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edificio residenziale

Come qualificare il cambio di destinazione d’uso da locale accessorio ad una categoria funzionale primaria?

La giurisprudenza torna a confermare un principio già noto in materia di mutamento di destinazione d’uso negli immobili, che resta valido anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 105/2024 al testo unico edilizia DPR 380/01.

Ciò è stabilito nella sentenza n. 5029/2025 del Consiglio di Stato, riguardante il ricorso avverso all’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino di quanto effettuato con ristrutturazione edilizia abusiva, consistente in un ambio di destinazione d’uso dalla categoria catastale C/2 (espressiva di un’unità immobiliare destinata a magazzino o cantina) a ufficio, ossia categoria direzionale. Il locale era stato adibito a sala riunioni e con postazioni di computer, oltre che ad un piccolo bagno di servizio, per funzioni di studio legale e studio immobiliare.

Secondo la parte ricorrente (il proprietario), il cambio d’uso sarebbe comunque avvenuto senza incremento di carico urbanistico, ed effettuata in via esclusivamente occasionale e transitoria, sottolineando la preesistenza del bagno ivi presente e documentato dalla planimetria catastale di impianto del 1939. Il Comune invece ha ritenuto che adibire il locale da un’uso commerciale e professionale integri un mutamento urbanisticamente rilevante ai sensi degli articoli

  • 3, comma 1, lettera d) del TUE;
  • 10, comma 1, lettera c), del TUE.

In definitiva, è stato contestata l’esecuzione abusiva di una ristrutturazione edilizia “pesante”, ovvero di ristrutturazione edilizia comportante modifiche volumetriche, prevista dall’articolo 10 c.1 lettera c) del DPR 380/01, cioè una particolare forma di ristrutturazione edilizia “entro sagoma”.

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Infatti, l’incremento di carico urbanistico è rinvenibile nella trasformazione di uno spazio ad uso accessorio in superficie utile, avvenuto nella fattispecie ma anche in altri casi analoghi (vedi Cons. di Stato n. 3645/2024).

È stato più volte affermato che «la destinazione d’uso a garage o cantina di per sé non è incompatibile con un servizio igienico, specie se il locale non è pertinenziale all’abitazione (è intuitivo che il proprietario possa dover usufruire del servizio quando si reca nell’immobile, anche per un ristretto periodo di tempo)».

Nella citata sentenza n. 3645/2024, è stato chiarito che «la realizzazione della tipologia di manufatti destinati a garage o cantina è conforme alla destinazione di zona (residenziale) nei soli limiti in cui essi restino “locali accessori”, che in quanto privi dei requisiti di abitabilità non incidono sulle disponibilità volumetriche abitative né sul carico urbanistico. Il cambio di destinazione d’uso da garage o cantina a residenziale (ma il ragionamento vale anche per la destinazione oggetto di contestazione nel presente giudizio a studio professionale e ufficio), quindi, è sempre rilevante, pur se astrattamente non si passa da una all’altra delle categorie previste nell’art. 23-ter, e necessita pertanto di permesso di costruire».

Si rammenta infatti che le categorie funzionali primarie contenute all’interno dell’articolo 23-ter TUE sono cinque, oltre a quelle eventualmente definite dalle legislazioni regionali, all’interno di ciascuna di esse, almeno in termini astratti e generali, il carico urbanistico si presume analogo, sicché assume rilevanza solo il passaggio dall’una all’altra, quand’anche non accompagnato dall’esecuzione di opere edilizie:

  • residenziale
  • turistico-ricettiva
  • produttiva e direzionale
  • commerciale
  • rurale

Però attenzione, la sentenza analizzata sopra non afferma che tale trasformazione sia soltanto tra categorie funzionali primarie, perchè altrimenti saremmo di fronte ad un cosiddetto “mutamento d’uso orizzontale”: la sentenza invece conclude affermando la correttezza dell’ordinanza di rimessa in pristino emanata ai sensi dell’articolo 10, primo comma, lettera c), del DPR 380/01, ossia la ristrutturazione pesante, soggetta a permesso di costruire.

E le modifiche Salva Casa rilevano?

La riforma alla disciplina dei cambi di destinazione d’uso, avvenuta con decreto-legge n. 69/2024, convertito in legge n. 105/2024, non ha inciso positivamente in questo senso: è vero che c’è stata una liberalizzazione verso una parte dei mutamenti di destinazione funzionali, con o senza opere, ma è pur vero che la riforma effettuata dal Salva Casa non ha qualificato o inserito la trasformazione dei locali accessori in superficie utile tra i mutamenti di destinazione urbanisticamente rilevanti.

In materia di cambi di destinazione d’uso il Salva Casa ha semplificato i procedimenti amministrativi, e ha ampliato la possibilità di superare quei limiti o divieti imposti da norme regionali e regolamenti comunali, ma non ha esteso questi benefici a qualsiasi trasformazione funzionale o di utilizzazione dell’immobile. I cosiddetti “cambi d’uso Salva Casa” sono fondati sull’equivalenza di carico urbanistico tra categorie urbanisticamente rilevanti, mentre i locali aventi natura accessoria non sono stati conteggiati nei carichi insediativi o urbanistici.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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