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Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato

(GU n.92 del 18-04-1940 – Suppl. Ordinario n. 92) Entrata in vigore dal 17 giugno 1940

Abrogato con D.Lgs. 212/2010

(Disclaimer: la presente versione non sostituisce quella ufficiale pubblicata in G.U.)

VITTORIO EMANUELE III PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D’ITALIA E DI ALBANIA IMPERATORE D’ETIOPIA

Veduto l’art. 18 del R. decreto-legge 25 giugno 1937-XV n. 1114;

Veduto il R. decreto-legge 5 settembre 1938-XVI, n. 1778; Udito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del DUCE del Fascismo, Capo del Governo, di concerto con i Ministri per i lavori pubblici e per le corporazioni;

Abbiamo decretato e decretiamo: Sono approvate e rese obbligatorie le annesse norme, compilate dal Consiglio nazionale delle ricerche, per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato, e quali saranno firmate, d’ordine Nostro, dal DUCE del Fascismo, Capo del Governo, proponente.

Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie o comunque incompatibili con quelle del presente decreto, il quale entrerà in vigore nel 60° giorno dopo la sua pubblicazione.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 16 novembre 1939

XVIII VITTORIO EMANUELE

Mussolini – Serena – Ricci

Visto, il Guardasigilli: Grandi

Registrato alla Corte del conti addì 20 febbraio 1940-XVIII

Atti del Governo, registro 418, foglio 111. – Mancini.

CAPO I. Prescrizioni generali. Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato

Art. 1. Ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della legge 24 giugno 1923, n. 1395, e del R. decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto e delle successive modificazioni. Dal progetto deve risultare tutto quanto occorre per definire l’opera, sia nei riguardi della esecuzione, sia nei riguardi della precisa conoscenza delle condizioni di sollecitazione. Per queste opere e’ prescritto l’impiego esclusivo di cemento, corrispondente ai requisiti di accettazione prescritti dalle Norme per i leganti idraulici in vigore all’inizio dei lavori.

Art. 2. La qualità e le proprietà dei materiali impiegati nella esecuzione di ogni opera devono essere comprovate prima e durante il corso dei lavori, da certificati rilasciati da uno dei laboratori ufficiali, indicati nell’allegato A alle presenti norme.

Art. 3. L’esecuzione delle opere deve essere diretta possibilmente dall’ingegnere progettista ed in ogni caso da un ingegnere od architetto inscritto nell’albo e deve essere affidata soltanto a costruttori inscritti nell’elenco delle ditte specializzate, che sarà tenuto presso il ministero dei lavori pubblici e presso il Sindacato nazionale fascista dei costruttori.

Art. 4. Ai costruttori, prima di iniziare la costruzione delle opere, di cui all’art. 1, e’ fatto obbligo di presentarne alla prefettura della provincia denunzia, corredata di una copia del progetto di massima. Nei cantieri, dal giorno dell’inizio a quello di ultimazione dei lavori, deve essere conversata una copia dei particolari esecutivi di tutte le parti delle opere in costruzione, datati e firmati dal progettista, dal direttore dei lavori e dal costruttore. Il direttore dei lavori deve riportare nei disegni, con inchiostro di colore diverso, tutte le modifiche introdotte nelle opere all’atto esecutivo, datandole e firmandole. I disegni di cui sopra debbono dal costruttore essere tenuti a disposizione dei tecnici incaricati dalla prefettura di eseguire eventuali visite di controllo. Le visite predette possono essere affidate dalla prefettura a funzionari di uffici tecnici municipali o provinciali o a liberi professionisti di riconosciuta competenza. In ogni caso tali visite di controllo non esonerano il progettista, il direttore dei lavori ed il costruttore dalle responsabilità a ciascuno di essi spettanti. Qualora dalle ispezioni risultassero gravi manchevolezze nella esecuzione delle opere la prefettura potrà ordinare la sospensione dei lavori e far eseguire un’inchiesta da apposita commissione, per i provvedimenti del caso. Agli ingegneri incaricati delle visite di controllo sono corrisposte, a carico dei costruttori, le competenze sancite dalla tariffa professionale del sindacato nazionale fascista ingegneri. Al termine dei lavori il committente, per ottenere la licenza di uso della costruzione, deve presentare alla prefettura il certificato di collaudo dello opere, rilasciato da un ingegnere di riconosciuta competenza, inscritto all’albo. Per le opere eseguite per conto dello Stato e sotto la sorveglianza degli organi tecnici statali, non e’ necessaria la denunzia alla prefettura, né l’iscrizione all’albo del progettista, del direttore dei lavori e del collaudatore, se appartengono agli organi tecnici stessi.

CAPO II Qualità dei materiali.

