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facciata edificio civile

La diversificazione procedurale Salva Casa apre nuovi scenari nella regolarizzazione verso la disciplina urbanistica sopravvenuta

La fattispecie esaminata dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 5620/2025 è molto complessa, e tra i vari punti interessanti risalta l’approvazione di una variante allo strumento urbanistico generale del Comune, proprio al fine di consentire la sanatoria di immobili divenuti abusivi con sentenza del Consiglio di Stato n. 2023/2019. In altre parole, la variante urbanistica al PRG “postuma” era stata effettuata per pianificare il possibile recupero dell’abusività dell’immobile col permesso di costruire annullato, mediante l’apposita sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 38 del D.P.R. 380/01 (l’unica fiscalizzazione con effetto di sanatoria edilizia). Tralasciando le vicende inerenti all’annullamento della variante del piano regolatore comunale, è interessante osservare quanto emerge in sentenza:

«il Comune può modificare, in base ai principi generali, la disciplina urbanistica (ed in questi sensi e limiti può parlarsi di “inesauribilità” del potere amministrativo), ma con effetti per i titoli edilizi rilasciati successivamente alla variante; non ne deriva, invece, che il riesercizio del potere pianificatorio possa sanare gli edifici realizzati in difformità dalla normativa edilizia vigente, come confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5151 del 2021 che, pur richiamando la sentenza n. 7411 del 2020, ha ritenuto legittimo l’ordine di demolizione correttamente emanato dal Comune il 27 aprile 2019, una volta intervenuto l’annullamento del titolo edilizio, in sede giurisdizionale con la sentenza n. 2023 del 27 marzo 2019.».

Di conseguenza, anche a prescindere dagli effetti della variante da ultimo approvata (che comunque non può sanare le opere già realizzate e i titoli già rilasciati), le opere eseguite in presenza di un titolo edilizio annullato non possono essere “sanate”, se non con gli unici meccanismi di regolarizzazione che l’ordinamento prevede per gli abusi edilizi, ossia ai sensi:

  • dell’art. 38 del D.P.R. 380/2001 (nei limiti in cui sia applicabile tale disposizione) nel caso in cui tale situazione di illiceità derivi da annullamento dei precedenti titoli;
  • oppure in base agli articoli 36 e 36 bis del D.P.R. 380 del 2001, ove applicabili, nel caso in cui trattasi di opera ab origine abusiva.

In particolare l’art. 36, che riguarda gli interventi realizzati senza permesso di costruire o in totale difformità, richiede la doppia conformità “rigida” dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

L’art. 36 bis, introdotto dal D.L. n. 69/2024 conv. con modificazioni, dalla L. n. 105/2024, consente la sanatoria anche nei soli casi di conformità alla disciplina vigente al momento della domanda ma solo per gli interventi realizzati in parziale difformità e variazioni essenziali dal permesso di costruire/SCIA alternativa, oltre a quelli effettuati in assenza o difformità da SCIA ordinaria.

Infine, la variante urbanistica al piano per tentare di sanare gli illeciti relativi ai permessi annullati non potrebbe, quindi, condurre ad una regolarizzazione delle opere illegittimamente realizzate, in quanto tale variante potrebbe influire esclusivamente sul regime di un successivo titolo edilizio rilasciato in vigenza della nuova disciplina urbanistica o rilevare ai fini della conformità dell’intervento alla disciplina vigente al momento del rilascio di una eventuale sanatoria, nei limiti in cui fosse applicabile l’art. 36 bis del D.P.R. 380 del 2001.

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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