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La debenza del contributo di costruzione per trasformare da abitazione rurale a civile è obbligatoria, vediamo i casi di possibile esonero

Il Testo Unico Edilizia DPR 380/01 e le norme regionali prevedono che laddove siano venuti meno i requisiti di ruralità dell’immobile, oggettivi o soggettivi, l’edificio debba essere oggetto di cambio di destinazione d’uso da rurale a civile, pagando un notevole contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione):

  • Requisiti oggettivi: caratteristiche dell’immobile e relativo accatastamento
  • Requisiti soggettivi: qualifica dell’imprenditore agricolo a titolo principale per la conduzione del fondo

La Legge Bucalossi del 1977 ha introdotto il concetto di ruralità degli immobili, ovvero la loro destinazione d’uso agricola. Essa ha previsto la gratuità della concessione edilizia per alcune opere e costruzioni in zone agricole, ma non chiariva il concetto di destinazione d’uso come lo conosciamo oggi (tale impostazione si è trasfusa nell’articolo 17 comma 3 DPR 380/01).

Nell’impostazione della L. 10/1977, l’esenzione dal contributo di concessione per la realizzazione di residenze rurali da parte di imprenditori agricoli si configura come un beneficio di carattere soggettivo e oggettivo correlato, per un verso alla qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale dell’avente diritto, e per altro verso alla destinazione funzionale dell’immobile a soddisfare le esigenze abitative del medesimo in prossimità o all’interno della propria azienda agricola.

Tuttavia, l’articolo 10 ultimo comma della L. 10/77 lasciava intendere che la gratuità della concessione era legata al mantenimento della destinazione d’uso agricola per 10 anni dalla fine dei lavori: in caso contrario, si sarebbe dovuto pagare il contributo concessorio in misura massima. La norma sottaceva il fatto che, decorso il termine decennale, il cambio d’uso da rurale a civile sarebbe stato considerato gratuito, anche se soggetto a un titolo edilizio.

Potremmo vederla come una specie di “decadenza” al recupero degli oneri di urbanizzazione dovuti, qualora il cambio di destinazione rurale-civile fosse avvenuto oltre il predetto termine decennale. Questa previsione “decadenziale” tuttavia non è presente nell’attuale Testo Unico Edilizia DPR 380/01.

Decorsi dieci anni dall’ultimazione edificio rurale costruito ex L. 10/1977, il cambio d’uso a civile rimaneva gratuito? E anche ai giorni nostri ?

Occorre anche ricordare che molti edifici rurali preesistevano già prima della Legge Bucalossi n. 10/1977.

Dopo pochi anni dall’emanazione della Legge 10/77 fu emessa la prima norma riguardante il condono edilizio straordinario L. 47/85, la quale provvide a delegare alle Regioni la decisione riguardo all’onerosità o meno del cambio di destinazione d’uso tramite l’articolo 25 comma 4; per completezza si deve ricordare che molti Regioni pochi anni dopo la L. 10/1977 si erano già dotate di normative edilizie su cambi d’uso e sull’edificazione in zone agricole.

E’ importante sottolineare che qualora la destinazione d’uso venga comunque modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori per gli interventi realizzati nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale (ai sensi dell’articolo 12 L. 153/1975, oggi art. 1, comma 1 del d.lgs. n. 99/2004 e l’articolo 2135 del codice civile), il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione.

Questo tipo di impostazione era già presente nell’originaria introduzione dell’art. 10 comma 3 L. 10/1977.

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Deruralizzazione immobili agricoli costruiti ante L. 10/77, e oneri urbanizzazione richiesti

Perché si dovrebbero pagare gli oneri di deruralizzazione per edifici agricoli costruiti prima della L. 10/1977?

Un maggior approfondimento lo troverai in questo articolo, ma possiamo dire che molte legislazioni regionali non prevedano esclusioni per edifici e abitazioni rurali realizzate prima della L. 10/1977, e tanto meno i Comuni saranno proprio contenti di rinunciare ad una considerevole voce di entrata per i bilanci.

Prendendo spunto a piene mani dalle sentenze TAR Piemonte n. 583/2022, n. 447/2021, n. 687/2019, si deve ricostruire brevemente il passaggio dal regime edificatorio licenziato (L. 1150/42) a quello concessorio (L. 10/1977), e relative conseguenze sulla debenza o meno degli oneri di urbanizzazione in caso di deruralizzazione.