Art. 5. Il cemento deve essere esclusivamente a lenta presa e rispondere ai requisiti di accettazione prescritti nelle norme per leganti idraulici in vigore all’inizio della costruzione. Per lavori speciali il cemento può essere assoggettato a prove supplementari. Il costruttore ha l’obbligo della buona conservazione del cemento che non debba impiegarsi immediatamente nei lavori curando tra l’altro che i locali, nei quali esso viene depositato, siano asciutti e ben ventilati. L’impiego di cemento giacente da lungo tempo in cantiere deve essere autorizzato dal direttore dei lavori sotto la sua responsabilità.

Art. 6. La sabbia naturale o artificiale deve risultare bene assortita in grossezza e costituita di grani resistenti, non provenienti da roccia decomposta o gessosa. Essa deve essere scricchiolante alla mano, non lasciare traccia di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose; dev’essere lavata con acqua dolce, qualora ciò sia necessario, per eliminare materie nocive. Di regola si deve adoperare sabbia, la cui composizione granulometrica corrisponda ad una curva compresa fra le curve limiti della figura 1, allegato B alle presenti norme.

Art. 7. La ghiaia deve essere bene assortita, formata da elementi resistenti e non gelivi, scevra da sostanze estranee, da parti friabili o terrose, o comunque dannose. La ghiaia deve essere lavata con acqua dolce, qualora ciò sia necessario per eliminare le materie nocive. Le dimensioni degli elementi della ghiaia per strutture di conglomerato armato non devono di regola superare cm. 3; per strutture a grande sezione, con ferri convenientemente distanziati, può essere tollerata la presenza di elementi di dimensioni maggiori, ma non superiori a cm. 7. Di regola si deve adoperare ghiaia, che mescolata alla sabbia presenti composizione granulometrica corrispondente ad una curva compresa fra le curve limiti della figura 2 allegato B alle presenti norme.

Art. 8. Qualora invece della ghiaia si adoperi pietrisco questo deve provenire dalla frantumazione di roccia compatta, non gessosa ne’ geliva, non deve contenere impurità ne’ materie pulverulenti, deve essere costituito da elementi, le cui dimensioni soddisfino alle condizioni sopra indicate per la ghiaia. Se il cemento adoperato è alluminoso, è consentito anche l’uso di roccia gessosa, quando l’approvvigionamento d’altro tipo risulti particolarmente difficile e si tratti di roccia compatta, non geliva e di resistenza accertata. Il pietrisco dev’essere lavato con acqua dolce qualora ciò sia necessario per eliminare materie nocive.

Art. 9. La dosatura di cemento per getti armati dev’essere non inferiore a 300 kg. per mc. di miscuglio secco di materia inerte (sabbia e ghiaia o pietrisco); per il cemento alluminoso la dosatura minima può essere di 250 kg. per mc. In ogni caso occorre proporzionare il miscuglio di cemento e materie inerti in modo da ottenere la massima compattezza. Il preventivo controllo si deve di regola eseguire con analisi granulometrica o con misura diretta dei vuoti mediante acqua o con prove preliminari su travetti o su cubi.

Art. 10. L’acqua per gli impasti deve essere limpida e dolce e non deve contenere cloruri e solfati in percentuale dannosa.

Art. 11. La quantità d’acqua d’impasto e’ determinata in base alla plasticità occorrente per la buona lavorazione dei getti. E’ necessario che la dosatura di cemento venga aumentata col crescere della fluidità dell’impasto. La determinazione preliminare della dosatura può eseguirsi mantenendo costante il rapporto acqua-cemento e può essere confermata mediante prove su travetti e su cubi. Per i conglomerati confezionati con cemento alluminoso, devesi con maggior cura proteggere il getto da ogni intempestiva evaporazione dell’acqua d’impasto durante la presa e l’inizio dell’indurimento.

Art. 12. Il direttore dei lavori, in contraddittorio col costruttore, deve prelevare in cantiere, dagli impasti impiegati nell’esecuzione delle opere, con la frequenza richiesta dalla natura e dall’importanza delle opere medesime, campioni di conglomerato, per sottoporli presso un laboratorio ufficiale a prove di resistenza secondo le modalità indicate negli articoli seguenti. La frequenza dei prelevamenti dev’essere in ogni caso tale da ottenere non meno di una serie di quattro cubi per ogni 500 mc. di getto di conglomerato. Il direttore dei lavori deve altresì prelevare per ogni partita di tondini di uguale diametro ed in ogni caso per ogni mille tondini due campioni di m. 1 di lunghezza per ricavarne le provette da sperimentarsi a trazione ed a piegamento.

