La natura precaria dell'opera deve soddisfare almeno il criterio funzionale, ovvero le esigenze temporanee
Avete mai visto quei manufatti sostenuti da pilastri, coperti da quelle alette frangisole orientabili, ruotabili per ripararsi dal sole e anche dalla pioggia, allineandosi in maniera planare?
Di fatto (e per la normativa edilizia) costituiscono una tettoia, e niente affatto una pergola.
Prima di procedere, è necessario definire i manufatti che possono essere qualificati come pergole.
Il problema è che qualcuno spaccia per “pergola bioclimatica” dei manufatti verosimili a pergole che sostengono telai con le alette ruotanti.
E spacciandoli come “pergola bioclimatica”, o con nomi simili, si veicola il messaggio che possano rientrare in edilizia libera, cioè esonerati da ogni titolo edilizio.
Mentre come vedremo più avanti, la pergola serve unicamente per sostenere le piante rampicanti, e questo tipo di impostazione contrasta con la presenza delle alette.
Ne parlo anche nel mio canale YouTube (iscriviti pure):
Per prima cosa, se fosse davvero così, le vedremmo indicate nell’elenco nazionale delle opere edilizie esentate dai permessi di costruire, SCIA e CILA. Stiamo parlando del Glossario per l’edilizia libera, emanato nel 2018 (ti rimando al mio video e articolo di approfondimento).
Chiariamo subito: la “biopergola” o “pergola bioclimatica” non costituisce edilizia libera, piuttosto si qualifica come tettoia.
E in quanto tale richiede titoli edilizi superiori (Permesso di Costruire, e forse SCIA in certi casi).
Non possono qualificarsi come pergole o pergolati, bensì costituiscono tettoie.
Facciamo riferimento alla recente giurisprudenza, al Regolamento Edilizio Tipo nazionale e al Glossario.
Per prima cosa, le definizioni esatte di pergola o pergolato non sono riportate nel D.P.R. 380/01, e tanto meno nel Regolamento Edilizio Tipo. Risultano altresì menzionate nel Glossario per l’Edilizia libera, ma appunto soltanto accennate, senza fornirne una descrizione precisa.
Estratto dal Glossario per Edilizia libera:
Pergolato: (voce n. 46) qualificato come arredo delle aree di pertinenza degli edifici; è consentita installazione, a condizione che sia di limitate dimensioni (quanto, non si sa) e non stabilmente infisso al suolo.
Pergola: (voce n. 50) qualificato come arredo delle aree di pertinenza degli edifici; è consentita installazione (non sono indicati termini quantitativi e qualitativi).
Detto questo, iniziamo a spiegare la differenza tra pergola/pergolato e le cosiddette “pergole bioclimatiche”; quest’ultime non sono neppure minimamente menzionati nei suddetti provvedimenti normativi.
E per individuare un “confine” con la tettoia (e relative caratteristiche), si farà riferimento anche (e non solo) ad una interessante recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5645/2019, in grado di far comprendere la distinzione tra pergotenda e tettoia.
Per esempio, mi è stato obbiettata l’esistenza della sentenza del Consiglio di Stato n. 4177/2018, che per molti sembrerebbe liberalizzare le pergole bioclimatiche: in verità ho analizzato e commentato la sentenza a suo tempo con apposito approfondimento. Essa riguarda una struttura metallica aperta su tutti i lati, e soprastante protezione a <<carattere retrattile delle lamelle di alluminio>>; tale configurazione qualifica l’opera come una pergotenda, piuttosto che tettoia.
MA ATTENZIONE: qui si sta parlando di un sistema di alette ruotanti e contestualmente rettrattili, scorrevoli. In alte parole possono essere ritirate del tutto in un rullo e lasciare la copertura a cielo aperto. E’ una netta differenza.
e con una protezione lamellare lato giardino, atta ad ospitare nella parte superiore delle aste in alluminio frangisole motorizzate ossia che possono aprirsi e chiudersi a farfalla attraverso un meccanismo elettrico.
Interessante anche il caso di una struttura frangisole di mq 35, costituita da lamelle in alluminio e poggiante su sei travi in legno ancorate al muro, sanzionate per assenza di permesso di costruire (Cass. Pen. 27575/2015).
Diciamo si tratta di un meccanismo a cascata, per il quale è meglio partire dalla pergola e pergolato, per passare dalla pergotenda fino alla tettoia.
Le pergole e i pergolati hanno:
- Scopo e funzione di supportare pianti rampicanti, per fornire soltanto ombreggiamento allo spazio sottostante, senza però offrire riparo dalle precipitazioni piovose.
- Struttura di sostegno puntiforme, cioè senza elementi strutturali a pareti;
Riprendiamo la definizione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5541/2018 e n. 4001/2018:
“un manufatto leggero, amovibile e non infisso al pavimento, non solo privo di qualsiasi elemento in muratura da qualsiasi lato, ma caratterizzato dalla assenza di una copertura anche parziale con materiali di qualsiasi natura, e avente nella parte superiore gli elementi indispensabili per sorreggere le piante che servano per ombreggiare: in altri termini, la pergola è configurabile esclusivamente quando vi sia una impalcatura di sostegno per piante rampicanti e viti”.
Differenza tra pergola e pergolato? Quest’ultimo è appoggiato a ridosso di una costruzione esistente.
Detto questo, la pergola e pergolato non richiedono titoli abilitativi edilizi. Attenzione, che potrebbero essere comunque necessari altri titoli, nulla osta o autorizzazioni comunque denominate previste da norme di settore (es. paesaggistica e beniculturali).
Inoltre, gli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali possono prevedere restrizioni e prescrizioni limitanti la loro installazione.
