Sanzione pecuniaria sostitutiva a demolizione ex articolo 38 DPR 380/01 resta l'unica deroga all'ordinaria disciplina

Neanche la sanzione pecuniaria sostitutiva alla demolizione degli abusi insanabili risolve il mancato rispetto delle distanze legali
Ipotizzando per un attimo che due edifici con pareti finestrate, costruiti in epoca successiva al D.M. 1444/1968, si fronteggino a 9,50 metri anziché a dieci metri, superando cioè anche la nuova tolleranza del 2% introdotta con legge Salva Casa. Tale posizionamento è avvenuto perchè il secondo edificio è stato realizzato in corso d’opera con difformità dal titolo abilitativo, ed essendo in contrasto alla distanza minima inderogabile di 10 metri tra costruzioni, risulta insanabile per carenza di doppia conformità alla disciplina urbanistico-edilizia.
A questi punti, la cosiddetta “fiscalizzazione edilizia” potrebbe consentire la risoluzione del problema, mediante pagamento di una forte sanzione pecuniaria in alternativa alla sicura ordinanza di demolizione? In altre parole, è possibile applicare la fiscalizzazione ai sensi dell’articolo 34, secondo comma, DPR 380/01, derogando anche il rispetto delle distanze minime imposte ai fini urbanistici e sanitari, di natura inderogabile, di cui all’articolo 9 D.M. 1444/68? Risposta negativa.
Il principio è illustrato bene nella sentenza di Consiglio di Stato n. 4950/2025, in cui nella fattispecie viene esclusa la parziale difformità dal permesso (art. 34 TUE), inquadrando l’abuso edilizio invece eseguito in assenza di permesso (art. 31 TUE), per un opera risultata di sopraelevazione di un fabbricato a distanza inferiore dei dieci metri stabiliti dall’articolo 9 D.M. 1444/68. L’anzidetta sentenza ha ritenuto corrette le argomentazioni opposte dal Comune nei confronti del richiedente interessato alla fiscalizzazione, affermando che:
c) la previsione dell’art. 9 del d.m. 1444/1968 (che prescrive una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti) è norma tassativa e inderogabile, sicché va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile. Il che impedisce la facoltà di ottenere la fiscalizzazione dell’abuso. Sul punto, a confutazione delle osservazioni delle SS.LL. in data 27/01/2023 si rileva che:
c.1) le distanze tra le costruzioni di cui al citato D.M. 1444/1968, norma inderogabile, sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al Comune non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell’applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi;
c.2) non si condivide l’interpretazione del vigente quadro normativo proposta dalle SS.LL. Per intanto nel d.P.R. n. 380/2001 non si rinviene alcun “art. 2 bis comma 3”. Forse si è inteso fare riferimento all’art. 2-bis comma 1-ter dello stesso d.P.R. n. 380/2001 (che ammette la demolizione e ricostruzione degli edifici con ampliamenti e con superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, purché nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti). Ciò detto la stessa norma impone il rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, che in questa circostanza non sono state osservate. Si osserva in proposito che la giurisprudenza ha già avuto modo di osservare, in fattispecie analoghe, che il proprietario dell’area confinante col muro finestrato altrui deve costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti. La disposizione dell’art. 9 del DM 1444/1968 va rispettata in tutti i casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile;
Esistono poche deroghe alla distanza minima di 10 metri, tuttavia sono ben circoscritte: la più corposa riguarda il mantenimento di edifici con distanze legittimamente esistenti, quando avvengono interventi di demolizione e ricostruzione, così come stabilito dall’articolo 9-bis, comma 1-bis, DPR 380/01. In tal senso, non è possibile neppure derogare con l’usucapione di servitù oppure con accordi privatistici tra frontisti e confinanti, in quanto il Comune non può considerare gli “accordi” raggiunti dalle stesse SS.LL. con il signor (omissis), in quanto la giurisprudenza amministrativa ha affermato che gli accordi tra privati che mirano ad introdurre deroghe alle disposizioni in materia di distanze tra fabbricati sono invalide poiché le norme contenute nel D.M. 1444/1968 rivestono carattere assoluto ed inderogabile, atteso che mirano non soltanto ad evitare intercapedini dannose o pericolose, ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una determinata zona e la densità degli edifici.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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