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L’impossibilità di reperire dotazioni in zona totalmente urbanizzata ha portato a questa prassi “creativa”.

Gli standard urbanistici da realizzare nella formazione e attuazione degli strumenti urbanistici comunali inizia a far capolino dalla Legge Ponte.

La legge n. 765/67 introdusse modifiche sostanziali alle procedure e dotazioni minime da rispettare nella formazione dei PRG, andando ad aggiungere un particolare articolo 41-quinques alla già collaudata Legge “Fondamentale” n. 1150/42:

In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonchè rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde, pubblico o a parcheggi.

Oltre a ciò, la Legge Ponte rinviò a specifico decreto la definizione specifica in termini quantitativi e qualitativi degli standard urbanistici, ovvero il postumo DM 1444/68.

Al contempo, alla Legge Fondamentale fu aggiunto un altro importante articolo (il 41-sexies) circa i parcheggi privati da reperire obbligatoriamente per le nuove costruzioni in misura minima di 1 m2 per ogni 20 m3 (divenuta 1 a 10 con la Legge Tognoli).

Ad esempio, il reperimento di parcheggi e aree a verde in aree altamente urbanizzate e ad alta densità abitativa diviene praticamente impossibile, soprattutto entro un ragionevole raggio dall’intervento edilizio di nuova costruzione o ristrutturazione “sostanziale”.

L’impossibilità deriva sia dall’oggettiva carenza di suoli inedificati o aree da rendere pertinenziali, sia anche per l’oggettive difficoltà tecniche che spesso possono palesarsi in contesti urbani ad alta valenza storica.

Il problema poi è letteralmente esploso con l‘affermazione delle grandi strutture commerciali in aree urbane ed extra urbane, in cui molto spesso si verificano fenomeni di congestione di traffico veicolare, soprattutto nelle zone in cui le stesse strutture non risultano dotati di adeguati parcheggi pertinenziali; per questi motivi la pianificazione settoriale e normativa spesso prescrivono la dotazione di parcheggi pertinenziali proprio al fine di garantire l’ordinato svolgimento di detta attività senza gravi pregiudizi per il tessuto insediativo circostante (Cons. di Stato V n. 4059/2010).

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Il rispetto degli standard emerge sempre più spesso nell’ambito degli strumenti di governo del territorio.

Non essendo normata, la “monetizzazione” è prassi diffusa volta a sostituire la cessione delle aree da riservare a standard con l’equivalente valore monetario, soltanto quando ciò sia discrezionalmente ritenuto utile o necessario per lo stato dei luoghi.

La monetizzazione degli standard viene quantificata in genere con gli importi necessari per acquisire con esproprio i suoli, oltre ai costi aggiuntivi di trasformazione necessari.

Quanto sopra, a prescindere dalla mancanza di obbligo di piano attuativo, e quindi in caso di interventi edilizi diretti il rispetto degli standard deve essere comunque rispettato (Cons. di Stato V n. 2053/2014).

Il principio della “monetizzazione degli standard” il Consiglio di Stato è stato più volte interessato sull’argomento, posto che non è adeguatamente normato, e sul quale ha delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici.

Nell’ordinanza cautelare n. 144 del 17 gennaio 2012, il Consiglio di Stato ha espresso che la monetizzazione, a fronte di un immediato vantaggio economico in favore del Comune, comporta la sottrazione di utilità ai residenti ed influisce quindi sulla fruibilità dell’area in questione (Cons. di Stato IV n. 644/2013).

Il Comune quando opta per la monetizzazione, svolge una scelta tra questi interessi contrapposti, decidendo quindi tra mantenimento degli standard nell’area o loro monetizzazione con successiva dislocazione in zona diversa (se mai avverrà ciò, aggiungo io).

Altro aspetto sulla monetizzazione o smaterializzazione degli standard è il concreto rischio che essi siano localizzati a distanze tali da mancare l’obbiettivo di un soddisfacimento traslato.

Anche il Consiglio di Stato ha evidenziato i pericoli legati alla “smaterializzazione degli standard”, sottolineando come la monetizzazione degli standard urbanistici possa frustrare la garanzia del raggiungimento degli standard minimi.

Ciò che la giurisprudenza fa rilevare è la “marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata”, in una situazione di stretta interdipendenza, tale da determinare “la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard” (Cons. di Stato IV n. 644/2013).

In sostanza, il Consiglio di Stato ha spesso manifestato perplessità sull’efficacia e rischi derivanti dalla monetizzazione degli standard.

In caso di monetizzazione si profila un possibile peggioramento della fruibilità da parte degli degli abitanti e consumatori.

E in giurisprudenza, si trovano esempi di una considerazione complessa del concetto di vicinitas, inteso come giudizio in cui si tiene conto della natura e delle dimensioni dell’opera realizzata, della sua destinazione, delle sue implicazioni urbanistiche ed anche delle conseguenze prodotte dal nuovo insediamento sulla qualità della vita di coloro che per residenza, attività lavorativa e simili, sono in durevole rapporto con la zona in cui sorge la nuova opera (Cons. di Stato IV n. 644/2013, Consiglio di Stato, sez. IV, 29 novembre 2012 n. 6081; id., 31 maggio 2007, n. 2849).

La monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata una vicenda di carattere unicamente patrimoniale, confinata solo nell’ambito dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, in quanto si legittimerebbe paradossalmente la separazione di commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) contrapponendo la tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area (Cons. di Stato IV n. 644/2013).

La diversa individuazione degli standard urbanistici, la loro quantificazione e la possibilità che gli stessi vengano individuati con modalità alternative a quelle previste dal D.M. del 1968 è integralmente rimessa al piano regolatore generale (Cons. di Stato IV n. 644/2013), tenendo conto anche di eventuali legislazioni regionali in materia.

Anche il reperimento dei parcheggi privati negli interventi edilizi viene affrontato con la monetizzazione.

Tralasciando gli standard urbanistici, riferiamoci adesso ai soli parcheggi privati da reperire in base all’art. 41-sexies della L. 1150/42 (ancora vigente) in misura pari a 1 mq per ogni 10 metri cubi di nuova costruzione, ma anche (e soprattutto) negli interventi di ristrutturazione edilizia rilevanti.

Alcune leggi regionali consentono la monetizzazione dei parcheggi privati, ad esempio la legge regionale Liguria n.16/2008 che prevede, negli interventi sul patrimonio edilizio esistente la facoltà di surrogarlo appunto in via monetaria.

Legislazioni regionali e strumentazioni urbanistiche comunali cercano di risolvere il problema dell’oggettiva impossibilità di raggiungere la dotazione minima dei parcheggi privati, operando in favore del privato cittadino.

Possono infatti capitare spesso difficoltà esecutiva sul piano dimensionale ma anche funzionale relativo al concreto uso degli spazi destinati a ciò, come porzioni di suolo non utilizzabili a causa della particolare forma, per le ridotte dimensioni ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero per difficoltà di accesso); in questo caso la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41 sexies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito (Consiglio di Stato IV n. 2916/2013, Consiglio di Stato IV n. 616/2014).

Detto ciò, si spera che sia scongiurato il rischio che la monetizzazione diventi strumento per ripianare bilanci comunali.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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