Convertire ad uso abitativo parti comuni esistenti qualifica aumento di carico urbanistico
Immobili situati in zona agricola: opportuno verificarne la destinazione d’uso rurale o civile.
In materia di deruralizzazione e ruralità degli immobili si propone una sintetica chiave di lettura non esaustiva.
Prima di operare possibili trasformazioni e operazioni commerciali sugli immobili occorre analizzare vari aspetti, in particolare quello della destinazione d’uso ufficiale in atto, e quindi legittima, relativa all’immobile.
Ciò è possibile farlo attraverso tutte le pregresse pratiche edilizie e, in loro totale mancanza, incrociando gli eventuali dati catastali o citati negli atti di trasferimento immobiliare.
Se l’immobile fosse situato in territorio “aperto” o rurale, dicasi le “Zone E” del DM 1444/68, occorre da subito individuare se sia legittimamente d’uso civile o agricolo.
RURALITA’ E DERURALIZZAZIONE CON LA BUCALOSSI
Il concetto di ruralità degli immobili, intesa come legittima destinazione d’uso agricola dell’immobile, prende forma con la Legge 10/1977 Bucalossi, quella che introdusse il nuovo regime dell’edificabilità dei suoli soggetto alla corresponsione degli oneri d’urbanizzazione.
La stessa norma prevedeva per alcuni casi la gratuità della concessione, tra cui « per le opere da realizzare nelle zone agricole ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 ».
Sempre la stessa Legge 10/77 non stabiliva con chiarezza il concetto di destinazione d’uso, soprattutto con distinzione netta tra civile e rurale.
E’ pur vero che la stessa norma, attraverso una lettura combinata degli articoli 9 comma 1 lett. a) e dell’art. 10 comma 3, lasciava emergere implicitamente che la gratuità della concessione riservata agli immobili dei fondi rustici era condizionata al suo mantenimento d’uso in atto per dieci anni dall’ultimazione della Concessione stessa. In caso contrario poteva essere richiesta la corresponsione del contributo concessorio in misura massima.
Art. 10 comma 3 Legge 10/1977: Qualora la destinazione d’uso delle opere indicate nei commi precedenti, nonché di quelle nelle zone agricole previste dal precedente articolo 9, venga comunque modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori, il contributo per la concessione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento della intervenuta variazione.
La norma sottaceva in caso di decorrenza decennale dalla fine dei lavori, ovvero:
decorso tale termine, il mero cambio d’uso da rurale a civile, ancorché sottoposto a idoneo titolo edilizio, era da ritenersi gratuito?
LEGGE 47/85 E DESTINAZIONE D’USO
Non è possibile rispondere con esattezza alla domanda precedente, infatti non passarono neppure dieci anni dalla promulgazione della L. 10/77 in quanto fu emanata la prima legge sul condono edilizio straordinario.
Con essa la legiferazione dell’onerosità o meno sul cambio di destinazione d’uso fu demandata alle Regioni attraverso l’art. 25 comma 4 (nella versione modificata dalla L. 47/85):
4. Le leggi regionali stabiliscono quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, subordinare a concessione, e quali mutamenti, connessi e non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti siano subordinati ad autorizzazione.
Prima di proseguire, suggerisco questo mio video sul cambio di destinazione d’uso:
D.L. 557/1993: UNA MINI-SANATORIA DERURALIZZANTE ?
Tralasciando il quadro normativo regionale e le relative evoluzioni, sul piano nazionale si tornerà a parlare di ruralità e deruralizzazione col Decreto Legge n. 557 del 30 dicembre 1993 convertito in L. 133/1994, in particolare con l’art. 9 venivano gettate le basi per la riforma del Catasto.
Art. 9. comma 9
Per le variazioni nell’iscrizione catastale dei fabbricati già rurali, che non presentano più i requisiti di ruralità, di cui ai commi 3, 4, 5 e 6, non si fa luogo alla riscossione del contributo di cui all’articolo 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , ne’ al recupero di eventuali tributi attinenti al fabbricato ovvero al reddito da esso prodotto per i periodi di imposta anteriori al 1 gennaio 1993 per le imposte dirette, e al 1 gennaio 1994 per le altre imposte e tasse e per l’imposta comunale sugli immobili, purché detti immobili siano stati oggetto, ricorrendone i presupposti, di istanza di sanatoria edilizia, quali fabbricati rurali, ai sensi e nei termini previsti dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 , e vengano dichiarati al catasto entro il 31 dicembre 1995, con le modalità previste dalle norme di attuazione dell’articolo 2, commi 1-quinquies ed 1-septies, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75 .
