Dichiarazione inefficacia oltre 12 mesi ammessa con falsa rappresentazione dei fatti all'interno della pratica edilizia

Occorre dimostrare l’effettivo accertamento svolto dal Comune sui titoli pregressi per beneficiare dell’ultima pratica sanante
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Sui possibili limitati poteri di sanatoria implicita o di legittimo affidamento attribuibile all’ultimo titolo abilitativo è tornato sopra il TAR Lombardia con sentenza n. 2749/2025 (fattispecie), con cui ha ribadito:
- alcuni principi consolidati in materia di Stato Legittimo e nella continuità reciproca tra tutti i titoli abilitativi che ne fanno parte;
- che non sussiste alcun affidamento al privato se il progettista ha asseverato la conformità e la regolarità dello stato di fatto, su una situazione abusiva;
È stato confermato che per dimostrare lo stato legittimo di un immobile non è sufficiente produrre l’ultimo titolo edilizio che lo ha interessato ma è necessario anche l’esame di quello che ne ha previsto la costruzione (decisivo in questo senso è l’utilizzo della congiunzione “e” contenta nella definizione normativa dell’articolo 9-bis, comma 1-bis, T.U.E). Di conseguenza che la dichiarazione del progettista, concernente lo stato di fatto, contenuta nella pratica afferente all’ultimo titolo non è di per sé sufficiente a dimostrare lo stato legittimo del bene, dovendo tale dichiarazione trovare riscontro nel titolo precedente: se il progettista, nella pratica afferente all’ultimo titolo edilizio, aveva dichiarato che lo stato di fatto era legittimo ma in realtà non lo era in quanto l’edificio era stato in precedenza abusivamente modificato o non era comunque conforme al titolo che ne aveva assentito la costruzione, l’abuso rimane e può essere sempre sanzionato dall’amministrazione nonostante l’erronea dichiarazione abbia appunto consentito il rilascio di un nuovo titolo.
La legge n. 105/2024 “Salva Casa” (conversione del D.L. 69/2024), ha modificato la nozione di Stato Legittimo contenuta nel testo unico edilizia, tentando di tutelare l’affidamento del privato consentendo, a determinate condizioni, di dare rilevanza esclusiva alle risultanze dell’ultimo titolo, comprese quindi le dichiarazioni rese dal progettista nella relativa pratica e concernenti lo stato di fatto. Con la sua entrata in vigore la formulazione dell’articolo 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380/2001 stabilisce che:
«Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.».
Da una parte si può osservare che in questa nuova versione di Stato Legittimo, la sostituzione della congiunzione “o” al posto della congiunzione “e”, consentirebbe di dare rilevanza esclusiva all’ultimo titolo riguardante un intervento che ha interessato l’immobile nella sua interezza (escludendo quindi tutti quelli parziali), impedendo così all’amministrazione di contestare, successivamente al suo rilascio, precedenti abusi non riscontrati in quella sede. Facile a dirsi, difficile da applicarsi: tale norma, astrattamente favorevole, subordina l’effetto “caducante regressivo” dello Stato Legittimo alla condizione «che l’amministrazione, in sede di rilascio dell’ultimo titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi».
Ne consegue che, per dimostrare lo stato legittimo, l’interessato non può soltanto limitarsi a produrre l’ultimo titolo edilizio o a menzionare gli estremi dell’ultimo titolo abilitativo (come suggeriscono invece dalle Linee Guida MIT), ma deve dimostrare che si tratti di un titolo che, oltre a riguardare un intervento che interessi l’immobile nella sua interezza, dia conto dell’accertamento effettuato dall’amministrazione circa la sussistenza e la regolarità dei titoli edilizi precedenti che legittimano lo stato di fatto in esso dichiarato. E qui nasce il vero problema: trovare all’interno dell’istruttoria comunale una espressa valutazione e presa d’atto della situazione di irregolarità, senza che siano stati emessi gli opportuni provvedimenti repressivi e sanzionatori; a dirla tutta, somiglia molto all’analogo meccanismo di accertamento di parziali difformità dal titolo abilitativo, avvenuto in sede di sopralluoghi di funzionari pubblici, per rilascio di Agibilità e Abitabilità “tollerante” (vedi articolo 34-ter, quarto comma, T.U.E).
Il T.A.R. Lombardia ha confermato la propria giurisprudenza restrittiva sul valore ipoteticamente sanante dell’ultimo titolo abilitativo “globale”, affermando che l’attestazione dell’amministrazione circa la regolarità dei titoli pregressi deve essere esplicita, e che, in assenza di tale attestazione esplicita, la rappresentazione dello stato di fatto compiuta dal progettista non è di per sé sufficiente ai fini che qui interessano, poiché la circostanza che un’opera non legittima sia rappresentata nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 25 gennaio 2025, n. 227).
La fattispecie: parte ricorrente ha sostenuto che l’edificio demolito del quale si intende utilizzare la superficie lorda avrebbe avuto destinazione produttiva e che la destinazione residenziale, che si intende attribuire al nuovo fabbricato, dovrebbe comunque ormai ritenersi ammessa stante l’avvenuto consolidamento di precedenti titoli edilizi. A questo proposito è stato anche sottolineato che l’edificio demolito è stato in passato oggetto di diversi titoli edilizi (mai attuati ma) finalizzati a trasformarlo in immobile a destinazione residenziale. il soggetto interessato si riferisce in particolare alla DIA alternativa al permesso di costruire del 29 novembre 2013 e alla DIA in variante del successivo 20 gennaio 2014, mai contestate dall’Amministrazione e perciò da ritenersi ormai consolidate, nelle quali il progettista aveva dichiarato, relativamente allo stato di fatto, che l’immobile demolito aveva appunto destinazione produttiva e nelle quali si prevedeva di conferire al nuovo fabbricato destinazione residenziale. Siccome tali documenti dovrebbero costituire gli ultimi titoli edilizi validi rilasciati dal Comune, sarebbe ad essi che, ai sensi dell’art. 9-bis, comma 1-bis, del d.P.R. n. 380/2001, occorrerebbe far riferimento per stabilire quale sia lo stato legittimo dell’immobile. La parte ricorrente ha aggiunto che l’attività istruttoria compiuta dal Comune a seguito della presentazione delle suddette DIA non ha mai avuto come esito quello della contestazione della destinazione produttiva dell’immobile demolito e che, quindi, la contestazione mossa sul punto con il provvedimento impugnato sarebbe lesiva del suo affidamento.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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