La Giunta comunale approva i piani attuativi qualora compatibili con lo strumento urbanistico generale vigente, il Consiglio Comunale quando comporta variante ad esso.
Fin dal 1998 vige una normativa che in alcuni casi facilita l’insediamento di attività produttive sul territorio
Lo strumento della variante urbanistica semplificata consente l’approvazione del progetto di insediamento produttivo a certe condizioni
Le radici di questa norma risalgono all’ex art. 5 del DPR 447/1998, oggi praticamente travasato nell’art. 8 del DPR 160/2010.
Essa ha carattere eccezionale e derogatorio alla procedura di variante ordinaria e sulle scelte di pianificazione urbanistica e territoriale del Comune.
Innanzi tutto tale procedure necessità di alcuni presupposti fondamentali:
- mancata individuazione delle aree destinate a insediamenti produttive nello strumento urbanistico comunale;
- insufficienza o incompatibilità di esse in relazione al progetto presentato;
In tali ipotesi, l’interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241/90 e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Resta fatto salva l’applicazione di una eventuale disciplina regionale (art. 8 c.1 DPR 160/10).
Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti variante allo strumento urbanistico, ove sussista l’assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale e’ trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale per sottoporlo alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile.
Gli interventi relativi al progetto, approvato secondo le modalità previste dal presente comma, sono avviati e conclusi dal proponente attraverso la conseguente procedura di richiesta di Permesso a Costruire ex art. 15 DPR 380/01.
E’ importante rilevare che il proponente il progetto può chiedere al competente ufficio comunale di pronunciarsi entro trenta giorni sulle questioni di conformità dei progetti preliminari allo stato degli atti coi vigenti strumenti di pianificazione paesaggistica, territoriale e urbanistica e settoriali, senza che ciò pregiudichi l’eventuale e successiva definizione del procedimento stesso.
Questa procedura di variante semplificata “ad hoc” per l’insediamento di attività produttive, ha carattere speciale, e non può essere utilizzata in una modalità ordinaria per effettuare varianti allo strumento urbanistico generale (Cons. Stato IV n. 27/2016).
La variante semplificata per insediamenti produttivi non può essere applicata in via ordinaria per ogni trasformazione territoriale
I presupposti fondamentali per effettuare tale variante semplificata devono essere preventivamente accertati in modo oggettivo e rigoroso: pertanto sia l’assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi sia l’insufficienza di queste deve essere opportunamente verificata, laddove per “insufficienza” si deve intendere, in funzione degli standard urbanistici previsti, una superficie non congrua/non sufficiente in ordine all’insediamento da realizzare (Cons. Stato IV n. 27/2016, n. 4308/2011, n. 3593/2007; n. 1038/2006).
Più specificamente, il Consiglio di Stato ha più volte affermato che il concetto di sufficienza o insufficienza delle aree esistenti va verificato “in relazione al progetto presentato”, il che significa che esiste un margine di flessibilità e adattabilità di quest’ultimo, per inserirlo nel contesto risultante dallo strumento urbanistico.
La sufficienza o idoneità delle aree esistenti e standard necessari deve essere verificata in funzione al progetto presentato
Tuttavia resta fermo che il parametro di riferimento è costituito dallo strumento urbanistico vigente, il quale non può essere oggetto di modifiche per adeguarlo alle esigenze del proponente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nr. 3593/2007, cit.).
A tali rilievi si deve aggiungere l’ipotesi in cui il progetto abbia a oggetto un insediamento commerciale, e non produttivo: essa rientra nel D.P.R. n. 447/1998 per effetto dell’art. 1-bis, inserito dal d.P.R. 7 dicembre 2000, nr. 440, e alla quale quindi si estende la previsione della variante semplificata di cui all’art. 8 DPR 160/2010, originariamente elaborata per i soli insediamenti produttivi.
In questi casi, è evidente che il presupposto fattuale costituito dalla assenza o insufficienza nello strumento urbanistico di aree a destinazione specifica e coerente con il progetto va inteso nel senso della necessità di verificare preventivamente la disponibilità non soltanto di aree stricto sensu destinate a insediamenti produttivi (zone D), ma anche di aree con destinazione commerciale, anche se non in via esclusiva, quali certamente sono le aree con destinazione a zona C di espansione.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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