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facciata edificio

Soltanto la Legge Salva Casa istituisce limitati effetti sananti all’Agibilità alle parziali difformità dal titolo abilitativo

Vediamo in quali casi i vecchi certificati di agibilità e abitabilità rilasciati dal Comune assumono valore sanante, nonostante siano stati svolti sopralluoghi e accertamenti di conformità a fine lavoro da parte dei suoi funzionari.

Fino all’emanazione del decreto-legge n. 69/2024 era esclusa ogni possibilità che le varie forme di Agibilità e Abitabilità ottenute in passato potessero avere assunto un valore di sanatoria automatica o implicita per illeciti edilizi (e non solo) presenti o accertabili soprattutto al momento delle fasi di sopralluogo da parte dei competenti funzionari pubblici incaricati a ciò, neppure a distanza di tempo: ciò lascia impregiudicati i poteri repressivi e sanzionatori verso gli illeciti edilizi, nonostante siano stati perfino visti e verbalizzati dagli anzidetti funzionari. Per conoscere le casistiche di “agibilità sanante” rinvio ad apposito articolo.

È assai noto che una quota rilevante di immobili in Italia sia dotata di Abitabilità/Agibilità rilasciata a suo tempo, anche in presenza di irregolarità, creando anche un certo disappunto nel soggetto privato: l’illecito rimane tale anche di fronte ad accertamenti svolti dallo stesso ente procedente e controllore, tenuto conto il potere/dovere di accertare anche la conformità dell’opera al progetto approvato (vedi articoli 219 e seguenti del R.D. 1265/34). Ad esempio, nella fattispecie trattata nella sentenza n. 25830/2023 di Cassazione Civile, il principio è stato ribadito relativamente a irregolarità assai datate (immobile costruito con licenza del 1971), sulle quali la P.A. aveva comunque provveduto, nel 1980, a rilasciare il certificato di abitabilità allora previsto. Oggi, invece, si procede a far attestare le condizioni di Agibilità da un tecnico abilitato tramite la Segnalazione Certificata di Agibilità, introdotta nell’articolo 24 DPR 380/01 dal D.Lgs. 222/2016. Detto ciò, la fattispecie oggetto della sentenza riguardava una compravendita stipulata nel 2003 di un immobile risultato poi viziato da irregolarità edilizie tali da incidere anche sui requisiti di Abitabilità: nell’immobile, licenziato nel 1971, è stata riscontrata un’altezza interna di 2,47 metri, inferiore a quella di 2,60 metri prevista dalla licenza edilizia (conformemente al rispettivo regolamento edilizio comunale anteriore al D.M. 5/07/1975).

Tuttavia, il rilascio di Abitabilità e Agibilità non esclude il potere sanzionatorio della P.A. a posteriori, anche dopo molto tempo, dovendo applicare regimi repressivi sopravvenuti più recentemente, solitamente assai più severi di quelli del passato. Ciò vale anche per quelle irregolarità “apparentemente” di modesta entità, magari allora comunemente tollerate in quel periodo, ma che oggi, agli occhi della normativa vigente, risultano fuori tolleranza edilizia (art. 34-bis DPR 380/01). Pensiamo a una finestra spostata di 20 cm rispetto alla licenza edilizia rilasciata: nel 1971, se andavi in Comune a chiedere una licenza in variante per una sola finestra spostata di 20 cm, probabilmente venivi guardato “storto”, se non addirittura diventare una barzelletta.

La giurisprudenza ha confermato la distinzione tra le funzioni dei titoli abilitativi edilizi e del certificato di abitabilità (o agibilità), escludendo qualsiasi effetto sanante di quest’ultima. Alcune Regioni, e perfino alcuni Comuni, hanno tentato di attribuire valore sanante ai certificati di agibilità e abitabilità rilasciati dalla stessa pubblica amministrazione, ma la giurisprudenza non ha avvalorato queste disposizioni, cassandole qualora oggetto di contestazione e ricorsi. Fatta salva la piccola apertura di “Agibilità sanante”, introdotta con la legge n. 105/2024 Salva Casa e dettagliata in apposito articolo, il principio generale esclude a priori qualunque effetto sanante implicito o automatica all’Agibilità a Abitabilità, anche nei casi in cui siano stati espressamente accertatati dai tecnici e funzionari pubblici incaricati di ispezionare a fine lavori. La giurisprudenza amministrativa ha confermato che:

«Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili» (Cons. di Stato n. 2550/2023, n. 3666/2021, n. 5319/2020, n. 8180/2019).

