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Consiglio di Stato conferma l’insufficienza della buona fede in discolpa di ordinanze di demolizione per illeciti datati

Un’altra sentenza amministrativa colpisce l’ignaro acquirente dell’immobile, il quale paga pegno per tutte le irregolarità ivi presenti, anche se non sia il responsabile diretto e concreto dell’illecito edilizio. La buona fede non va mai intesa come scusante del proprio comportamento qualora siano contestati illeciti edilizi sull’immobile; anzi, la buona fede non paga mai, sotto tutti i punti di vista.

Sul blog si era già consigliata la massima diligenza fin dalle fasi preliminari ed esplorative dell’immobile, perchè una volta acquistato l’immobile, subentra anche in tutti quei profili sanzionatori e repressivi che responsabilizzano il neo-proprietario verso la permanenza di abusi. Sul punto è intervenuto nuovamente il Consiglio di Stato il quale, con sentenza n. 5318/2025, aveva per oggetto un ricorso contro l’ordinanza di demolizione di un soppalco abusivo realizzato senza titolo abilitativo, al piano terreno di un immobile acquistato da lui. Il Comune, aveva correttamente inquadrato l’illecito edilizio come una ristrutturazione edilizia “pesante” ai sensi dell’articolo 33, comma 3, del D.P.R. 380/01, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi. La sentenza ha anche confermato che:

«Il proprietario tuttavia risponde a pieno titolo dell’abuso ancorché non ne sia il materiale esecutore (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato n. 655/2024 e n. 237/2023): senza che tale conclusione possa ritenersi in contrasto con i parametri, anche sovranazionali, evocati dall’appellante avuto riguardo alla specifica fattispecie dedotta».

Non serve neppure invocare il notevole tempo trascorso tra l’avvenuta esecuzione dell’abuso, comprovabile da documenti probanti (es. foto aeree, catasto, eccetera) e oggi, perchè l’ordinamento non concede alcuna prescrizione o decadenza sotto il profilo amministrativo nei confronti degli abusi edilizi. Infatti, è stato ribadito il principio emerso dall’Adunanza plenaria n. 9/2017 del Consiglio di Stato:

«Nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione di un abuso edilizio, la mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo; allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata».

Alla luce di quanto sopra, è stata respinta la difesa dell’appellante con cui sosteneva di essere assolutamente estraneo al presunto abuso, avendo acquistato l’immobile in epoca di gran lunga successiva alla realizzazione dell’intervento contestato.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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