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In prima applicazione le zone A e B dei Piani Regolatori furono escluse dal vincolo ambientale ex lege.

Nell’anno 1985 ero un ragazzino impegnato a giocare con le costruzioni (era destino, mi sa) e in quel periodo furono emanate due norme:

  • L. 47/85: La prima legge sul Condono Edilizio;
  • L. 431/85: La legge “Galasso” che assoggettava certe aree ai vincoli ambientali (oggi paesaggistici) di notevole interesse pubblico istituiti con decreto ministeriale.

Bene. Pensa per un attimo a colui che aveva presentato nel 1985 una domanda di condono edilizio, magari per un abuso edilizio realizzato decenni prima, e poi si è visto “piovere” un vincolo paesaggistico sul proprio edificio.

Tra l’altro, senza addentrarsi troppo, stiamo parlando di vincoli che in una prima fase in certe aree potevano vietare qualsiasi opera edilizia, tranne quelle puramente conservative.

[ QUANTI VINCOLI CI SONO IN ITALIA ? ]

Provo a spiegare meglio: cosa sono i vincoli ambientali/paesaggistici imposti per legge?

Prima della L. 47/85 erano previsti soltanto i vincoli ambientali di notevole interesse pubblico, da istituirsi ai sensi della L. 1497/1939 (e relativo regolamento di esecuzione approvato con R.D. n. 1357/1940).

Questi vincoli ambientali venivano istituiti ciascuno con apposito Decreto del competente ministero, e la loro validità è rimasta confermata dai successivi provvedimenti in materia, quali il D.Lgs. 490/99 e D.Lgs. 42/2004.

La Legge 431/85 provvide ad estendere automaticamente “per legge” l’apposizione del vincolo a certe aree, cioè senza la apposita procedura istitutiva con decreto ministeriale valevole per ciascun territorio.

Come capita spesso nelle nuove regole, ci sono pure le eccezioni. Di seguito analizziamo anche le differenze e modifiche intervenute nel corso del tempo.
Attenzione: i Piani paesaggistici regionali possono aver perimetrato e ricompreso ugualmente qualsiasi area in vincolo paesaggistico, prima di essi tramite apposito decreto ministeriale.

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La REGOLA GENERALE di estensione ex legge Galasso

  • assoggettamento automatico per legge del vincolo ambientale alle seguenti aree (art. 1 L. 431/85, trasfuso nell’art. 142 D.Lgs. 42/2004):

    a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
    b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
    c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
    d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
    e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
    f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché’ i territori di protezione esterna dei parchi;
    g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché’ percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento;
    h) le aree assegnate alle università’ agrarie e le zone gravate da usi civici;
    i) le zone umide incluse nell’elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

    l) i vulcani;
    m) le zone di interesse archeologico.

ECCEZIONI ALLA REGOLA (secondo L. 431/85)

La ricomprensione automatica di queste aree all’applicazione del vincolo ex lege non fu generalizzata. Infatti il legislatore ha deciso di esonerare da questa applicazione le aree edificate e abitate esistenti al momento dell’entrata in vigore della L. 431/85.

Ciò è avvenuto con lo stesso articolo 1 della L. 431/85, anch’esso trasfuso senza modifiche sostanziali nell’art. 142 del D.Lgs. 42/2004.

In prima applicazione furono escluse dall’assoggettamento dei nuovi vincoli ambientali “ex lege” le seguenti porzioni di territorio così classificate:

  1. Zone Omogenee A del D.M. 1444/68 (centri storici e nuclei storici) delimitate dagli strumenti urbanistici (PRG),
  2. Zone Omogenee B del D.M. 1444/68 (zone edificate di saturazione) delimitate dagli strumenti urbanistici (PRG);
  3. Le altre Zone Omogenee delimitate dal D.M. 1444/68 qualora ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, come delimitati negli strumenti urbanistici (PRG);
  4. Centri edificati perimetrati ai sensi dell’art. 18 della L. 865/1971 nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici;

ECCEZIONI ALLA REGOLA (secondo D.LGS. 42/2004)

Col riordino della materia paesaggistica e beni culturali del Codice dei Beni Culturali, la suddetta eccezione è rimasta pressoché invariata.

Ci sono alcune variazioni che possiamo leggere rispetto alla versione della L. 431/85 (già introdotte a suo tempo nel comma 2 dell’art. 146 D.Lgs. 490/99).

Prima variazione: riferimento temporale al 6 settembre 1985.