Art. 13. La resistenza cubica del conglomerato a pressione si determina sulla serie di 4 cubi di 16 cm. di spigolo. Quando il conglomerato sia confezionato con ghiaia o pietrisco con elementi di dimensioni superiori a 3 cm., i cubi devono avere lo spigolo di cm. 20. I detti cubi sono confezionati nel cantiere entro forme metalliche facilmente smontabili, prelevando il conglomerato necessario dallo stesso impasto, all’atto del getto nelle casse forme. Il conglomerato viene messo nelle forme in tre strati, pressoché di uguale spessore, e costipato a mano con l’aiuto di un tondino di ferro di cm. 1 di diametro lungo cm. 30, finché l’acqua affiori alla superficie. Di regola dopo 48 ore (dopo 24 ore per i conglomerati di cemento alluminoso) i cubi vengono sformati con le cautele necessarie per evitare qualsiasi danno e lasciati stagionare sotto la sabbia umida al riparo dalle correnti d’aria, e dai raggi del sole, a temperatura non inferiore a 10° centigradi. Trascorsi almeno sette giorni (subito dopo la sformatura per i conglomerati di cemento alluminoso) i cubi accuratamente imballati con segatura di legno od altro e contrassegnati in modo indelebile, devono essere spediti ad un laboratorio ufficiale, dove sono conservati in ambiente umido a temperatura non inferiore a 10 centigradi. La prova a pressione ha luogo di norma dopo 28 o 60 giorni (salvo le eccezioni per i conglomerati di cemento alluminoso di cui all’ultimo comma dell’art. 16) contati dal momento della preparazione dell’impasto. La compressione deve esercitarsi perpendicolarmente a due faccie opposte, che siano state a contatto delle pareti laterali della forma. La prova deve essere condotta in modo che lo sforzo di pressione sulla intera sezione cresca con continuità in ragione di 10 kg/cmq. al secondo. Si assume come resistenza cubica a pressione del conglomerato la media dei 3 risultati maggiori.

Art. 14. Il direttore dei lavori, qualora lo ritenga necessario, può inoltre fare eseguire serie di tre travetti formati dal conglomerato degli impasti messi in opera e del tipo descritto nell’articolo seguente, da esperimentarsi in cantiere con l’eventuale controllo di un laboratorio ufficiale.

Art. 15. I travetti di prova, indicati nella figura n. 3 allegato B alle presenti norme, debbono avere la sezione di mm. 70 x 86 e la lunghezza di m. 2,20 ed essere armati mediante due tondini di mm. 12 di diametro posti con l’asse a mm. 6 dalla superficie inferiore del travetto ed a mm. 20 dalle superfici laterali. I tondini vanno tenuti in posto durante il getto a mezzo di sagome di legno o staffe. Eseguito il getto nelle forme si allontanano le sagome (o staffe) e si riempiono i vuoti. Le casseforme di legno devono essere accuratamente pulite prima del getto. Per l’impasto ed il getto del conglomerato e per la conservazione dei travetti devono seguirsi le norme indicate per i cubi regolamentari.

Art. 16. Il conglomerato prelevato in cantiere dagli impasti impiegati nella esecuzione delle opere deve presentare, a 28 giorni di stagionatura, una resistenza cubica a pressione, Or,28 almeno tripla del carico di sicurezza Oe adottato nei calcoli; tale resistenza non deve però risultare mai inferiore a 120 kg/cm2 per conglomerati di cemento normale, ed a 160 kg/cm2 per conglomerati di cemento ad alta resistenza od alluminoso. Non raggiungendosi a 28 giorni di stagionatura la resistenza richiesta, la prova dev’essere ripetuta a 60 giorni su altri provini cubici prelevati contemporaneamente ai primi. Per i conglomerati di cemento alluminoso la prova può anche essere eseguita a stagionature inferiori a 28 giorni fermo restando però il rapporto minimo suddetto fra la resistenza cubica ed il carico di sicurezza. Qualora nella seconda prova la resistenza prescritta non sia raggiunta, il direttore dei lavori provvede, secondo i casi, alla sospensione dei lavori ed eventualmente al rafforzamento delle opere o alla loro demolizione.