Facendo attenta lettura di questo articolo emerge che gli immobili che abbiano perso i requisiti di ruralità (quindi tra il 1977 e 1995) non sono assoggettabili alla richiesta di contributo della “Bucalossi” (Oneri + Costo di Costruzione, ndr) qualora ricorrano due condizioni contemporanee:
- che gli immobili siano iscritti al Catasto Fabbricati entro il 31 dicembre 1996 (prorogato col D.L. 250/1995 conv. in L. 349/1995;
- che essi siano stati oggetto di istanza di sanatoria edilizia ai sensi della L. 47/85;
Aggiornamento del 18 dic 2018: il suddetto termine al punto 1, per l’iscrizione al Catasto Fabbricati, è stato poi prorogato come segue (ringrazio l’Arch. Feola per l’appunto):
- al 31 dicembre 1997: con L. 662/1996 art. 3 comma 156;
- al 31 dicembre 1998: con L. 449/1997 art. 14 comma 13;
- al 31 dicembre 1999: con L. 448/1998 art. 6 comma 4;
Con l’art. 6 comma 5 L. 448/1998 è stata concessa facoltà ai Comuni di applicare le disposizioni previste dal comma 9 articolo 9 D.L. 557/1993 (conv. in L. 133/1994), a decorrere dal termine previsto per l’iscrizione al catasto dei fabbricati già rurali che non presentano più i requisiti di ruralità.
Si tratta di un aspetto importante perchè diventa facoltativa l’applicazione di questa richiesta, ma vorrei precisare di fare attenzione comunque alle leggi regionali in materia.
Adesso passiamo ad analizzare i due punti relativi al termine temporale e l’istanza di sanatoria.
Non vi sono ambiguità e incertezza sul punto relativo al termine di accatastamento, intesa come condizione distinta e non confondibile con quella urbanistica.
Sull’altro aspetto invece ci sono ambiguità: il Legislatore nazionale intendeva riferirsi alle sanatorie edilizie straordinarie (ovvero il Condono Edilizio ex art. 31 della L. 47/85) o intendeva riferirsi anche o solo alla regolarizzazione urbanistica operata con la sanatoria ordinaria ?
Per quanto finora osservato nel mio ambito geografico di lavoro ho potuto riscontrare l’applicazione estensiva del regime di sanatoria ordinaria, ovvero ritenendo necessario l’accatastamento urbano ante 31/12/1995 (poi prorogato come detto prima) per ottenere l’allora concessione edilizia in sanatoria o accertamento di conformità.
Per le deruralizzazioni da effettuare in assenza dell’avvenuto accatastamento anteriore al predetto termine prorogato più volte come sopra, è necessario corrispondere gli oneri attraverso gli idonei titoli edilizi previsti in base anche alle rispettive norme regionali vigenti.
IN TOSCANA
Alcune Regioni si adoperarono prontamente per affrontare questo aspetto, ad esempio la Toscana provvide ad emanare apposita Legge regionale 64/1995 con cui introdusse gli oneri “verdi” per gli interventi di deruralizzazione relativi ad immobili situati in territorio aperto, con importi equiparati a quelli della nuova costruzione.
A chiusura del presente articolo vorrei esporre un caso capitatomi nel 2010 in Toscana per un immobile mai deruralizzato e mai accatastato, una volta situato in territorio aperto e incluso in una densa zona di espansione urbana negli ultimi dieci anni.
Ci ponemmo col un collega il dubbio se tale l’espansione urbana avesse deruralizzato ufficialmente l’immobile: a fronte di formale istanza presentata al Comune, ricevemmo altrettanta formale risposta con cui veniva confermata la nostra ipotesi ovvero che occorre presentare una pratica di deruralizzazione (SCIA) esentata dal pagamento degli oneri di deruralizzazione.
La cosa ci lasciò sorpresi, positivamente. L’occasione è gradita per invitare all’ascolto del seguente podcast, che puoi seguire anche dalle migliori App come Spotify, Spreaker, iTunes e molte altre.
La cosa ci lasciò sorpresi, positivamente.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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