Impedire la formazione di intercapedini insalubri o l'affaccio su esse è interesse pubblico sanitario
Applicabile tolleranza 2% alle misure minime previste dalla normativa sulle distanze legali
Difficile realizzare perfettamente precisi gli edifici rispetto alle misure progettuali contenute nei titoli abilitativi e permessi edilizi, e a maggior ragione nei tempi andati quando il livello di precisione e gli strumenti tecnici di misura erano di rango inferiore rispetto ad oggi. Gli stessi errori esecutivi e costruttivi si possono riscontrare anche in senso verticale, cioè sulle altezze minime interne di progetto, da rapportare ai minimi previsti dalle rispettive norme: la più conosciuta è l’altezza minima interna di 2,70 metri prevista per gli alloggi dal D.M. 5 luglio 1975, alla quale la legge Salva Casa ha attribuito la stessa tolleranza del 2% per le distanze legali, come illustrato di seguito, stabilendo una nuova forma di “tolleranza sanitaria”.
E’ possibile trovarsi ad operare su edifici progettati con distanze minime pari a 10 metri, e realizzati non perfettamente rispondenti e conformi alle misure indicate del progetto approvato; fino all’emanazione del decreto-legge “Salva Casa” n. 69/2024 (convertito in legge 105/2024), il rispetto della distanza minima di 10 metri era tassativo e senza margini di tolleranze. La legge Salva Casa ha provveduto a chiudere favorevolmente quel minimo dibattito sulla possibile estensione applicativa delle tolleranze 2% “normalmente” edilizie anche alle distanze legali, già avviato con alcune norme regionali e con certe prassi comunali. Tale norma ha inserito la nuova “tolleranza sanitaria e distanziale” del 2% all’interno del comma 1-ter, articolo 34-bis, del testo unico edilizia:
«Gli scostamenti di cui al comma 1 rispetto alle misure progettuali valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari».
Il testo del richiamato comma 1 è il seguente:
«1. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo».

Possiamo inquadrarla come tolleranza ibrida, in quanto riferita a parametri misurabili, verosimilmente alle tolleranze costruttive, ma non riferita alle misure progettuali, bensì riferita alle misure minime stabilite dalla normativa sulle distanze, senza fare distinzioni tra le varie tipologie (tra fabbricati, dai confini, dalle strade, eccetera).
In definitiva, il secondo periodo contenuto nel comma 1-ter dell’art. 34-bis T.U.E., ha esteso l’applicazione della tolleranza edilizia del 2% anche alle distanze legali, consentendo la possibilità di derogare fino a 9,80 metri la distanza minima di dieci metri tra edifici, prevista dal D.M. 1444/68. Tale disposizione non prevede ulteriori condizioni legati all’epoca di esecuzione, zonizzazione territoriale o vincoli in generale. Con questo, tuttavia, si consiglia di non confidare troppo in questa tolleranza distanziale del 2%, e soprattutto di non fare progetti ed esecuzione opere pianificando il discostamento.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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