Art. 17. L’armatura del conglomerato e’ normalmente costituita con acciaio dolce (cosiddetto ferro omogeneo) oppure con acciaio semiduro o acciaio duro, in barre tonde prive di difetti, di screpolature, di bruciature o di altre soluzioni di continuità. La resistenza a trazione dell’armatura suddetta viene determinata, quando sia possibile, sui tondini stessi senza alcuna preparazione, o altrimenti su provette cilindriche preparate a freddo e in tutto conformi ai tipi normali stabiliti dalle norme vigenti all’inizio della costruzione, per le prove dei materiali ferrosi. In entrambi i casi, la lunghezza utile per la misura dell’allungamento percentuale di rottura deve essere 10 volte il diametro del provino. Devono ottenersi i seguenti risultati:
a) per l’acciaio dolce (ferro omogeneo): Carico di rottura per trazione compreso fra 42 a 50 kg/mm2 , limite di snervamento non inferiore a 23 kg/mm2 , allungamento di rottura non inferiore a 20%. Per le legature o staffe di pilastri può impiegarsi acciaio dolce con carico di rottura compreso fra 37 e 45 kg/mm2 , senza fissarne il limite inferiore di snervamento;
b) per l’acciaio semiduro: Carico di rottura per trazione compreso fra 50 e 60 kg/mm2 ; limite di snervamento non inferiore a 27 kg/mm2 , allungamento di rottura non inferiore al 16%;
c) per l’acciaio duro: Carico di rottura per trazione compreso fra 60 e 70 kg/mm2 , limite di snervamento non inferiore a 31 kg/mm2 , allungamento di rottura non inferiore al 14%. Un tondino di acciaio dolce riscaldato al calore rosso chiaro ed immerso nell’acqua a temperatura di 10° a 20° C., deve potersi piegare su se stesso in modo da formare un cappio, il cui occhio abbia un diametro uguale al diametro del tondino, senza che si producano fenditure. Un tondino di acciaio deve potersi piegare a freddo ad U, senza che si producano fenditure, attorno ad un cilindro, il cui diametro sia uguale al suo diametro per l’acciaio dolce, al quintuplo del suo diametro per l’acciaio semiduro e duro. Qualora una prova fallisca, si devono ripetere entrambe le prove su due campioni prelevati dallo stesso gruppo di 1000 pezzi, e, fallendo una qualunque di queste, il gruppo viene rifiutato.

CAPO III. Norme di progettazione.

Art. 18. Il carico di sicurezza del conglomerato, nella sollecitazione di pressione semplice, deve assumersi come segue: Parte di provvedimento in formato grafico Il carico di sicurezza per la sollecitazione di taglio non deve superare i 4 kg/cm2 per conglomerati di cemento idraulico normale (Portland), d’alto forno o pozzolanico, 6 kg/cm2 per conglomerati di cemento ad alta resistenza od alluminoso. Quando la tensione tangenziale massima calcolata per il conglomerato supera i detti limiti, la resistenza al taglio deve essere integralmente affidata ad armature metalliche. In ogni caso la tensione massima tangenziale, di cui sopra, non deve superare i 14 kg/cm2 per i conglomerati di cemento idraulico normale (Portland), d’alto forno e pozzolanico, 16 kg/cm2 per conglomerati di cemento ad alta resistenza ed alluminoso. Di regola almeno la metà degli sforzi taglianti deve essere assorbita dalle staffe e la rimanente parte dai ferri piegati.

Art. 19. Il carico di sicurezza delle armature metalliche sollecitate a trazione non deve superare 1400 kg/cm2 per l’acciaio dolce, 2000 kg/cm2 per l’acciaio semiduro e per l’acciaio duro. Ai valori piu’ elevati delle tensioni nell’armatura e’ necessario che corrispondano più elevati carichi di rottura cubici Or,23 del conglomerato. La tensione di kg/cm2 1400 richiede l’impiego di conglomerato con resistenza minima 160 kg/cm2 ; l’uso dell’acciaio semiduro e duro richiede l’impiego di conglomerato di cemento ad alta resistenza con carico di rottura cubico di 160 kg/cm2 fino alla tensione di 1800 kg/cm2 nelle sezioni rettangolari e 1600 kg/cm2 nelle sezioni a T o speciali; 225 kg/cm2 fino alla tensione 2000 kg/cm2 nelle sezioni rettangolari e 1800 kg/cm2 nelle sezioni a T o speciali di membratura soggette prevalentemente a carichi fissi. Il carico di sicurezza dell’acciaio non dovrà in ogni caso superare la metà del carico di snervamento. L’uso dell’acciaio semiduro e duro e’ in ogni caso limitato a tondini di diametro non superiore a mm. 30. La predisposizione dell’ancoraggio delle armature metalliche deve essere tanto maggiormente curata quanto maggiori sono le tensioni massime adottate.

Art. 20. Se il peso proprio del conglomerato armato, cioè compreso il peso dei ferri, non risulti da diretta determinazione, esso si assume, di regola, uguale a 2500 kg/m3 .

Art. 21. I carichi accidentali devono essere stabiliti in relazione al tipo e all’importanza della costruzione, e all’uso a cui e’ destinata. Si tiene conto delle eventuali azioni dinamiche aumentando i carichi in relazione alla loro natura ed al tipo della struttura.

Art. 22. La caratteristiche di sollecitazione (momenti flettenti e torcenti, forze taglianti e forze normali) sono determinate con i metodi della scienza delle costruzioni in base alle condizioni più sfavorevoli di carico, tenendo conto, quando sia il caso, dei cedimenti dei vincoli, delle variazioni termiche e del ritiro del conglomerato. Nel valutare gli enti geometrici delle sezioni trasversali delle strutture staticamente indeterminate per il calcolo delle incognite iperstatiche, le aree degli elementi superficiali metallici debbono essere affette da coefficiente: n.=Ef /Ec che, in mancanza di una diretta determinazione sperimentale, si assume di regola costante ed uguale a 10 per i conglomerati di cementi normali; 8 per quelli di cementi ad alta resistenza e 6 per quelli di cemento alluminoso, supponendo di regola che il conglomerato reagisca anche a trazione. Se la sezione complessiva dell’armatura metallica e’ inferiore al 2% di quella del conglomerato si può prescindere dalla presenza dell’armatura.

