Regolamento Edilizio Tipo stabilisce che sporti inferiori a 1,50 metri non rientrano in sagoma dell'edificio
La distanza tra pareti finestrate di edifici antistanti D.M. 1444/68 si calcola a tutte le parti di essi, a prescindere dalla posizione e parti fronteggianti
Sulle distanze legali la materia è complessa e in particolar modo sulle distanze minime tra costruzioni, riprendiamo la famosa distanza minima di 10 metri tra edifici istituita nell’articolo 9 c.1 punto 2 del D.M. 1444/1968:
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
E’ importante focalizzare un criterio guida su come misurare e applicare questo conteggio valevole sia ai fini pubblicistico-amministrativi ma anche ai fini civilistici, soprattutto tra edifici aventi sagome articolate e rientranze, ricordando i pochi casi eccezionali quali gronde, sporti o aggetti con finalità puramente decorative (e forse anche di balconi “minimali”).
Intanto diamo alcune nozioni preliminari:
- pareti finestrate: non solo nelle pareti munite di “vedute”, ma più in generale in tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (APPROFONDIMENTO);
- edificio, voce n. 32 Allegato A Regolamento Edilizio Tipo nazionale: Costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo.
Per esempio, anche il conteggio riguarda anche un porticato aperto sui lati (Consiglio di Stato n. 7344/2021).
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Come misurare la distanza minima di 10 metri tra costruzioni.
La giurisprudenza ormai è consolidata sul metodo di misura e computo delle distanze minima tra costruzioni con almeno una parete finestrata (caso a parte invece quelle con entrambe “pareti cieche”, cioè senza vedute o luci).
Di recente il Consiglio di Stato con sentenza 7004/2023 ha ribadito che:
la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela”.
Per quanto possa apparire banale o implicito, in verità contiene un criterio molto chiaro: occorre verificare l’assenza di quelle intercapedini recanti pregiudizio sul profilo di sicurezza, salubrità e igiene, nonchè per un ordinato assetto del territorio.
Ecco perché la verifica di misurazione va effettuata da entrambe le pareti finestrate fronteggianti: occorre sincerarsi che in nessuna ipotesi possa verificarsi il mancato rispetto della distanza minima di dieci metri.
Altra cosa: quanto sopra non significa affatto che si debba applicare il criterio radiale, restando valido soltanto quello lineare (già affrontato in recente post).
Il limite della distanza di dieci metri trova applicazione anche quando esistano finestre in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edifici antistante, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta; l’obbligo di rispettare la distanza minima si applica anche per i tratti di parete privi in parte di finestre (Cass. Civ. n. 11048/2022, n. 38243/2021, n. 15178/2019, n. 12129/2018)
La verifica della distanza di 10 metri va perfino estesa a pareti e corpi di fabbricata ovunque disposti o inclinati, a prescindere dal fatto che siano dello stesso edificio o stessa proprietà.
Si tratta di un principio forte con risicatissime possibilità di deroga, che affonda le radici da lontano, vedasi tra le tante Consiglio di Stato n. 7188/2021, n. 7731/2010, n. 6909/2005, n. 89/1979.
Da quali parti costruttive misurare la distanza minima di 10 metri?
A livello generale le distanze vanno misurate dalle pareti finestrate, è ciò che si è detto in precedenza: vediamo quali elementi e parti costruttive si possono escludere dal conteggio della distanza di 10 metri tra pareti finestrate.
E invero, la distanza prescritta dalla detta disposizione va computata in relazione a tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione al suolo, ivi compresi, per l’appunto, i porticati aperti, non incidendo sul calcolo delle distanze unicamente gli sporti e gli aggetti di modeste dimensioni con funzione meramente decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di entità trascurabile rispetto all’interesse tutelato dalla norma riguardata nel suo triplice aspetto della sicurezza, della salubrità e dell’igiene (Cons. Stato n. 7344/2021, n. 6136/2019; Cass. Civ. n. 7706/2016, n. 18119/2013, n. 27418/2005).
Da quanto sopra emerge un ristretto elenco di quelle porzioni costruttive che vanno escluse dal conteggio della distanza minima di dieci metri del DM 1444/68: sono appunto quelle parti che non incidono o pregiudicano gli interessi di salubrità, sicurezza e di assetto del territorio difesi dallo stesso decreto ministeriale.
Sulle ulteriori distinzioni tra costruzioni, edifici e manufatti, nonchè tra nuove costruzioni e ristrutturazioni rinvio ad appositi approfondimenti trattati sul blog.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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