Non ha senso stimare il valore dell'immobile senza accertare lo Stato Legittimo, l'abusività pregiudica la garanzia ipotecaria

La legittimazione urbanistica va ricercata nella coerenza rappresentativa della consistenza edilizia tra le rispettive pratiche
Due professionisti mi hanno esposto due casi di cui assorbo le stesse risultanze come segue.
La continuità urbanistica non è imposta in nessuna norma, si tratta solo di usare il buon senso.
Il principio della continuità di rappresentazione degli elaborati grafici è già attuato nel settore catastale, dove da sempre è richiesta una certa coerenza tra i rispettivi stati di variazione in linea temporale.
Nelle pratiche edilizie in genere l’immobile oggetto di intervento viene rappresentato riportando:
- stato attuale (di partenza o legittimato);
- stato modificato (o di progetto);
- stato sovrapposto (evidenziante in giallo e rosso le modifiche);
Le pratiche edilizie vanno immaginate come anelli di una lunga catena, legati tra loro dal criterio della coerenza tra i disegni dell’opera compiuta tra pratiche precedente e successiva.
Lo stato attuale è buona abitudine desumerlo dallo stato finale della precedente pratica edilizia, anche se non è sufficiente per avere una certa sicurezza che la consistenza dell’immobile sia legittima.
Lo stato modificato rappresenta la forma e distribuzione dell’immobile nella ipotetica condizione progettuale d’intervento che si intende apportare (salvo varianti successive).
Lo stato sovrapposto, lo dice la parola, intende evidenziare con facilità le trasformazione che si intende effettuare tra lo stato attuale e il modificato, tramite coloriture gialle e rosse, dove la prima si intende opere di demolizione e la seconda di costruzione; a volte è convenzione comune usare il colore blu per indicare contestuale demolizione e ricostruzione.

Continuità nella consistenza urbanistica
Recentemente una collega mi ha evidenziato il caso in cui si rileva differenze tra stato finale di una pratica del 1975 e stato iniziale dell’unica pratica edilizia effettuata in seguito nel 1998, domandando la mia opinione.
E’ ovvio che c’è una discontinuità: a meno di condoni e condizioni particolarissime (e rare) ciò può configurare la presenza di un abuso edilizio non sanato.
In tal caso occorre che il professionista prima di presentare ulteriori pratiche edilizie chiarisca bene il filone della continuità tra tutti gli stadi edilizi intermedi dell’immobile.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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