Possibile la ristrutturazione ricostruttiva mantenendo sagoma e posizione sul confine esistente
Come distanziare balconi e vedute in facciata, in rapporto alla sopraelevazione
Interessante l’ordinanza di Cassazione n. 12202/2022 riguardante la fattispecie di sopraelevazione effettuata su di un lastrico solare esistente e situato sopra un appartamento, contestualmente alla realizzazione di un balcone aggettante munito di parapetto, ritenuto a distanza inferiore a quella legale dalla sottostante veduta del suo appartamento, infatti il balcone sporgeva per 1 metro, la sua superficie di intradosso distava 25 cm dal lato superiore della finestra di esso.
E’ nata una contestazione che ha portato in giudizio per esaminare la violazione dell’articolo 907 del Codice Civile per mancato rispetto delle distanze legali delle costruzioni dalle vedute, non essendosi tenuto conto che ove la costruzione (nella cui nozione si sarebbe dovuto ricomprendere anche il balcone) risulti edificata a distanza inferiore a quella di tre metri prescritta dalla richiamata norma.
Il contenzioso è stato impostato per accertare se la costruzione di un balcone aggettante realizzato nel corso dei lavori edili riguardanti il piano sovrastante, la cui soletta ed i cui sporti si sarebbero dovuti ritenere posti a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 907 c.c. dalla sottostante finestra del vano bagno dell’immobile di esso, provocando anche la diminuzione della fruizione di aria, luce e veduta dello stesso vano. La predetta ordinanza di Cassazione ha indicato che, in relazione al rispetto della distanza dalla corrispondente sottostante finestra-veduta dell’immobile, si applica proprio la disciplina prevista dal denunciato art. 907 codice civile, avendo natura assoluta.
L’ordinanza n. 12202/2022 ha rinviato alla Corte di Appello il riesame della fattispecie, confermando che dovrà uniformarsi al principio stabilito dall’articolo 907, terzo comma, c.c., specificando che le nuove costruzioni in appoggio al muro devono rispettare la distanza di tre metri dalla soglia delle vedute preesistenti, deve essere intesa nel senso che tale distanza opera, anche in senso verticale, nei riguardi delle costruzioni sottostanti non solo le finestre ma anche i balconi con riguardo al loro piano di calpestio. Ed infatti, ai fini della disposizione anzidetta, il termine “costruzione” non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli l’esercizio di una veduta. Ed è altrettanto pacifico che la distanza di tre metri dalle vedute prescritta dall’art. 907 c.c. per le nuove costruzioni, al pari di ogni altra distanza prescritta dalla legge per disciplinare i rapporti di vicinato, ha carattere assoluto, essendo stata predeterminata dal legislatore in via generale ed astratta, senza che al giudice sia consentito alcun margine di discrezionalità sia nella valutazione della esistenza della violazione della distanza, sia nella valutazione relativa alla dannosità e pericolosità della posizione della nuova costruzione rispetto alla veduta del vicino (vedi anche tra le tante Cass. n. 15376/2001, Cass. n. 213/2006 e Cass. n. 8691/2017).
L’articolo Art. 907. Distanza delle costruzioni dalle vedute.
Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’articolo 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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