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Qualifica dell’intervento si determina nella differenza complessiva dell’organismo edilizio

Nell’immaginario collettivo la nozione di ristrutturazione è associata a qualsiasi opera relativa all’immobile o unità immobiliare, specie su quelle che mantengono la sagoma e struttura dell’edificio.

Peccato invece che per il Testo Unico Edilizia DPR 380/01 prima, e per le norme edilizie regionali poi, esiste una serie di categorie di intervento sul patrimonio edilizio esistente che richiedono adeguata distinzione. In particolar modo si riprendono in esame quelle più confuse tra loro, in quanto la loro linea di confine si è spostata con le diverse modifiche normative avvenute nell’ultimo decennio (D.Lgs. 222/2016, D.L. 76/2020), ovvero nel D.P.R. 380/01 articolo 3 comma 1:

  1. manutenzione straordinaria (lettera b);
  2. ristrutturazione edilizia (lettera d);

Queste due categorie sono suddivise a loro volta tra “leggere” e pesanti”, in base alle distinzioni operate dagli articoli 3, 10 e 22 del D.P.R. 380/01 e dall’Allegato A D.Lgs. 222/2016.

Esulando da queste due sfumature leggero/pesante, in questo post preferirei evidenziare i lineamenti di principio che separano la ristrutturazione edilizia dalla manutenzione straordinaria.

Escludiamo dal ragionamento quel particolare intervento situato tra di essi, cioè il restauro e risanamento conservativo, una categoria di intervento che richiede diverse condizioni.

Effettivamente nella versione di manutenzione straordinaria vigente ad oggi, sono compresi diversi interventi utili a modificare l’assetto dell’unità immobiliare.

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MANUTENZIONE STRAORDINARIA, LINEAMENTI GENERALI

Da una parte la manutenzione straordinaria si prefigge lo scopo di conservare, mantenere e rinnovare anche a livello strutturale quanto esistente (e legittimato), senza poter introdurre innovazioni o cambiamenti, e anche per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico.

La manutenzione straordinaria ha lo scopo di mantenere funzionale ed efficiente l’immobile, mentre il restauro e risanamento conservativo persegue lo scopo di conservarne l’integrità funzionale, strutturale e qualitativa.

Questo principio è derogato da alcune eccezioni contenute nella stessa definizione, evitando l’errore di considerarli sovrapponibili tra loro onde sconfinare nel famoso “insieme sistematico di opere” che caratterizza la ristrutturazione edilizia:

  • frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso.
  • Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Definizione ripresa dal DPR 380/01 art. 3 c.1 lettera b:

b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA, TRASFORMAZIONE INNOVATIVA

Alla base del genus della ristrutturazione edilizia (art. 3 c.1 lettera d) DPR 380/01) vi è la trasformazione innovativa parziale o totale dell’organismo edilizio di partenza.

E’ un intervento che possiamo connotare soprattutto in base alla portata innovativa e di risultato, che rende diverso l’organismo ottenuto post opera rispetto ex ante; ciò che caratterizza la categoria di ristrutturazione edilizia è la modalità con cui avviene: l’insieme sistematico di opere.

Questa nozione intende un gruppo di opere distinte per tipologia (qualitativa) ed entità (quantitativa), proprio perchè si va a snaturare la configurazione precedente. Se la manutenzione può “mantenere”, il restauro/risanamento può conservare, la ristrutturazione può innovare e cambiare a livello complessivo.

E pertanto per configurare l’insieme sistematico di opere è sufficiente l’esecuzione di due tipologie diverse, anche di modesta entità: una modifica di prospetto congiunta a opere distributive interne. Ma potremmo fare tanti esempi.

Il Consiglio di Stato ha ribadito a più riprese come rientrino nell’ambito della ristrutturazione edilizia quell’insieme di opere che danno vita ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso: tuttavia, laddove il manufatto sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell’intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli della struttura originaria, l’intervento rientra nella nozione di nuova costruzione (cfr. da ultimo, Cons. Stato n.9201/2023, n. 6092/2023).

Definizione ripresa dal DPR 380/01 art. 3 c.1 lettera d:

d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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