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Gru da cantiere edilizio

Consiglio di Stato ammette verifiche tardive sulle SCIA, precisando condizioni per agire in autotutela oltre i termini

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La sentenza 5322/2025 del Consiglio di Stato riprende quanto già precisato in precedenza, riconoscendo al Comune la possiblità di attivare controlli sulla SCIA anche oltre il termine di trenta giorni dal suo deposito, in particolar modo per farla dichiarare inefficace o procedere al cosiddetto annullamento. Stiamo parlando cioè della possibilità di superare i termini ordinari previsti dalla L. 241/90 per inibire l’attività oggetto della SCIA (30 giorni), e sopratutto nei termini previsti (e richiamati) per esercitare i poteri di annullamento d’ufficio in autotutela (i dodici mesi decorrenti dopo i primi 30 giorni previsti per i controlli ordinari, rammentando che sono stati ridotti a dodici rispetto ai previgenti diciotto con D.L. 77/2021). Sussistono inoltre possibilità di annullamento o dichiarazione inefficacia anche oltre i famosi dodici mesi, si rinvia a precedente approfondimento sul blog.

Occorre intanto ricordare che la SCIA è atto privato a cui la legge riconnette effetti legittimanti di natura provvisoria che possono venire meno per effetto di un successivo controllo della p.a. in ordine alla sussistenza dei requisiti dichiarati (TAR Firenze, sentenza n. 1277/2025).

Nella fattispecie si è trattato di una SCIA alternativa al permesso di costruire, presentata ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R 380/01, per effettuare il recupero abitativo del sottotetto di un edificio esistente. In particolare, il Comune ha comunicato l’avvio del procedimento per l’inefficacia della S.C.I.A. a 67 giorni dopo la presentazione, quindi oltre la scadenza del termine perentorio di 30 giorni: in tali casi, l’Amministrazione può intervenire in autotutela ma l’articolo 21-nonies L. 241/90 stabilisce una serie di requisiti che includono:

  • una motivazione adeguata, e anche:
  • la valutazione degli interessi coinvolti.

Il Comune ha dichiarato inefficace la SCIA ritenendola non conforme alla disciplina urbanistico-edilizia, e sopratutto nei confronti dell’art. 3 della Legge Regionale del Lazio n. 13/2009, modificato dalla L.R. 7/2018: essa permette il recupero dei sottotetti a fini abitativi e turistico ricettivi esistenti, purchè attigui o comunque annessi ad unità immobiliari ubicate nel medesimo edificio ovvero i sottotetti di un’altra unità immobiliare esistente nello stesso edificio a condizione che siano destinati a prima casa. Sulla base di ciò, il Comune ha (correttamente) escluso che il posto auto esistente potesse essere considerata unità immobiliare di riferimento, in quanto priva di rilevanza planivolumetrica. Tra le ulteriori ragioni addotte a sostegno dell’inefficacia in autotutela della S.C.I.A. figurano il mancato pagamento dei diritti di istruttoria, del contributo di costruzione e la classificazione catastale, che potrebbero apparire a taluni come carenze documentali.

Secondo il ricorrente, proprietario titolare della SCIA, l’intervento in autotutela privo di motivazione è da reputare illegittimo, poiché i provvedimenti di autotutela sono manifestazioni dell’esercizio di una potestà discrezionale e richiederebbero una comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato; inoltre l’interesse pubblico all’annullamento deve essere concreto e attuale, diverso dal mero ripristino della legalità violata. Nel caso specifico, l’amministrazione non avrebbe motivato adeguatamente l’interesse pubblico alla base dell’annullamento, con conseguente illegittimità del provvedimento impugnato.

Superamento termini controllo previsti per SCIA

Per vero, come ribadito di recente dal Consiglio di Stato, «Anche dopo la scadenza del termine per l’esercizio dei poteri inibitori degli effetti della SCIA, l’amministrazione competente conserva un potere residuale di autotutela, da intendere, però, come potere sui generis, che si differenzia dalla consueta autotutela decisoria proprio perché non implica un’attività di secondo grado insistente su un precedente provvedimento amministrativo; si tratta di un potere che non si attua mediante un provvedimento di secondo grado in senso tecnico, dato che esso non ha per oggetto una precedente manifestazione di volontà dell’amministrazione, ma incide sugli effetti prodotti ex lege dalla presentazione della SCIA ed eventualmente dal trascorrere di un determinato periodo di tempo, e che con l’autotutela classica condivide soltanto i presupposti e il procedimento; scaduto il termine per l’esercizio dei poteri inibitori, l’amministrazione può vietare lo svolgimento dell’attività e ordinare l’eliminazione degli effetti già prodotti solo se ricorrono in concreto i presupposti per l’autotutela; e, dunque, entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di interesse pubblico» (cfr. Cons. di Stato n. 5322/2025, n. 3896/2024, n. 8553/2023, n. 782/2022, n. 717/2009).

Alla luce di tale orientamento, ormai del tutto consolidato, l’intervento dell’amministrazione in casi simili assume quindi i connotati tipici del potere di autotutela laddove, come nella fattispecie, sia decorso il termine per il consolidamento del titolo (30 giorni). Va tuttavia rilevato che il tenore del provvedimento impugnato al T.A.R. riflette tali coordinate redazionali tanto che veniva preceduto da apposita comunicazione dei motivi ostativi (preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/90, tuttavia non risulta previsto dall’ordinamento sulle SCIA) e veniva espressamente qualificato quale atto di “autotutela” con espressa archiviazione d’ufficio della S.C.I.A. presentata. Non emerge quindi la dedotta violazione della norma con conseguente infondatezza della censura.

Sul punto peraltro si registra un preciso orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato n. 5322/2025, Adunanza Plenaria n. 11/2015) secondo cui:

«La segnalazione certificata d’inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma è un atto privato volto a comunicare all’amministrazione l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge. Il Comune, a fronte di tale segnalazione, deve verificare l’eventuale mancanza di uno dei presupposti normativamente previsti per l’esecuzione dei lavori edilizi esercitando il potere inibitorio entro il termine perentorio di legge, decorso il quale restano comunque impregiudicati, sia il potere di autotutela (annullamento d’ufficio o revoca) sia, ai sensi dell’ art. 21 della legge n. 241/1990, le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo, previste dalla disciplina in materia di repressione degli abusi edilizi e non soggette a limiti temporali.».

L’ultima parte di questa giurisprudenza afferma che decorsi i primi trenta giorni dalla presentazione della SCIA, al Comune restano impregiudicati distintamente e alternativamente:

  1. il potere di autotutela (annullamento d’ufficio, archiviazione, inefficacia, o revoca), nei limiti e presupposti propri dell’istituto di autotutela da parte della Pubblica Amministrazione;
  2. il potere di vigilanza, prevenzione e controllo previsti dalla disciplina in materia di repressione degli abusi edilizi, non soggette a limiti temporali.

Ecco perchè molto probabilmente i casi di irregolarità edilizie e false attestazioni figuranti nelle SCIA potrebbero non raggiungere mai una situazione di consolidamento irreversibile del titolo abilitativo con segnalazione. E’ importante evidenziare che i poteri di vigilanza, rimanendo impregiudicati senza limiti temporali, potrebbero portare comunque all’emissione di un’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino, anche senza l’annullamento della SCIA stessa.

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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