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Il provvedimento può essere ritirato anche a distanza temporale, previa sussistenza di interesse pubblico nei confronti dei privati destinatari

Ipotizziamo questa fattispecie: la domanda di concessione edilizia aveva per oggetto la costruzione di un ristorante all’interno di un villaggio turistico. La concessione viene rilasciata nel 1992 senza tener conto del vincolo di inedificabilità assoluta (fascia di 300 m dalla battigia), disposto allora dall’art. 51 della L.R. Puglia n. 56/1980. Tale normativa regionale intendeva salvaguardare il paesaggio e porlo come interesse pubblico prevalente su quello dell’edificazione privata.

Nel 2001 l’ufficio tecnico comunale ha accertato il rilascio della C.E. avvenuto in assenza dei necessari presupposti, in quanto l’opera è situata entro tale fascia di inedificabilità, quindi non autorizzabile in nessuna ipotesi.

In casi simili è difficile, se non impossibile, fornire certezza alla “intoccabilità” della concessione rilasciata a fronte di revisione della P.A. Eppure non sono infrequenti i casi di concessioni edilizie (o permessi di costruire) rilasciati in carenza dei necessari presupposti, come ad esempio i vari nulla osta o autorizzazioni dei vari enti collaterali.

Certamente, la questione ruota tutta attorno all’adeguata e corretta motivazione dell’annullamento, e delle particolari condizioni al contorno.

La motivazione dell’annullamento d’ufficio si è basata sull’avvenuto rilascio della concessione violando l’inedificabilità assoluta prevista dal vincolo paesaggistico; essa è sufficiente per legittimare il provvedimento di autotutela adottato, valutando la superiorità dell’interesse pubblico alla salvaguardia del Paesaggio (Cons. di Stato n. 338/2020).

A tal proposito è utile riportare il principio chiarificatore in materia di annullamento di titoli abilitativi rilasciati: l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8/2017 ha fissato un giusto equilibrio tra il ripristino della legalità violata e la conservazione dei diritti acquisiti, ma soltanto in relazione al rilascio di una sanatoria edilizia che poi è risultata illegittima, considerando anche il tempo trascorso tra il rilascio della sanatoria e quello dell’annullamento.

La stessa Adunanza Plenaria ha stabilito che, nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241-1990 – per come introdotto dalla l. 15-2005 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.

Tra notevole decorso del tempo e legittimo affidamento.

Lo scorrere del tempo può ingenerare un legittimo affidamento nel privato?

In altre parole: è possibile che una Pubblica Amministrazione possa tornare a mettere in discussione una pratica edilizia rilasciata da tempo?

La risposta è affermativa, ma esistono alcune condizioni al contorno da precisare. La P.A. quando rilascia un titolo edilizio deve:

  • svolgere accertamenti preventivi;
  • verificare il rispetto delle normative/strumenti urbanistici dell’intervento;
  • verificare che la documentazione sia completa e veritiera.

Per questo la P.A. non può effettuare una valutazione superficiale, accorgersi dell’errore commesso e annullare l’atto rilasciato senza adeguata motivazione (Cons. di Stato n. 338/2020).

Continuando a fare riferimento all’Adunanza Plenaria n. 8/2017 del Consiglio di Stato, in materia di annullamento d’ufficio o autotutela di titoli edilizi rilasciati, occorre rammentare che:

  • il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
  • l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);
  • la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte.

Il consiglio che vorrei condividere è che, in caso di verifiche immobiliari, sia alquanto necessario verificare la validità o il possibile rischio di annullamento di permessi. Anche a distanza di anni.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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