Regolamento Edilizio Tipo stabilisce che sporti inferiori a 1,50 metri non rientrano in sagoma dell'edificio
Il carattere premiale e derogatorio è ammissibile ai soli interventi di demolizione e ricostruzione
Occorre premettere che a volte gli interventi di ristrutturazione edilizia richiedono la necessità di modificare la sagoma dell’edificio preesistente, situato all’interno del lotto edificato.
Capita spesso di intervenire su tipologie edilizie costruite decenni fa, e mi riferisco alle nostre periferie anche anteriori al D.M. 1444/68. Sto parlando del Decreto attuativo della famosa legge ponte n. 765/67, che ha disposto delle distanze minime da rispettare in ambito dell’edificazione.
Ciò significa che l’ubicazione di molti edifici è stata legittimata anteriormente al DM 1444/68, e quindi oggi appaiono posizionati nei propri lotti di riferimento con distanze minime dai confini ed edifici previsti all’epoca, meno restrittive di quelle più moderne.
Non dimentichiamoci che i Regolamenti Edilizi e Piano Regolatori vigenti all’epoca potevano aver già disciplinato e prescritto distanze minime in senso più restrittivo, prima dello stesso D.M. 1444/68.
[ DISTANZE LEGALI: APPROFONDIMENTI ]
Di conseguenza gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti modifiche di sagoma o delle volumetrie in queste zone possono trovare difficoltà a rispettare le più severe distanze minime sopravvenute.
Infatti la conformazione dei lotti edificati e delle volumetrie è tale che le dimensioni dei lotti non consentano modifiche di sedime e sagoma degli edifici, rispettando le distanze minime tra edifici e dai confini vigenti.
Questa limitazione progettuale e di intervento potrebbe avvenire non solo in senso planimetrico, ma anche in elevazione, perchè “compressa” dalle rispettive distanze legali minime dagli edifici e confini adiacenti.
Possibile derogare le distanze minime da confini e costruzioni, a certe condizioni
Il D.L. 76/2020 ha modificato profondamente l’art. 2-bis comma 1-ter del DPR 380/01, il Testo Unico per l’edilizia. Meglio riportare la versione integrale:
«In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela»;
La novella è assai chiara:
- prende consapevolezza dell’impossibilità a rispettare le distanze legali minime vigenti in un tessuto insediativo costruito decenni fa;
- concede limitate possibilità e deroghe alle distanze minime per incentivare il recupero del patrimonio esistente;
- mantiene un maggior livello di tutela verso i centri e nuclei storici, particolari contesti di prego storico sottoponendoli a strumenti urbanistici attuativi.
- Nelle Zone omogenee A, e altre zone “speciali” bisogna comportarsi diversamente, e passare attraverso appositi piani urbanistici attuativi o particolareggiati del Comune, ecc.
Peraltro, è una disciplina che va a integrare in senso positivo quelle regionali preesistenti, che in diversi modi (efficaci o meno) hanno tentato già prima di superare questa difficoltà.
Certamente, è il caso di ripetere anche in questo caso che restano salve le diverse previsioni e limitazioni in senso pianificatorio, a livello regionale e/o comunale in senso contrario.
Faccio un esempio: se uno strumento urbanistico intende tutelare un edificio e le sue particolari caratteristiche architettoniche della sagoma, può comunque prescrivere il mantenimento della stessa (con adeguata motivazione, ovvio). E in questo modo prevarrebbe verso l’innovazione consentita dall’art. 2-bis comma 1-ter DPR 380/01.
Molto spesso le innovazioni normative nazionali si vanno poi a scontrare con quelle del Piano Regolatore comunale.
La deroga alle distanze legali può valere verso le ristrutturazioni edilizie senza demolizione e ricostruzione?
La risposta è secca in quanto la norma stessa dispone che la deroga alle distanze minime dagli edifici e dai confini vale <<in ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici>>.
La circostanza vale anche per gli eventuali incentivi (incrementi) volumetrici previsti, per realizzarli fuori dalla sagoma preesistente e col superamento in altezza dell’edificio esistente demolito.
C’è ancora poca giurisprudenza, ma a riprova di quanto sostenuto finora, vorrei menzionare la sentenza TAR Salerno n. 1358/2021 che chiarisce e conferma i limiti applicativi della deroga, ecco i passaggi centrali:
– per il suo carattere premiale e derogatorio, la norma dianzi citata è da intendersi di stretta interpretazione, così da escludere margini per applicazioni analogiche, quale quella propugnata dal ricorrente, che arriva ad assimilare la ristrutturazione non solo ‘pesante’, ma anche ‘leggera’ alla demo-ricostruzione; (il ricorrente riteneva di poter derogare senza effettuare demolizione e ricostruzione dell’edificio, ndr).
– pertanto, posto che menziona i soli interventi di demolizione e ricostruzione, essa non può considerarsi estensibile ad altre tipologie edilizie;
L’art. 2 bis, comma 1 ter DPR 380/2001 ha un carattere premiale e derogatorio, e intende incentivare la demo-ricostruzione di edifici fatiscenti e non efficienti, anche dal punto di vista energetico/ambientale, facendo riferimento ai principali parametri urbanistici (sagoma, altezza e distanze legali) di fabbricati preesistenti destinati ad essere abbattuti e riedificati.
Per quanto riguarda le zone “speciali” previste nel secondo periodo comma 1-ter art. 2-bis DPR 380/01, la demolizione e ricostruzione degli edifici è rinviata alla disciplina degli strumenti attuativi (Piano di recupero e particolareggiati). Quindi in queste zone, le deroghe facilitate come sopra non valgono in automatico, e dovranno essere eventualmente riconosciute in sede di loro stesura e approvazione.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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