Frenati gli effetti sananti dell'ultimo titolo abilitativo rilasciato in sanatoria

Il requisito dell’intervento complessivo sull’immobile non può essere scalfito da più interventi minori
Consiglio di Stato conferma la linea prudente sul valore di implicita sanatoria dell’ultimo titolo abilitativo: con la sentenza n. 4127/2025 ha integrato i principi già espressi con prececente sentenza n. 1382/2025 sulla nuova definizione di Stato Legittimo dell’immobile nel TUE, coordinata col decreto-legge n. 69/2024 (legge n. 105/2024 “Salva Casa). Tra l’altro, sull’argomento, si rinvia anche all’interessante lettura fornita da:
Nell’ultima sentenza il C.d.S. ha esaminato una fattispecie riguardante la dimostrazione di legittimità delle unità immobiliari, e relativi vani, oggetto di provvedimento repressivo avviato dal Comune per contestare interventi di trasformazione, ristrutturazione e mutamento della destinazione d’uso realizzati con dieci titoli edilizi (permessi di costruire, certificato di agibilità, SCIA, DIA) intervenuti, nell’arco di un decennio, in assenza di qualsivoglia contestazione su eventuali difformità rispetto al suo stato legittimo; in particolare, i permessi di costruire del 2011 (per un nuovo vano bagno), del 2011 (per un ulteriore vano bagno e due angoli cottura), del 2013 e 2014 (per la realizzazione di una centrale idrica e un manufatto precario al piano terra), in quanto funzionali al differente utilizzo dell’intero fabbricato come bed & breakfast, sotto il profilo funzionale-urbanistico erano riferibili all’intero fabbricato.
La tesi difensiva del proprietario si è basata sulla valenza probante la situazione di legittimità, o implicitamente legittimante, di ciascun titolo abilitativo intermedio, osservando che l’onere della prova a carico del privato è attenuato dall’art. 9-bis, comma 1-bis, parte prima, del D.P.R.. 380/2001, sostenendo che l’accertamento dello “stato legittimo” di un immobile può essere determinato, non solo dal titolo abilitativo originario, ma anche dall’ultimo intervento edilizio effettuato, purché sia stato approvato dall’autorità competente.

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Consiglio di Stato, la mera rappresentazione dello stato di fatto non ha valore legittimante edilizio
Quando potrebbe assumere valore sanante automatico l’ultima pratica edilizia facente parte della catena dello Stato legittimo dell’immobile? La risposta proviene prima di tutto dalla nozione contenuta nell’articolo 9-bis, comma 1-bis, DPR 380/01, riformulata dalla legge Salva Casa, in cui nella prima parta si afferma che:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Il chiarimento espresso dal MIT con Linee Guida FAQ dello scorso 29 gennaio 2025 offre ampia apertura a possibili casistiche di “azzeramento” o parzializzazione della catena di Stato Legittimo, ritenendo sufficiente la semplice menzione dei precedenti titoli abilitativi edilizi all’interno dell’ultima pratica edilizia (a proposito, si considerano solo quelle rilasciate dal Comune oppure anche assentite, estendendole perfino a DIA e SCIA?).
Purtroppo le prime pronunce giurisprudenziali sembrano andare in direzione opposta, come anche l’ultima dal Consiglio di Stato n. 4127/2025: in tal senso a nulla ha rilevato il riferimento dei ricorrenti allo stato di fatto rappresentato nelle tavole di progetto allegate alle pratiche edilizie presentate per i plurimi interventi che hanno interessato negli anni l’edificio, in quanto i titoli edilizi richiamati, riguardando lievi modifiche interne e cambi di destinazione d’uso, non hanno mai legittimato la realizzazione dei manufatti contestati, né gli ampliamenti risultano essere stati autorizzati da alcun titolo che ne abbia esaminato la loro compatibilità urbanistica.
La tesi degli appellanti è stata respinta in quanto ritenuta non satisfattiva le condizioni (risicate e incerte) per attribuire all’ultimo titolo edilizio valore legittimante lo stato dei luoghi e di fatto dell’immobile, rappresentato in esso, poiché nella fattispecie si riferiscono tutti a interventi specifici e puntuali, nessuno dei quali ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare. Infatti, si tratta pur sempre di titoli edilizi che hanno abilitato interventi parziali, come tali non idonei a dimostrare lo stato legittimo dei contestati ampliamenti edilizi.
Conseguentemente non è ammissibile considerare l’intervento sull’intero immobile/unità immobiliare considerando la sommatoria di tutti i relativi titoli parziali nell’arco temporale: a quanto pare la condizione essenziale dell’ultimo titolo abilitativo sanante deve essere l’unitarietà dell’intervento “totale”.
L’anzidetta sentenza del Consiglio di Stato ha richiamato il principio già aperto con sua precedente sentenza n. 1382/2025, affermando che all’epoca come adesso lo stato legittimo delle preesistenze edilizie non poteva estendersi alle opere meramente rappresentate nell’elaborato grafico prodotto a corredo del titolo edilizio presentato o rilasciato per altre e diverse opere.
In essa è stato affermato che non si configura alcun atto di assenso o di sanatoria implicita verso le opere abusive esplicitamente rappresentate negli elaborati grafici a corredo di un titolo abilitativo rilasciato, riguardante un intervento diverso da quelle abusive già esistenti. In altre parole la semplice rappresentazione nell’elaborato grafico non comporta alcuna legittimazione o approvazione da parte del Comune.
Quando assume valore sanante i pregressi abusi l’ultimo titolo abilitativo?
La predetta disposizione introdotta con legge Salva Casa intende attribuire un valore implicitamente sanante o di legittimazione postuma verso una situazione che, astrattamente, doveva essere conosciuta o conoscibile dal Comune in sede di istruttoria della pratica stessa. Per come è stata scritta, questa norma rimane capziosa sul punto “a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi”. Per ora non sono venuto a conoscenza di casi interpretativi favorevoli al cittadino, ma rimarrò vigile per capire in quali pochi casi troverà applicazione; al momento si ritiene quelli di sostituzione edilizia integrale (demolizione e ricostruzione totale), o quei rarissimi casi in cui nell’istruttoria sia stato preso formalmente atti di irregolarità presenti al momento dell’istanza.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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