In senso conforme, il principio è stato ribadito anche in questa forma dal Consiglio di Stato:

«il rilascio del certificato di abitabilità non ha alcun effetto sanante rispetto alle opere abusive in quanto la illiceità dell’immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità che riguarda profili diversi; i due provvedimenti svolgono funzioni differenti e hanno diversi presupposti che ne condizionano il rispettivo rilascio: il certificato di agibilità serve ad accertare che l’immobile sia stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti, viceversa il titolo edilizio attesta la conformità dell’intervento alle norme edilizie ed urbanistiche che disciplinano l’area da esso interessata» (Cons. di Stato n. 3930/2024, n. 2461/2023).

Una chiara distinzione tra i profili urbanistico-edilizi nascenti tra Agibilità/Abitabilità e i titoli abilitativi è stata fornita perfino dalla sentenza di Corte Costituzionale n. 217/2022, avendo affermato che:

«non v’è necessaria identità di disciplina tra titolo abitativo edilizio e certificato di agibilità, che sono collegati a presupposti diversi e danno vita a conseguenze disciplinari non sovrapponibili. In particolare il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti … mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio. Il che comporta che i diversi piani ben possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative, sia quella patologica di una loro divergenza» (Corte Cost. 21/10/2022, n. 217).

Anche la Cassazione si è orientata in senso conforme, non riconoscendo alcun effetto sanante al rilascio dell’Abitabilità, considerato che la P.A. (il Comune) conserva i suoi poteri sanzionatori e repressivi quando vi sia un’irregolarità sanzionabile (vedi Cass. Civ. n. 25830/2023). In tal senso, non sussiste alcun tipo di legittimo affidamento per i proprietari e gli acquirenti successivi, neppure invocando una presunta inattività della P.A. per mancata verifica/accertamento di tali illeciti, poiché il rilascio dell’Abitabilità contemplava allora, come ancora oggi, il riscontro della conformità dell’opera al progetto (fin dal R.D. 1265/1934). La stessa Cassazione ha richiamato il principio già stabilito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, confermando che il decorso del tempo non può incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito mediante l’adozione della relativa sanzione. Con tale chiarimento, l’Adunanza Plenaria ha precisato che: «l’inerzia nell’adozione degli atti di repressione dell’abuso non è foriera d’affidamento alcuno sulla legittimità dell’opus in capo al proprietario dell’abuso, poiché (…) questi non è destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata».

Ai soli fini di conoscenza si segnala che in passato ci sono state due isolate pronunce, da non prendere in considerazione, una delle quali è la sentenza di Cassazione Civile n. 17498/2012, relativa a questione di conformità edilizia per compravendita:

«nel permesso di abitabilità si dava atto dell’ispezione che aveva accertato la conformità al progetto e che pertanto il permesso assolveva entrambe le funzioni e che comunque la conformità era implicita nel rilascio del permesso di abitabilità; la conclusione è coerente con la norma – ora contenuta nell’art. 25 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 – che condiziona il rilascio del certificato di abitabilità non solo all’aspetto igienico-sanitario (salubrità degli ambienti), ma anche alla conformità edilizia dell’opera realizzata rispetto al progetto approvato (v. anche la giurisprudenza amministrativa secondo cui l’art. 25 del Testo Unico dell’Edilizia – condiziona il rilascio del certificato di abitabilità non solo all’aspetto igienico-sanitario (salubrità degli ambienti), ma anche alla conformità edilizia dell’opera realizzata rispetto al progetto approvato: e ciò per la innegabile stretta correlazione fra i due momenti valutativi.»

In conclusione, al netto della più recente forma di Agibilità o Abitabilità “sanante” istituita con L. 105/2024 Salva Casa all’interno dell’articolo 34-ter, quarto comma, del D.P.R. 380/01, limitatamente a poche casistiche di parziali difformità, l’ottenimento dei medesimi in forma di certificato non presuppone alcun effetto implicito di condono o sanatoria, tanto meno di tolleranza costruttiva.

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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