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In quale misura il rischio di evizione incide sulla perdita di garanzia e inadempimento del venditore

Nelle fasi successive all’accordo l’emersione di problemi può suscitare dubbi nell’acquirente a proseguire l’affare, e l’ordinanza di Cassazione Civile n. 21254/2025 affronta un caso interessante, con cui ha accolto il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 2643/2019, concernente un contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato nel 2007.

L’acquirente aveva versato € 40.000,00 “a titolo di conferma in conto prezzo e caparra confirmatoria” e, successivamente, esercitato il diritto di recesso contestando un (presunto) inadempimento dei promittenti venditori, lamentando cioè la presenza di rifiuti e un’incertezza sul confine del “resede tergale” relativo allo sconfinamento da parte del vicino. La Corte d’Appello aveva ritenuto legittimo il recesso, escludendo che la somma versata potesse qualificarsi come caparra confirmatoria ai sensi dell’art. 1385 c.c., e ordinandone la restituzione.

I ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 1460, 1481, 1483, 1453 e 1455 del Codice Civile sostenendo che non sussistesse un pericolo effettivo di evizione e che la Corte territoriale avesse omesso di accertare la gravità dell’inadempimento. Secondo i ricorrenti, l’art. 1481 c.c. – applicabile anche ai contratti preliminari (Cass. nn. 3450/1984, 402/1985, 8002/2012, 31314/2019) – consente al promissario acquirente di sospendere il pagamento solo in presenza di un pericolo attuale, concreto e grave di evizione, fondato su elementi oggettivi e non su timori soggettivi (Cass. n. 32694/2019; Cass. n. 2141/1994; Cass. n. 8571/2019).

La Cassazione ha ritenuto fondati i motivi del ricorso: la Corte d’Appello ha erroneamente valorizzato esclusivamente la permanenza del rischio di evizione per giustificare il recesso, senza però verificare in concreto la sussistenza dei presupposti oggettivi richiesti dall’art. 1481 c.c., né valutare la proporzionalità dell’inadempimento ai sensi degli artt. 1453-1455 c.c., come richiesto anche in ipotesi di recesso ex art. 1385 c.c. (Cass. n. 398/1989, Cass. nn. 409/2012, 12549/2019, 21206/2019).

Dagli atti emergeva, infatti, che il vicino fosse disponibile a collaborare per la ridefinizione dei confini e che un accordo fosse stato raggiunto, senza che ciò fosse adeguatamente considerato dal Tribunale di primo grado. Inoltre, la determinazione unilaterale di un termine da parte della promissaria acquirente per regolarizzare la situazione non può fondare di per sé il diritto al recesso, essendo previsto dall’art. 1481 c.c. un diverso meccanismo di tutela (sospensione del pagamento e obbligo del venditore di fornire garanzia).

La Cassazione ha quindi provvedito a cassare e a rinviare la sentenza impugnata alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, affinché rivaluti la controversia attenendosi ai seguenti principi di diritto:

  1. Il pericolo di evizione ex art. 1481 c.c. – applicabile anche al contratto preliminare – deve essere effettivo, concreto e grave, non potendosi risolvere in un timore soggettivo o meramente presuntivo.
  2. L’esercizio del recesso ex art. 1385 c.c. richiede, anche in presenza di un pericolo di evizione, la verifica della sussistenza, gravità e proporzionalità dell’inadempimento ai sensi degli artt. 1453-1455 c.c.

Il pericolo di evizione, quanto l’inadempimento, richiedono una sostanziale incidenza sul bene immobile, non potendo risultare sufficiente una lieve problematica per recedere dal contratto preliminare di vendita, o per far dichiarare la risoluzione per inadempimento. Deve infatti emergere una certa caratteristica di gravità per giustificare il mancato adempimento.

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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