Trovo interessante e condivisibile la conclusione della predetta sentenza TAR Piemonte n. 583/2022, la quale confermando la tesi del ricorrente, riconosce che il contributo richiesto dal Comune per deruralizzazione non sia dovuto giacché, trattandosi di immobile preesistente l’entrata in vigore della L. n. 10/1977, il semplice passaggio di destinazione da residenza rurale a residenza civile non costituisce mutamento di destinazione d’uso rilevante ai sensi della Legge Regionale Piemonte n. 19/1999 e che, trattandosi di interventi di sostituzione della copertura per la parte abitativa dell’immobile, non è riscontrabile alcun aumento del carico urbanistico (ai sensi dell’art. 17, comma 4 del D.P.R. n. 380/2001).

Per capire meglio la motivazione che ha portato il TAR Piemonte alla conclusione per quella fattispecie, vanno distinti i due principali periodi sull’argomento:

  • compreso tra L. 1150/42 e L. 10/77;
  • successivo alla L. 10/1977 “Bucalossi” (quest’ultimo da ripartire con l’arrivo del DPR 380/01);

Sotto il vigore della legge urbanistica n. 1150/1942, e prima dell’entrata in vigore della L. 10/1977, il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione nel territorio comunale di nuove costruzioni, o l’ampliamento, la modificazione o la demolizione di quelle esistenti, non era soggetto al pagamento di oneri di sorta.

Il rilascio della concessione edilizia era subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione della loro attuazione da parte dei comuni nel successivo triennio, ovvero all’impegno dei privati alla loro attuazione contestualmente alla realizzazione dell’intervento edilizio; ma, in ogni caso, il rilascio del titolo edilizio non era subordinato al pagamento di oneri di natura economica (art. 31 L. 1150/1942). Pertanto, chi otteneva, ad esempio, la concessione edilizia per l’edificazione di una abitazione in area agricola, non era soggetto al pagamento di oneri di sorta; e ciò, non in forza di una particolare normativa di favore per le attività agricole, ma perché questo era il regime ordinario applicabile a tutte le concessioni edilizie.

D.L. 557/1993: una mini-sanatoria deruralizzante, estesa anche a tutti i condoni edilizi?

Tralasciando il quadro normativo regionale e le relative evoluzioni, sul piano nazionale la questione della ruralità e deruralizzazione è stata ripresa con l’articolo 9 del Decreto Legge n. 557 del 30 dicembre 1993, convertito in L. 133/1994, con cui venivano gettate le basi per la riforma del Catasto Fabbricati:

Art. 9. comma 9
Per le variazioni nell’iscrizione catastale dei fabbricati già rurali, che non presentano più i requisiti di ruralità, di cui ai commi 3, 4, 5 e 6, non si fa luogo alla riscossione del contributo di cui all’articolo 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 , ne’ al recupero di eventuali tributi attinenti al fabbricato ovvero al reddito da esso prodotto per i periodi di imposta anteriori al 1 gennaio 1993 per le imposte dirette, e al 1 gennaio 1994 per le altre imposte e tasse e per l’imposta comunale sugli immobili, purché detti immobili siano stati oggetto, ricorrendone i presupposti, di istanza di sanatoria edilizia, quali fabbricati rurali, ai sensi e nei termini previsti dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 , e vengano dichiarati al catasto entro il 31 dicembre 1995, con le modalità previste dalle norme di attuazione dell’articolo 2, commi 1-quinquies ed 1-septies, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75 .

Facendo attenta lettura di questo articolo emerge che gli immobili che abbiano perso i requisiti di ruralità (quindi tra il 1977 e 1995) non siano assoggettabili alla richiesta di contributo ex L. 10/1977 “Bucalossi” (Oneri + Costo di Costruzione, ndr) qualora ricorrano due condizioni contemporanee che gli immobili:

  • siano iscritti al Catasto Fabbricati entro il 31 dicembre 1996 (termine prorogato, vedi sotto);
  • siano stati oggetto di istanza di sanatoria edilizia ai sensi della L. 47/85;

il suddetto termine al punto 1, per l’iscrizione al Catasto Fabbricati, è stato poi prorogato come segue:

  • 31 dicembre 1997, con L. 662/1996 art. 3 comma 156;
  • 31 dicembre 1998, con L. 449/1997 art. 14 comma 13;
  • 31 dicembre 1999, con L. 448/1998 art. 6 comma 4;

Deruralizzazione DL 557/93, il termine temporale e l’istanza di sanatoria L. 47/85

Non vi sono ambiguità e incertezza sul punto relativo al termine di accatastamento, intesa come condizione distinta e non confondibile con quella urbanistica.