Art. 23. Di regola per portata di una campata di trave continua si assume la distanza fra gli assi dei sostegni; qualora i sostegni presentino superficie di appoggio alquanto estese, ferma restando la portata fra gli assi, il calcolo delle sezioni di estremità può eseguirsi per le caratteristiche corrispondenti alle sezioni della trave sui lembi dei sostegni.

Art. 24. Nel calcolo di nervature a sostegno di solette si può ammettere come partecipante all’inflessione della nervatura, una striscia di soletta di larghezza uguale alla larghezza della nervatura più 6 volte l’altezza delle eventuali mensole della soletta, più 10 volte lo spessore della soletta, purché tale somma non superi l’interasse delle nervature. Per nervature di estremità la larghezza di detta striscia di soletta può assumersi uguale alla larghezza della nervatura più tre volte l’altezza dell’eventuale mensola, più cinque volte lo spessore della soletta.

Art. 25. Lo spessore di una soletta, che non sia di semplice copertura, non deve essere minore di 1/30 della portata ed in ogni caso non deve essere minore di cm. 8. Nei solai speciali con laterizi lo spessore della soletta di conglomerato non deve essere minore di cm. 4. In tutti i solai con laterizi la larghezza delle nervaturine non deve essere minore di cm. 7 ed il loro interasse non deve superare cm. 40 nei tipi a nervaturine parallele e cm. 80 in quelli a nervaturine incrociate. Di regola devono essere previste nervature trasversali di ripartizione nei tipi a nervaturine parallele di campata maggiore di m. 5. E’ consentito l’impiego di solai speciali con nervaturine di cemento armato e laterizi, senza soletta di conglomerato, purche’ i laterizi, di provata resistenza, presentino rinforzi di conveniente spessore atti a sostituire la soletta di conglomerato e rimangano incastrati fra le dette nervaturine.

Art. 26. Le eventuali mensole triangolari di raccordo alle estremità delle solette e delle nervature devono essere profilate inferiormente con inclinazione non maggiore di tre di base per uno di altezza.

Art. 27. Per le solette a pianta rettangolare, qualora non si eseguisca una precisa determinazione delle armature, oltre alla armatura principale portante, disposta parallelamente al lato minore, si deve adottare un’armatura secondaria di ripartizione, disposta secondo il lato maggiore, di sezione uguale almeno al 25% di quella dell’armatura principale. Quando il rapporto tra i lati del rettangolo e’ compreso fra 3/5 e 1, la soletta deve essere di regola calcolata come piastra. Nelle solette dei solai con laterizi l’armatura di ripartizione dev’essere costituita almeno da tre tondini del diametro di 6 mm. per metro lineare.

Art. 28. Un carico isolato agente sulla soletta indirettamente, attraverso una massicciata o pavimentazione, dev’essere considerato come ripartito uniformemente su di un rettangolo di lati eguali a quelli della base effettiva di appoggio sulla soprastruttura, aumentati ambedue del doppio dello spessore della massicciata (o pavimentazione). Qualora non si eseguisca il calcolo della soletta come piastra elastica, per tener conto in modo approssimato dalla compartecipazione delle striscie adiacenti a quella sotto carico, la soletta può calcolarsi, per il carico nel mezzo della campata, come una trave di sezione rettangolare di larghezza eguale a quella della striscia, come sopra determinata, aumentata ancora di 1/3 della portata, ma non maggiore della portata medesima; l’aumento del terzo della portata non dev’essere praticato, quando il carico sia prossimo ad un appoggio.

Art. 29. Il calcolo delle tensioni massime del conglomerato e della armatura metallica ed il dimensionamento diretto delle sezioni sono eseguiti con i metodi della scienza delle costruzioni per i solidi omogenei, assumendo per sezione resistente quella costituita dall’area del conglomerato che risulta compressa e dalle aree metalliche affette dal coefficente n= Ef /Ec e prescindendo di regola dalla presenza del conglomerato eventualmente teso.

