonomia sotto il profilo:
- funzionale;
- reddituale;
Il concetto di potenzialità è ampio e pertanto rischioso, perchè crea argomenti a sfavore del proprietario dell’immobile.
E in urbanistica cosa individua l’unità immobiliare abitativa?
Se la normativa nazionale non lo ha disciplinata del tutto, la definizione di unità immobiliare in ambito urbanistico è stata comunque disciplinata da:
- regolamento edilizio tipo regionale, cioè recepito da quello nazionale;
- regolamento edilizio comunale;
Ed è molto frequente riscontrare che i Piani Regolatori abbiano praticamente acquisito gli stessi lineamenti di quelli indicati dalla normativa catastale.
Per esempio, il Regolamento Edilizio Tipo della Regione Toscana (Reg. 39/R/2018) fornisce una versione molto aderente a quella del Catasto:
Art. 30 Unità immobiliare (voce n. 2 dell’Allegato 2)
1. Ai fini del presente regolamento si definisce “unità immobiliare” un insieme di locali e spazi tra loro collegati, avente autonomo accesso e indipendenza funzionale, capace di soddisfare autonomamente specifiche esigenze di utilizzo, siano esse di tipo residenziale o di tipo diverso dalla residenza. Costituiscono parte integrante dell’unità immobiliare le sue eventuali pertinenze o spazi accessori di uso esclusivo.
Anche in questo caso emerge il concetto di autonomia e indipendenza funzionale: ammetto che la definizione è abbastanza elastica e non sottolinea il criterio della potenzialità come al Catasto; ma questa cosa può essere facilmente aggirata facendo leva sugli “spazi collegati tra loro”.
Per non essere frainteso, intendo dire che qualcuno potrebbe comunque sostenere l’esistenza di unità immobiliari a prescindere da una fisica separazione degli spazi.
Per quanto mi riguarda, sconsiglio di realizzare cucine aggiuntive negli appartamenti senza i relativi titoli abilitativi o comunicazioni previste per legge. La conformità urbanistica dell’immobile è un valore aggiunto a lungo termine, credetemi.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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