Nell’ articolo 9 comma 9 D.L. n. 557/1993 non si rinviene un l’esonero dagli “oneri verdi” per la sanatoria delle opere edilizie abusive, e ciò emerge secondo l’orientamento che collega la deruralizzazione dell’edificio agricolo al titolo legittimante a fini edilizi (T.A.R. Toscana n. 1363/2020, n. 132/2017). In altre parole il criterio generale è che in assenza di titolo edilizio la deruralizzazione non può aver avuto luogo, e a tal fine trovo opportuno richiamare l’attuale disciplina che attesta una destinazione dell’immobile risultante dal proprio Stato Legittimo.

Sull’aspetto urbanistico edilizio del DL 557/93 sussistono ambiguità: il Legislatore nazionale col riferimento alle sanatorie edilizie straordinarie ex L. 47/85, intendeva riferirsi alle istanze di Condono Edilizio ex art. 31 della L. 47/85 (e anche quelle dei successivi condoni edilizi) o intendeva riferirsi anche o soltanto alla sanatoria ordinaria con accertamento di conformità?

Una risposta “non estensiva a tutti i condoni”, e anche dalle sanatorie edilizie ordinarie, si ricava dallie sentenze TAR Toscana n. 847/2021, n. 132/2017, n. 334/2013, dalle quali emerge un passaggio: la non debenza del contributo concessorio previst dall’art. 9 comma 9 DL 557/1993, non introduce una disciplina a regime, bensì temporanea consistente in agevolazioni di carattere tributario e non, finalizzate alla regolarizzazione catastale di fabbricati che abbiano perso i requisiti della ruralità. Tale finalità legislativa, non può disancorare la sua applicazione dai suoi presupposti giuridici che ne caratterizzano la portata per conseguirne effetti che determinerebbero una palese disparità di trattamento all’interno di fattispecie giuridiche diverse.

Lo stesso TAR Toscana nel proseguire la motivazione, predilige un’interpretazione che esclude – a regime – qualsiasi pagamento di oneri di costruzione e urbanizzazione per la sanatoria degli abusi edilizi di cui alla legge 47 del 1985, ancorando, diversamente tale disposizione tale esenzione a eventuali ulteriori oneri che in conseguenza delle “variazioni” nell’iscrizione catastale dei fabbricati già rurali dovessero registrarsi. La necessità che tali immobili siano stati già oggetto di sanatoria ai sensi della legge n. 47 del 1985 costituisce una precondizione giuridicamente irrinunciabile proprio in ragione della circostanza che la registrazione della variazione di accatastamento di un immobile già rurale deve fondarsi su un titolo di legittimazione che renda conforme la situazione di fatto alla situazione di diritto sulla quale il riaccatastamento è effettuato.

La sola variazione catastale certifica automaticamente il momento di avvenuto cambio destinazione d’uso e deruralizzazione.

A ciò è da aggiungere che il citato comma 9 dell’art. 9 richiama espressamente solo la legge n. 47 del 1985 e sembra, quindi, effettuare un rinvio statico al regime di sanatoria introdotto da tale legge. Di ciò pare potersi trarre conferma dal riferimento al periodo di esenzione di imposta. Ma se così è, non può che concludersi che non rientrerebbe comunque nella previsione del comma 9 l’abuso oggetto dell’istanza di condono di che trattasi, presentata non ai sensi della legge 47 del 1985, ma della legge 724 del 1994, successiva alla legge 133 del 1994, che ha consentito un’ulteriore sanatoria edilizia seppure con diverse condizioni e termini di regolarizzazione.

Il Piani di Utilizzazione fondiaria o i Piani Aziendali Agricoli non potevano legittimare il cambio di destinazione d’uso da agricola a civile

Interessante anche la conclusione della sentenza TAR Toscana n. 1363/2020, la quale conferma che nei casi in cui sia stato evidenziato e autorizzato un cambio d’uso parziale coi relativi Piani Agricoli (anche decenni fa) dai rispettivi enti competenti in agricoltura, esso non è sufficiente ai fini urbanistico edilizi.

Questo tipo di piani agricoli rende possibile effettuare le trasformazioni in esso previste, ma è pur sempre necessario il titolo edilizio comunale. Anzi, i piani aziendali agricoli comunque denominati formano requisito e presupposto per il titolo edilizio in caso di cambio d’uso di porzioni di immobili o compendi agricoli, ma non lo possono sostituire.

Conclusioni e consigli utili

Nelle verifiche immobiliari è importante controllare anche la storia dello Stato Legittimo delle destinazioni d’uso sugli immobili rurali, proprio perché possono nascondere cambi da rurale a civile avvenuti in passato e ritenuti astrattamente legittimi.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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