Art. 30. Le membrature sollecitate a pressione assiale centrata od eccentrica di sezione quadrata o poligonale regolare debbono avere un’armatura longitudinale di sezione non inferiore al 0,8% di quella del conglomerato strettamente necessaria, quando questa sia minore di 2000 cmq.; non inferiore al 0,5% della sezione di conglomerato strettamente necessaria, quando questa sia maggiore di 8.000 cmq., adottando per i casi intermedi la variazione lineare. Per sezioni di forma qualunque la norma precedente relativa alla determinazione della percentuale minima di armatura metallica deve applicarsi alla sezione quadrata di lato uguale alla dimensione minima trasversale della sezione. Le membrature di cui al primo comma debbono essere munite di conveniente staffatura continua o discontinua con passo o distanza non superiore alla metà della dimensione minima della sezione ne’ a 10 volte il diametro dei ferri dell’armatura longitudinale. Quando la lunghezza libera di flessione di una membratura supera 15 volte la dimensione minima della sua sezione trasversale occorre verificare la stabilita al carico di punta.

Art. 31. Nelle membrature di sezione poligonale regolare o circolare armate con ferri longitudinali racchiusi da una spirale di passo non superiore ad un quinto del diametro del nucleo di conglomerato cerchiato, sollecitate a pressione assiale, si può assumere come sezione resistente quella costituita dalla sezione del nucleo più 15 volte l’area dei ferri longitudinali, più 45 volte la sezione di un’armatura ideale longitudinale di peso uguale a quello della spirale. Tale valore della sezione resistente non deve in nessun caso superare il doppio della sezione del nucleo. La sezione dell’armatura longitudinale deve essere uguale almeno alla metà di quella dell’armatura ideale corrispondente alla spirale sopra calcolata.

Art. 32. La cerchiatura non dev’essere adottata nelle comuni travi inflesse a parete piena.

Art. 33. Nelle strutture iperstatiche in cui si deve tener conto degli effetti termici, deve adottarsi un coefficiente di dilatazione lineare uguale a 0,00001 od al valore più esatto che risultasse da una diretta determinazione sperimentale. Nelle costruzioni di grandi dimensioni debbono adottarsi giunti di dilatazione a distanza non maggiore di m. 50. Si tiene conto, ove del caso, dell’effetto prodotto dal ritiro del conglomerato, assimilandolo, in mancanza di più esatta valutazione sperimentale, ad una diminuzione di temperatura da 20° a 10° in relazione alla percentuale di armatura variabile dall’1% al 2%. Art. 34. Ove occorra eseguire un calcolo delle deformazioni di membrature di conglomerato armato, gli enti geometrici delle sezioni trasversali debbono essere valutati con lo stesso criterio indicato all’art. 22 per la determinazione delle incognite iperstatiche, determinando sperimentalmente il valore medio del modulo di elasticità del conglomerato. In mancanza della determinazione diretta, il valore medio del modulo deve assumersi praticamente dal confronto con quello di conglomerati di tipo analogo, tenendo conto dell’influenza della stagionatura.

CAPO IV Norme di esecuzione.

Art. 35. Nella formazione degli impasti i vari ingredienti devono riuscire intimamente mescolati ed uniformente distribuiti nella massa. Gli impasti devono essere preparati nella sola quantità necessaria per l’impiego immediato, cioè prima dello inizio della presa. L’acqua d’impasto in ogni caso deve essere misurata tenendo conto dello stato igrometrico dei materiali. I materiali componenti il conglomerato possono essere mescolati a mano od a macchina; quando l’importanza del lavoro lo permetta, quest’ultimo procedimento e’ preferibile.

Art. 36. La preparazione degli impasti, quando non sia effettuata meccanicamente, si deve eseguire su di un’aia pavimentata, il più vicino che sia possibile al luogo d’impiego. In tale caso si mescolano a secco ripetutamente prima il cemento con la sabbia finché la miscela assuma colore uniforme, poi questa mescolanza con la ghiaia o col pietrisco; ed in seguito si aggiunge l’acqua con ripetute aspersioni, continuando a rimescolare l’impasto fino ad ottenere la consistenza necessaria.

Art. 37. Costruiti i casseri per il getto del conglomerato, si dispongono con la massima cura le armature metalliche nella posizione progettata, legandole agli incroci con filo di ferro e tenendole in posto mediante puntelli e sostegni provvisori. I ferri sporchi, uniti e notevolmente arruginiti, devono essere accuratamente puliti prima della collocazione in opera. Nei punti d’interruzione i ferri devono essere sovrapposti per una lunghezza di almeno 40 diametri, ripiegandoli ad uncino alle estremità, oppure riuniti con manicotto filettato o con saldatura elettrica. Tali interruzioni devono essere sfalsate e trovarsi nelle regioni di minore sollecitazione: e’ necessario che la maggior parte delle armature principali raggiunga la zona degli appoggi e sia convenientemente ancorata nella zona compressa. Nelle membrature tese le giunzioni devono essere fatte soltanto col manicotto filettato. Le barre devono essere piegate alle estremità ad uncino a semicerchio con una luce interna uguale a cinque volte il diametro del tondino. I ferri piegati devono presentare nel punto di piegatura un raccordo curvo avente un raggio uguale a 10 volte il diametro della barra. Qualsiasi superficie metallica deve distare dalle faccie esterne del conglomerato di almeno centimetri 0,8 se si tratta di soletta, e di centimetri 2 se trattasi di nervatura. Fra le superficie delle barre di ferro vi deve essere in ogni direzione una distanza uguale almeno al diametro delle medesime ed in ogni caso non inferiore a centimetri 2.