Leggendo bene il comma 2 dell’art. 142 D.Lgs. 42/2004, l’esclusione dei vincoli ex lege si applica soltanto a quelle aree che risultavano classificate in quel modo alla data del 6 settembre 1985:

  1. Zone territoriali omogenee A e B delimitate negli strumenti urbanistici , ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444
  2. Zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B delimitate negli strumenti urbanistici ex D.M. 1444/68, limitatamente alle parti di esse ricomprese  in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;
  3. Centri edificati perimetrati nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ai sensi dell’articolo 18 Legge n. 865/1971.

Seconda variazione: l’avvenuta realizzazione di piani pluriennali di attuazione.

Esiste uno specifico riferimento alle zone allora perimetrate nei piani pluriennali attuativi. Infatti per esse l’attuale Codice dei Beni Culturali ha introdotto la condizione che tali previsioni siano state concretamente compiute:

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444,  come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese  in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate;

Nel comma 2 lettera B dell’art. 142 D.Lgs. 42/2004 compare questa importante condizione aggiuntiva, che pone un limite all’eccezione.

Infatti tale esclusione non vale dal momento in cui tali previsioni siano scadute senza la loro effettiva realizzazione. E siccome il riferimento temporale è al 6 settembre 1985, sono ampiamente decaduti gli effetti di quegli strumenti attuativi.

Come comportarsi in caso di Condono Edilizio

La presentazione della domanda di condono edilizio ex L. 47/85 non costituisce una sorta di “diritto acquisito” o certezza di ottenimento.

E ciò non vale sopratutto nei confronti di vincoli assoluti e relativi, imposti prima della esecuzione delle opere stesse (art. 33 L. 47/85). Tale discorso vale anche per i successivi provvedimenti di Condono edilizio straordinario, cioè quello emanato con L. 724/94 e 326/03.

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La questione comunque non cambia neanche in caso in cui tali vincoli siano stati imposti dopo l’esecuzione delle opere: si parla infatti di vincoli sopravvenuti. Essi devono comunque valutarsi nell’istruttoria per il rilascio della concessione/autorizzazione edilizia in sanatoria.

E per tornare al caso accennato all’inizio, la questione diventa importante quando occorre una valutazione delle domande per abusi edilizi compiuti sopratutto nelle zone edificate. Occorre capire con particolare attenzione se l’immobile oggetto dell’abuso ricada in area vincolata oppure no.

Occorre svolgere puntuali verifiche presso gli strumenti urbanistici, di pianificazione territoriale, piani paesaggistici, eccetera.
Particolare attenzione va posta nel verificare se l’immobile ricade in area che ha titolo all’esclusione dal vincolo paesaggistico “ex lege” imposto dalla L. 431/85, oggi trasfuso nella L. 42/2004.

Occorre fare attenzione a non commettere un errore di valutazione e individuazione della tipologia di vincolo paesaggistico.

L’esclusione del vincolo paesaggistico, come spiegato ai punti precedenti, riguarda solo quelli estesi “ex lege”, senza azzerare o incidere l’efficacia di qualunque altro vincolo previgente istituito con apposito decreto ministeriale (L’argomento vale anche per i vincoli sopravvenuti, come accennato più avanti).

E appunto, la Legge Galasso n. 431/85 non ha escluso “tout court” ogni tipo di vincolo paesaggistico, bensì ha escluso certe aree dalla nuova istituzione dei vincoli paesaggistici “ex lege”.

ESEMPIO PRATICO: fattispecie analizzata nella sentenza n. 425/2020 del Consiglio di Stato.

Immobile oggetto di Condono edilizio ex L. 326/03, situato in zona omogenea B con previgente vincolo paesistico (bellezza di insieme) istituito con D.M. del 2 aprile 1954.

In questo caso, la domanda di condono è stata respinta in quanto aveva per oggetto una categoria di abuso “grave” (numeri 1,2,3 dell’Allegato 1 del D.L. 269/2003 convertito in L. 326/03) compiuta su area vincolata prima del compimento delle stesse opere.
Inoltre, non scattava l’esclusione applicativa del vincolo in quanto esso era stato istituito con D.M. del 1954, e non ex lege.

Pertanto, non poteva scattare il beneficio di esclusione del vincolo, come invece richiesto dalla parte ricorrente.

Rimane quindi un consiglio pratico da condividere: occorre fare puntuali verifiche circa la tipologia ed efficacia del vincolo, ad oggi e alla data indicata dalla normativa.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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