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Cassazione ha rammentato i limiti di affidamento sulle informazioni contenute nel C.D.U. rilasciato dal Comune

Se da una parte il certificato di destinazione urbanistica contiene una serie di informazioni relative al lotto oggetto di interesse, quali le previsioni edificatorie, le prescrizioni e altro, dall’altra parte non può garantire un livello dettagliato di informazioni in tal senso. Questa è la conclusione che possiamo trarre dalla lettura dell’ordinanza di Cassazione Civile n. 6469/2025, riguardante una presunta negligenza contestata al Comune, avendo sottaciuto la presenza di nuovi vincoli idrogeologici tali da incidere sulle capacità edificatorie dell’area interessata, per cui il nuovo proprietario ha avviato azione per risarcimento danni contro il Comune. Più dettagliatamente, è emerso che dal Certificato di destinazione urbanistica il Comune avesse attestato l’edificabilità delle aree, senza tuttavia evidenziare la presenza di vincoli imposti dal Piano Assetto Idrogeologico, che ne escludevano la edificabilità. Il P.A.I. è uno strumento di pianificazione del territorio “settoriale”, cioè emanato con particolari finalità di sicurezza idraulica e idrogeologica.

La Cassazione, nel dichiarare inammissibile la richiesta danni, ha affermato che il PAI è un altro strumento comunale di pianificazione territoriale che già sottoponeva l’area a vincoli di inedificabilità, avendo efficacia erga omnes ed essendo a sua volta assistito dalla presunzione legale di conoscenza verso tutti i cittadini, rende privo di decisività il fatto asseritamente omesso. In definitiva, non basta ottenere il certificato di destinazione urbanistica per conoscere le relative capacità edificatorie, i limiti e gli effetti vincolistici, occorre svolgere una puntuale verifica di Due Diligence urbanistica presso tutti gli strumenti urbanistici e strumenti di pianificazione territoriale, anche diversi da quelli comunali.

Lo stesso principio di presunzione di conoscenza di quanto contenuto negli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale è stato ribadito anche nelle fattispecie di compravendita immobiliare, descritto in precedente approfondimento sul blog. Il P.R.G. è uno strumento urbanistico ed è fonte normativa secondaria, e come tale assistito da una presunzione legale di conoscenza da parte di tutti: il compratore non può invocare come fonte di responsabilità del venditore la mancata dichiarazione nell’atto traslativo delle prescrizioni di piano quali oneri gravanti (vedi anche Cass. Civ. Ord. n. 1441/2024).

Caso mai, il rilascio di un CDU  attestante qualità edificatoria errata di un’area costituisce comportamento colposo del funzionario, e quindi astrattamente idoneo a risolversi in un illecito civile con conseguente configurabilità di un’obbligazione risarcitoria della P.A. verso l’acquirente della medesima area (Cass. Civ. III n. 16496/2017).

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A cosa serve il Certificato di destinazione urbanistica

Il C.D.U. fu introdotto per la prima volta con L. 47/85 come strumento di contrasto alla lottizzazione abusiva, e da allora ha mantenuto praticamente le medesime procedure e finalità con trasfusione nell’articolo 30 del Testo Unico Dpr 380/01. Il CDU infatti è un elemento di supporto del convincimento della parte acquirente (Cass. Civ. n. 16496/2017), ma non bisogna riporre totale affidamento nelle informazioni contenute in esso. Premesso che sulla natura e finalità del certificato di destinazione urbanistica consiglio una precedente guida aggiornata, trovo utile riprendere la definizione contenuta nella sentenza TAR Bari n. 272/2025:

«Il certificato di destinazione urbanistica è rilasciato sulla base di consolidati documenti e atti, collazionati nel tempo e nella disponibilità dell’amministrazione, quale depositaria ufficiale degli stessi, che indi “certifica” (ossia rende certi) la condizione giuridica dei terreni, qual risulta in base al contenuto di atti pubblici preesistenti. Esso è diretto ad effettuare una ricognizione della qualificazione urbanistica dell’area, con le indicazioni delle previste prescrizioni, per come attribuita dagli strumenti urbanistici generali e connesse varianti. In effetti, il certificato di destinazione urbanistica, alla sua piana lettura, riepiloga nel dettaglio la disciplina urbanistica ed edilizia territoriale, dando per verificati i presupposti della stessa. Rientra così un tal atto nella categoria degli atti di certificazione, redatti dal pubblico ufficiale, aventi carattere dichiarativo, ossia certificativo del contenuto di atti pubblici preesistenti e formati dalle preposte autorità pubbliche, talché assurge a atto dichiarativo e/o ricognitivo di fatti materiali o qualità obiettive, che risultando da pubblici registri o documenti ed è munito della correlata fede privilegiata. […] Una volta, quindi, auto-certificata una data condizione dei terreni, specie se sussistono coeve e conformi risultanze in plurimi uffici pubblici, è la P.A. che ne dubiti la consistenza e/o abbia la necessità di reperire determinati atti anteriori a doverli ricercare nei propri archivi, non il privato»

Occorre sottolineare un concetto espresso sopra: il ruolo del C.D.U. è di riepilogare la situazione urbanistica e territoriale dell’area interessata, non si poteva riassumere meglio. Alcuni Comuni si sono dotati di portali tecnologici in grado di restituire molte informazioni circa le prescrizioni, norme e vincoli presenti sul lotto, addirittura mediante sistemi informativi territoriali che restituiscono in tempo reale tali informazioni.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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