Art. 38. In presenza di salsedine marina o di emanazioni gassose nocive alla costruzione, la distanza minima delle superficie metalliche dalle faccie esterne del conglomerato dev’essere almeno di cm. 3,5 e lo strato esterno del conglomerato rivestente i ferri dev’essere impermeabile.

Art. 39. Per assicurare la compartecipazione della soletta alla inflessione delle nervature principali occorrono barre di ricoprimento disposte perpendicolarmente all’asse delle nervature stesse ed abbastanza vicine fra loro, qualora quelle già previste nel solaio non bastino. Le staffe delle nervature devono essere ampiamente rivoltate nelle solette compartecipanti.

Art. 40. Prima di procedere al getto del conglomerato, occorre verificare che l’armatura corrisponda esattamente alle indicazioni del progetto, e che si sia provveduto a fissarla stabilmente in modo di assicurare l’invariabilità della posizione dei ferri durante la battitura del conglomerato. Il conglomerato deve avvolgere completamente i ferri e per raggiungere tale scopo essi devono essere spalmati con boiacca di cemento immediatamente prima del getto.

Art. 41. Il conglomerato viene messo in opera subito dopo eseguito l’impasto, a strati di spessore non maggiore di cm. 15; deve essere ben battuto con pestelli di appropriata forma e peso, od eventualmente vibrato. Nelle riprese di lavoro, se il conglomerato gettato e’ ancora molle, se ne spalma la superficie con boiacca di cemento; se e’ già indurito, prima della detta spalmatura si rimette al vivo la superficie rendendola scabra e lavandola con acqua, in modo da assicurare il collegamento con la ripresa del getto. Nei casseri dei pilastri si lascerà uno sportello al piede, che permetta di pulire la base e di mettervi uno strato di malta ricca di cemento prima di iniziare il getto del pilastro, affinché questo non rimanga indebolito al piede.

Art. 42. E’ vietato mettere in opera il conglomerato a temperatura inferiore a zero gradi centigradi. Soltanto il conglomerato di cemento alluminoso può essere messo in opera a temperatura minore di zero, ma non più bassa di -10°; gli impasti però devono essere eseguiti con materiali aventi temperatura superiore a zero gradi.

Art. 43. Nelle costruzioni esposte a notevoli variazioni di temperatura si devono prendere, durante l’esecuzione, le opportune disposizioni per evitare gli inconvenienti che ne possono derivare.

Art. 44. Le opere di conglomerato armato, fino a sufficiente maturazione, cioè per un periodo di tempo da 8 a 14 giorni, devono essere periodicamente inaffiate e, ricoperte di sabbia o di tela, mantenute umide. Ove occorra, devono essere più efficacemente protette contro le vicende meteoriche, dai raggi solari specialmente nella stagione estiva e dal gelo durante l’inverno. Le opere di conglomerato di cemento alluminoso devono essere confezionate a temperatura non superiore a 30°, sia nell’ambiente sia nei materiali componenti, e speciali precauzioni devono prendersi perché non rimangano esposte a temperature troppo elevate.

Art. 45. Nella confezione del conglomerato di cemento alluminoso si deve eliminare in modo assoluto qualsiasi inclusione di calce e di cemento di altra specie, provvedendo ad una rigorosa pulizia e lavatura preventiva di attrezzi, meccanismi, piani per impasti e mezzi di trasporto.

Art. 46. Le armature in legname devono essere sufficientemente rigide per resistere senza apprezzabili deformazioni, al peso proprio della costruzione ed alle vibrazioni prodotte dalla battitura del conglomerato. Esse devono essere costruite in modo che, al momento del primo disarmo, rimanendo in posto i necessari puntelli, possano essere rimosse, senza pericolo di danneggiare l’opera, le sponde dei casseri ed altre parti non essenziali alla stabilità. Quando la portata delle membrature principali oltrepassi m. 6, devono disporsi sotto le casseforme, o sotto i puntelli, opportuni cunei di disarmo.

Art. 47. Nessuna opera in conglomerato armato deve essere soggetta al passaggio diretto degli operai e mezzi d’opera, prima che abbia raggiunto un sufficiente grado di maturazione. E’ proibito caricare o mettere in esercizio comunque le strutture che non siano ancora sufficientemente stagionate.

