Alterare il naturale assetto del territorio e del suolo potrebbe sembrare un intervento minore, quando invece è trasformazione rilevante edilizia

Spesso si riscontrano errati trattamenti per gli scarichi di acque saponose (quelle senza pupù).
Proviamo a schematizzare la corretta esecuzione.
A prescindere dalle specifiche norme regionali in materia di smaltimento acque reflue, la buona tecnica e le vigenti norme nazionali (D. Lgs. 152/06) esigono che le acque saponose debbano essere trattate da un pozzetto degrassatore opportunamente dimensionato e di seguito incanalate nella seconda camera di una fossa bi o tricamerale (tradizionale o Imhoff).
Il motivo
Il pozzetto degrassatore, lo dice appunto io nome, ha mera funzione di abbattere i grassi dei saponi, ma non è deputato ad abbattere anche il carico organico normalmente contenuto negli scarichi di lavandini, cucine, acquai, lavastoviglie, bidet e docce: pensiamo alle briciole o scarti organici delle cucine stesse.
Questi scarti organici saranno invece abbattuti, dopo aver attraversato il degrassatore, nella seconda camera della fossa bi o tricamerale, che svolge invece specifica funzione di trattamento e riduzione del carico organico proveniente dalle acque “grigie”.
A valle della tricamerale poi deve esservi un trattamento o sistema di smaltimento finale specifico.
Quando invece si trova un pozzetto degrassatore non collegato alla seconda camera della fossa, si è di fronte ad un errato sistema di smaltimento, anche se realizzato ai tempi della nonna Adelmina; occorre quindi adeguarlo prontamente, onde evitare sanzioni e possibili richieste risarcitorie per danni derivanti da essa.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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