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Anche la manutenzione straordinaria con opere strutturali rientra nella SCIA edilizia

Negli interventi sul patrimonio esistente si è portati a decidere le tipologie di intervento, che possono prevedere anche opere strutturali, di miglioramento statico o antisismiche.

Intanto devo distinguere che le NTC 2018 chiedono espressamente di valutare sempre qualsiasi intervento anche dal versante strutturale, e delle possibili implicazioni. Tale norma intende salvaguardare la sicurezza dei fruitori e la pubblica incolumità.

Ed ecco il motivo per cui essa non si limita a seguire solo lo spartiacque del deposito strutturale o autorizzazione sismica ai competenti uffici regionali (ex Genio Civile, per capirsi); al contrario chiede sempre di valutare il criterio oggettivo dell’intervento, e il rapporto che può esserci con l’intero organismo edilizio.

Tutto questo per dire che anche la più semplice delle ristrutturazioni o interventi su edifici esistenti richiede una verifica di fattibilità o parere tecnico sulla sicurezza strutturale, in particolare se l’intervento vada comunque a interessare le parti strutturali.

E per assurdo, neanche poi tanto, la realizzazione di pavimento radiante cementizio sopra uno esistente, va ad interessare e incidere sulla sicurezza del solaio (parte strutturale), e questo anche se l’intervento fosse eventualmente esonerato dal deposito strutturale.

Vediamo allora quale pratica edilizia va presentata ai fini urbanistico edilizi nella manutenzione straordinaria, cioè tra CILA e SCIA.

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Due categorie di Manutenzione straordinaria, con e senza opere strutturali

Dopo le riforme apportate dal D.Lgs. 222/2016 al Testo Unico Edilizia DPR 380/01 si sono formate due sottocategorie di manutenzione straordinaria su edifici esistenti.

La vigente definizione di manutenzione straordinaria, prevista dall’art. 3 c.1 lettera b) del DPR 380/01, è stata anche aggiornata poi dal D.L. 76/2020, ed è la seguente:

b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’ uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

Il fatto che sia unica come definizione non deve trarre in inganno, perchè la sue definizione generale si divide poi in due sottocategorie ben distinte.

Tale distinzione in due sottocategorie si ricava sia dalla lettura dell’Allegato A del D.Lgs. 222/2016 (noto come “Decreto SCIA 2”), ma anche dalle categorie di intervento ammesse in SCIA, cioè articolo 22 comma 1 TUE:

a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio o i prospetti;
b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c.

Manutenzione straordinaria leggera e pesante, in base al coinvolgimento delle parti strutturali

La suddivisizione applicativa e normativa della manutenzione straordinaria si ricava chiaramente dall’Allegato A del D.Lgs. 222/2016, tuttora vigente e in parte superato dal D.L. 76/2020 e altre normative. Inoltre la distinzione tra due manutenzioni si ricava anche dalla semplice lettura del DPR 380/01, dove in prima battuta definisce la categoria generale (art. 3) e poi limita una sua sottocategoria alle SCIA, qualora l’intervento su edifici esistenti riguarda le parti strutturali.

In sintesi, la suddivisione tra manutenzione straordinaria leggera e pesante è la seguente:

  • Manutenzione straordinaria “leggera”, cioè la manutenzione diversa da quella “pesante”: CILA, art. 6-bis perchè procedura residuale alle altre;
  • Manutenzione straordinaria “pesante”, qualora riguardi parti strutturali o prospetti dell’edificio: SCIA, art. 22 c.1 lettera a);

Il discriminante in questo caso proviene dall’interessamento di parti strutturali o sui prospetti. Ammetto che potremmo discutere sull’interpretazione di queste due nozioni, ma è altrettanto vero che qualora si incida direttamente o indirettamente sulle parti strutturali, sia necessario presentare una SCIA.

E questo a prescindere dalla eventuale deposito sismico o autorizzazione sismica. Infine, anche in questo caso è raccomandato dare profonda lettura delle norme regionali sull’argomento, rammentando pure che la CILA presuppone anche lo Stato Legittimo dell’immobile.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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