Art. 48. Non si procede ad alcun disarmo prima di aver accertato che il conglomerato abbia raggiunto un grado sufficiente di maturazione. Nelle migliori condizioni atmosferiche e con conglomerato di cemento a lenta presa idraulico normale (Portland), d’alto forno e pozzolanico non si devono rimuovere prima di 5 giorni le sponde dei casseri delle travi e quelle dei pilastri. Non si procede al disarmo prima di 10 giorni per le solette e non prima di un mese per i puntelli delle nervature. Le opere di notevole portata e di grandi dimensioni, come pure quelle destinate per coperture, le quali dopo il disarmo possono trovarsi esposte subito al carico assunto nel calcolo, si devono lasciare armate per un tempo maggiore, da indicarsi fra le modalità del progetto. Il disarmo delle strutture eseguite con conglomerato di cemento ad alta resistenza può essere fatto dopo trascorso almeno lo spazio di tempo appresso indicato:
1) sponde dei casseri delle travi e dei pilastri: 48 ore;
2) armature di solette: 4 giorni;
3) puntelli delle travi e delle solette di grande portata: 8 giorni.
Il disarmo delle strutture eseguite con conglomerato di cemento alluminoso può essere fatto dopo trascorso almeno lo spazio di tempo appresso indicato:
1) sponde dei casseri delle travi e dei pilastri: 36 ore;
2) armatura di solette: 3 giorni;
3) puntelli delle travi e delle solette di grande portata 5 giorni. Nelle stagioni eccezionalmente contrarie alla buona maturazione del conglomerato il tempo prescritto per il disarmo deve essere convenientemente aumentato. Ciò va detto in particolar modo per quelle opere che durante la costruzione fossero state colpite dal gelo, per le quali, dopo accertato lo avvenuto disgelo senza deterioramento della massa del conglomerato, deve lasciarsi trascorrere prima del disarmo tutto intero il periodo di tempo sopra indicato. In ogni caso, prima di procedere alla rimozione delle armature di legname, da effettuarsi in modo che la costruzione non riceva urti, scuotimenti o vibrazioni, occorre verificare accuratamente che il conglomerato abbia fatto buona presa.

Art. 49. Nel cantiere dei lavori, a cura del direttore, deve tenersi un registro, nel quale siano indicate le date dell’ultimazione del getto delle varie parti dell’opera, la quantità del cemento impiegato e tutte le eventualità degne di nota verificatesi durante la costruzione.

CAPO V Norme di collaudo

Art. 50. Il direttore dei lavori ha l’obbligo di allegare ai documenti di collaudo, dopo averne dato visione al costruttore, i certificati delle prove eseguite a norma delle disposizioni contenute nel Capo II.

Art. 51. Le operazioni di collaudo consistono nel controllare la perfetta esecuzione del lavoro e la sua corrispondenza con i dati del progetto, nell’eseguire prove di carico e nel compiere ogni altra indagine che il collaudatore ritenga necessaria. Le prove di carico hanno luogo di regola non prima di 50 giorni dall’ultimazione del getto per i conglomerati di cemento idraulico normale (Portland), d’alto forno e pozzolanico, non prima di 30 giorni per i conglomerati di cemento alluminoso, e si effettuano a stagionatura più o meno avanzata secondo la portata delle diverse parti e la importanza dei carichi. Nelle prove la costruzione deve essere possibilmente caricata nei modi previsti nella progettazione ed in generale in modo tale da determinare le massime tensioni o le massime deformazioni. La lettura degli apparecchi di misura (flessimetri od estensimetri) sotto carico dev’essere ripetuta fino a che non si verifichino ulteriori aumenti nelle indicazioni. La lettura delle deformazioni permanenti, dopo la rimozione del carico, dev’essere ugualmente ripetuta fino a che non si verifichino ulteriori ritorni. Qualora si riscontrino deformazioni permanenti notevoli, la prova di carico dev’essere ripetuta per constatare il comportamento elastico della struttura. Il confronto tra le deformazioni elastiche (consistenti nelle differenze tra le deformazioni massime e le permanenti) e le corrispondenti deformazioni calcolate in base all’art. 34, fornisce al collaudatore un criterio di giudizio sulla stabilità dell’opera.

Art. 52. E’ vietato assoggettare a carico, sia pure transitorio, una costruzione di conglomerato prima che sia stata soggetta a prova.

Allegato A Elenco del laboratori ufficiali Laboratori sperimentali annessi alle cattedre di Scienza delle costruzioni:

del R. Istituto superiore d’ingegneria (Politecnico) di Torino;

dal R. Istituto superiore d’ingegneria (Politecnico) di Milano;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Padova;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Genova;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Bologna;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Pisa;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Roma;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Napoli;

della facoltà d’ingegneria della R. Università di Palermo;

laboratorio del R. Istituto sperimentale delle comunicazioni (Sezione ferroviaria).

Allegato B Parte di provvedimento in formato grafico (omissis)

Visto, d’ordine di Sua Maestà il Re d’Italia e di Albania Imperatore d’Etiopia

Il DUCE del Fascismo, Capo del Governo MUSSOLINI

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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