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edificio angolare Londra

Nell’annullamento del permesso incide l’effettivo contributo del titolare, sia qualora accertato dal giudice penale che autotutela d’ufficio

Nella fattispecie, tra i vari punti contestati è stato dibattuto sulla discordanza della complessiva rappresentazione dei fatti esposta nel titolo edilizio in maniera non cristallina e coerente alla realtà, soprattutto perchè non si trattato di una mera discordanza tra i grafici di progetto e la relazione, bensì di aver prospettato una seconda scala interna esistente, priva della relativa autorizzazione sismica e della sua staticità. Questa seconda scala infatti risulta indicata nel progetto allegato alla Denuncia inizio attività del 2006, ma non è mai menzionata nelle relazioni di accompagnamento, e addirittura nella licenza edilizia del 1967, con cui veniva realizzato il fabbricato, risultava soltanto una sola scala.

In altre parole, le discordanze di rappresentazioni nello Stato Legittimo contenute nei passati titoli edilizi possono ancora oggi rimettere in discussione la validità ed efficacia dei titoli abilitativi rilasciati, ma anche di quelle varie forme di segnalazioni e comunicazioni asseverate dai Tecnici abilitati (DIA e SCIA); rispetto a questo scenario, è assai ridotto l’apporto ottenibile dalla nozione di Stato Legittimo, aggiornata dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa”, in particolare sull’ultimo titolo abilitativo “sanante”.

Occorre ricollegarsi a quanto già espresso in materia di provvedimenti inibitori, di inefficacia e di annullamento verso la segnalazione certificata inizio attività (SCIA), in quanto molti credono che decorso un certo termine dal deposito della SCIA, e dal rilascio del permesso di costruire, essi siano praticamente intoccabili e l’intervento legittimato. Anche in questo caso la normativa non prevede distinzioni nette “bianco/nero”, in quanto sussistono diverse casistiche in cui risulta possibile annullare il permesso di costruire ottenuto in maniera illegittima, anche a distanza di tempo. Tralasciando in questa sede la trattazione dei possibili provvedimenti esperibili dalla Pubblica Amministrazione nei primi dodici mesi dal rilascio del titolo edilizio, e tralasciando completamente le SCIA, è opportuno richiamare il comma 2-bis dell’articolo 21-nonies L. 241/90:

«i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1».

Tale norma individua le condizioni per le quali è possibile il superamento del limite temporale dei 12 mesi per annullare i permessi di costruire rilasciati, ridotto a tale misura col D.L. 77/2021, rispetto al previgente e più conosciuto dei diciotto mesi: quest’ultimo invece fu introdotto nella L. 241/90 dalle Riforme Madia per quantificare il termine ragionevole menzionato nella stessa norma.

È difficile da credere, ma tale norma conferma che nell’ambito edilizio non sussiste alcun meccanismo di “prescrizione amministrativa” in funzione della decorrenza del tempo, come invece avviene nel regime penale verso i rispettivi reati; e allo stesso modo non sussiste alcun meccanismo che possa comportare la decadenza all’azione da parte della pubblica amministrazione ad annullare il proprio atto rilasciato, come appunto il permesso di costruire. Nell’esercizio del potere di annullamento in autotutela incide molto l’approccio tenuto dal soggetto beneficiario (titolare del permesso), a prescindere se esso sia stato accertato in sede penale (e con sentenza in giudicato) che emerga durante ulteriori fasi di verifiche in sede di procedimento di autotutela da parte del Comune (si segnala utile la lettura della sentenza Cons. di Stato n. 29/2025).

La giurisprudenza si è consolidata ancora (Cons. Stato, sentenza n. 6891/2025) nell’interpretare rigidamente la norma, riconoscendo la possibilità di annullare il permesso di costruire (e analogamente per la SCIA) oltre il termine temporale di dodici mesi, a prescindere dall’accertamento penale di natura processuale, quando il soggetto titolare o privato abbia:

  1. rappresentato uno stato preesistente diverso da quello reale, anche mediante il solo silenzio su circostanze rilevanti (ad esempio con omissioni di dati e informazioni essenziali);
  2. indotto l’Amministrazione in errore «distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge».

La giurisprudenza intende escludere la formazione dei titoli abilitativi basati su presuppusti non conformi all’ordinamento, per cui anche «quando l’Amministrazione si sia erroneamente determinata a rilasciare il provvedimento, a causa anche del comportamento del privato, non trova applicazione il limite temporale di cui al comma 1 dell’art. 21 nonies l. n. 241/1990, non potendo l’ordinamento tollerare “lo sviamento del pubblico interesse imputabile alla prospettazione della parte interessata» (cfr. Cons. Stato n. 6891/2025, n. 7817/2021, n. 3192/2019).

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Conferma anche dalla Corte Costituzionale sull’annullabilità dei titoli edilizi per rappresentazioni non veritiere

Anche la Corte costituzionale, con sentenza del 26 giugno 2025, n. 88, ha fornito una interpretazione autentica circa l’eccezione prevista dal comma 2-bis dell’art. 21-nonies della L. 241/1990, affermando che il giudice amministrativo debba interpretarla «nel senso che il termine finale non opera tutte le volte in cui si riscontri che il contrasto tra la fattispecie rappresentata e la fattispecie reale sia rimproverabile all’interessato, tanto se determinato da dichiarazioni false o mendaci la cui difformità, se frutto di una condotta di falsificazione penalmente rilevante, dovrà scontare l’accertamento definitivo in sede penale, quanto se determinato da una falsa rappresentazione della realtà di fatto, accertata inequivocabilmente dall’amministrazione con i propri mezzi (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenze 7 maggio 2025, n. 3876 e 14 agosto 2024, n. 7134; sezione sesta, sentenza 27 febbraio 2024, n. 1926). Anche in tale caso, infatti, l’erroneità dei presupposti per il rilascio del provvedimento amministrativo non è imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all’amministrazione, ma esclusivamente alla parte che ha fornito una falsa descrizione della realtà fattuale, oggettivamente verificabile e non opinabile».

Ciò significa che il suddetto termine dei dodici mesi non assume un valore universale: al contrario, sussistono diverse ipotesi in cui possa essere superato, soprattutto quando il titolo edilizio si sia formato senza i presupposti di veridicità di ogni sua rappresentazione (es. grafica e testuale che sia).

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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