La realizzazione di un manufatto dotato di copertura realizzata con sistema ad alette orientabili, soprastante una struttura collegata alla pavimentazione con bullonature e viti, richiede un titolo autorizzativo edilizio (TAR Puglia n. 823/2019). Nella fattispecie le alette erano larghe 20 cm e lunghe quanto tutta la larghezza della struttura coperta.
Copertura di una pergola equivale alla tettoia tradizionale
Dal momento in cui la pergola non è più aperta su tutti i lati, perde tale qualifica. A maggior ragione, se viene chiusa o coperta sulla parte superiore diventa una tettoia.
Ma la tettoia non è in edilizia libera
il glossario per l’edilizia libera non contiene affatto il termine di tettoia. E normalmente essa richiede il Permesso di Costruire, in quanto costruzione comportante trasformazione permanente del suolo; potrebbe rientrare nella Segnalazione Certificata Inizio Attività, soltanto in base a certe condizioni, tutte da verificare. In primis occorre verificare le norme regionali, poi i piani regolatori e infine tutta un’altra serie di circostanze se rientra nelle cosiddette opere di natura pertinenziale.
Quando le pergole sono dotate di sistemi frangisole con le alette ruotabili, cioè quelle che hanno la possibilità di allinearsi creando un piano continuo, queste si qualificano come tettoie.
Parliamo cioè dei casi in cui le alette, una volta connesse tra loro, non fanno più passare la pioggia o il sole.
La pergola perde anche la qualifica nel caso in cui sia chiusa sui lati con pareti mobili scorrevoli e vetrate: anche in questo caso costituisce un volume, una costruzione a tutti gli effetti, come se fosse fatta in cemento armato e mattoni.
Quindi fate attenzione quando vi propongono un manufatto come pergola bioclimatica con pareti chiuse, perché non può qualificarsi come pergola.
Diamo anche una definizione di Pergotenda.
Alla voce n. 50 del Glossario per l’edilizia libera sono puntualmente menzionate le “pergotende”: sono notoriamente costituite da strutture di copertura di terrazzi e lastrici solari, di superficie anche non modesta, formate da elementi montanti verticali ed elementi orizzontali di raccordo, sormontate da una copertura fissa o ripiegabile formata da tessuto o altro materiale impermeabile, che ripara dal sole, ma anche dalla pioggia, aumentando in tal modo la fruibilità della struttura e della superficie da essa coperta (Cons. di Stato n. 306/2017, da cui è desunta tale definizione).
In effetti le pergotende sono manufatti molto simili alle “tettoie”, e che peraltro se ne distinguono secondo logica solo per presentare una struttura alquanto più leggera. Infatti nella medesima voce n. 50 sono menzionate pure le installazioni di “tende” e di “coperture leggere di arredo”, a loro volta non puntualmente identificabili con la tipologia delle “tettoie” (Cons. di Stato 5645/2019).
Di converso, l’installazione delle “tettoie” propriamente dette, non risultando menzionata dal Glossario, non è a tutt’oggi normata, in quanto tale, in ordine al suo regime di realizzazione.
E qui arrivano alla “pergola bioclimatica”, e ai motivi per cui le sue caratteristiche di chiusura, o potenziale copertura dall’alto, la qualificano come tettoia, e in nessun modo può assimilarsi a pergola/pergolato.
La giurisprudenza rimarca soprattutto la definizione di tettoia, cioè una copertura sostenuta da pilastri o comunque da strutture verticali discontinue, aderente o meno al muro di un edificio, in grado di assolvere sempre e comunque alla funzione di riparare e proteggere l’area di cui costituisce copertura (Cons. di Stato 5645/2019, n. 825/2015).
In questo contesto normativo, la mancata menzione della “tettoia” tra le tipologie di costruzione in regime di “edilizia libera” lascia forzatamente a tutt’oggi al giudice il potere-dovere di accertare, caso per caso, la riconducibilità della realizzazione di tale tipologia di manufatto al regime del permesso di costruire di cui all’art. 10 del d.P.R. 380 del 2001, oppure ai regimi della segnalazione certificata d’inizio di attività (SCIA) e una volta DIA, a loro volta ad oggi complessivamente normati dall’attuale testo dell’art. 22 del medesimo D.P.R. 380/01.
Per concludere, la giurisprudenza ha già avuto modo di evidenziare l’inquadramento della procedura a cui è soggetta la tettoria.
Siccome esse incidono sull’assetto edilizio preesistente, non possono essere considerate quali interventi di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto non consistono nella rinnovazione o nella sostituzione di un elemento architettonico.
Al contrario esse consistono nell’aggiunta di un elemento strutturale dell’edificio, con modifica del prospetto, perciò la relativa costruzione richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo assentibile con semplice denuncia d’inizio di attività, anche in ragione della perdurante modifica dello stato dei luoghi e del loro utilizzo durevole nel tempo, diretto a soddisfare esigenze di carattere permanente (Cons. di Stato 5645/2019, n. 319/2015).
Vorrei concludere con una nota di commento personale: non c’è da stupirsi se nei Piani Regolatori Comunali, o Regolamenti edilizi, possano comparire specifiche definizioni di coperture con lamelle orientabili. E magari contengono disposizioni esplicite che le qualificano come edilizia libera.
In particolare è possibile rinvenirle nelle zone costiere e ad alta vocazione turistica. In tal caso non si può nè escludere l’applicazione di queste forme di “semplificazione”, nè tanto meno prenderle troppo alla leggera.
Infatti raccomando sempre in questi casi una certa linea di prudenza, tenuto conto che a livello normativo nazionale e giurisprudenziale la questione non è proprio …alla luce del sole.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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