Non ha senso stimare il valore dell'immobile senza accertare lo Stato Legittimo, l'abusività pregiudica la garanzia ipotecaria

Come ovviare all’assenza di titoli abilitativi nella ricostruzione dello Stato Legittimo dell’immobile
La possibilità di stabilire lo Stato Legittimo “desunto” è contenuta nel Testo Unico dell’Edilizia all’art. 9-bis, commi 1-bis, nell’ultima frase, peraltro riformulata anche dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa”. Essa stabilisce un rimedio alternativo nei casi di irreperibilità pratiche edilizie depositate a suo tempo negli archivi comunali: il principio di prova per la legittimazione edilizia può essere soddisfatto mediante esibizione di altri elementi e documenti dotati di valenza probatoria. Per maggiore precisione, si riporta l’intera definizione di stato legittimo, evidenziando in grassetto la frase finale:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorrono altresì il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6 e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.
È stato previsto un meccanismo di tutela per i casi in cui l’accesso agli atti risulti negativo in merito a pratiche edilizie depositate in passato, di cui si conoscono gli estremi di deposito o rilascio, mediante appositi elenchi, rubriche e registri pubblici del Comune. La legge “Salva Casa” ha integrato anche quest’ultima previsione dedicata allo Stato Legittimo “desunto” per titoli non più disponibili, prevedendo due possibili motivazioni:
- copia insussistente: si conosce la collocazione in archivio e i dati di archizione, sopratutto grazie all’inventario effettuato in passato, mediante elenchi o registri delle pratiche (es. Licenza edilizia rilasciata il 23 febbraio 1968 con numerazione 23/1968). Potrebbe anche accadere che la numerazione e gestione degli inventari sia stata dispersa, modificata o sostituita;
- estremi indisponibili: potrebbe capitare che il Comune non abbia redatto un adeguato inventario delle licenze edilizie in passato, che non lo abbia prodotto affatto in certe epoche, oppure che sia stato smarrito. Tenuto conto che il Comune potrebbe (e dovrebbe) ricostruire l’indice delle pratiche edilizie tramite inventario, potrebbe diventare complesso farlo in alcune realtà complesse o per scarsità di risorse. Risulta allora possibile fornire un principio di prova alternativo del passato rilascio di licenza edilizia, sempre tramite documentazione probante. Per fare un esempio che mi è capitato, in un certificato di abitabilità rilasciato nel 1976 non sono riportati gli estremi della licenza edilizia, ma è scritto che essa è stata richiesta nel 1973 e rilasciata nel 1974. Oppure, un altro caso potrebbe essere l’errata assegnazione del numero di procotollo o del titolo edilizio.

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Lo Stato Legittimo dell’immobile può essere dimostrato in via indiziaria, attraverso le informazioni catastali di primo impianto o altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, integrato con eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. La disposizione prende chiaramente atto delle difficoltà probatorie di rintracciare titoli edilizi di un’epoca nella quale non vi era un’esigenza, comparabile a quella attuale, di documentare l’abilitazione edilizia, quando dalla ricerca emerge la loro insussistenza.
Solitamente per dimostrare lo Stato Legittimo dell’immobile, e per compararne lo stato attuale dei luoghi entro determinate tolleranze, si devono ricercare i rispettivi titoli abilitativi, segnalazioni e comunicazioni edilizi:
- Licenza edilizia
- Concessione edilizia
- Autorizzazione edilizia
- Art. 26 (modifiche interne)
- Art. 48 (modifiche interne in sanatoria)
- Condono edilizio
- Denuncia di inizio attività ordinaria o alternativa (D.I.A.)
- Permesso di costruire
- Segnalazione certificata di inizio attività ordinaria o alternativa (S.C.I.A.)
- Comunicazione di inizio lavori asseverata (C.I.L.A.)
- Le varie versioni in sanatoria/tardiva delle anzidette pratiche
- Ecc.
In sostanza, il legislatore ha previsto (finalmente) una forma di dimostrazione alternativa dello Stato Legittimo attraverso elementi documentali diversi, purché dotati di valore probatorio e caratterizzati da contenuti affidabili e una datazione attendibile. A mio avviso, si tratta di una soluzione efficace, che accoglie e sintetizza alcuni principi affermatisi nella giurisprudenza amministrativa e penale. In particolare:
- si tutela il rapporto di fiducia reciproca tra cittadino e pubblica amministrazione, tenendo conto anche del fatto che la P.A. resta comunque responsabile della corretta conservazione e custodia degli atti sensibili;
- si afferma il principio della presunzione di legittimità, salvo prova contraria;
- si favorisce un equilibrio che agevoli l’onere della prova per entrambe le parti, individuando un primo insieme di documenti con valore probatorio generale.
Comune deve attestare insussistenza pratica edilizia
Qualora risulti impossibile esibire un titolo edilizio conservato all’archivio comunale, deve rispondere dettagliando le ragioni dell’insussistenza, nell’interesse e tutela della posizione del cittadino che pone affidamento nel dovere di custodia di documenti previsti per legge.
Interessante conferma dal TAR Lazio con sentenza n. 5918/2022, con cui viene esaminata la risposta fornita da un Comune verso la richiesta di accesso agli atti per ricostruire lo Stato legittimo dell’immobile ai sensi dell’art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01. In sostanza, il Comune ha l’obbligo di rilasciare al richiedente un certificato o un’attestazione che dichiari l’inesistenza o l’insussistenza della pratica edilizia richiesta, motivando in modo puntuale le ragioni per cui non è possibile esibire la documentazione. Come chiarito dal TAR, non è sufficiente limitarsi a segnalare la semplice irreperibilità dell’atto. L’obiettivo di tale indicazione è, giustamente, quello di garantire al cittadino un riscontro formale da parte dell’amministrazione, che attesti una determinata situazione giuridica vigente in un preciso momento, attraverso un provvedimento completo, chiaro e fondato. Tale obbligo risponde all’esigenza di assicurare certezza sia alle posizioni giuridiche del cittadino, sia a quelle della pubblica amministrazione. Tuttavia, la questione si complica nei casi in cui gli archivi comunali non siano stati conservati adeguatamente.
Quando in passato non rilasciavano la licenza edilizia
A titolo informativo, è utile sapre che la giurisprudenza amministrativa ritiene valido titolo edilizio l’approvazione apposta dal Sindaco al verbale della seduta della commissione edilizia nella quale sia stato espresso parere favorevole al progetto esibito, in quanto tale atto prima dell’entrata in vigore della legge 28.1.1977, n. 10, costituiva vera e propria determinazione positiva sulla domanda, e cioè autorizzazione a costruire (sicché il documento formale di rilascio del titolo rivestiva contenuto puramente ricognitivo e non poteva essere negato, in quanto atto esecutivo e dovuto (TAR Roma n. 4983/2025, Cons. di Stato 21.5.1984, n. 376; Cons. Stato 2.12.2013, n. 5732). Ciò è stato ritenuto ammissibile anche in ossequio al pregresso regime di libertà delle forme amministrative.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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