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Temi come sanatoria, silenzio assenso, Legittimazione urbanistica, precisazioni sugli interventi edilizi e categorie di intervento sono coinvolti

Sul Corriere della Sera ho letto la notizia e la novità che rimbalzava da tempo: il tanto promesso Decreto Semplificazioni, praticamente “solo” in ritardo di un mese sulla tabella di marcia promessa.

Leggendo la bozza pubblicata, sembra che stia bollendo qualcosa di grosso in pentola, a prima occhiata. Ma avendo già letto la bozza, e se i lineamenti dovessero rimanere tali, bisogna ridimensionare le aspettative.

Intanto riporto in versione testuale il testo estrapolato dalla bozza che, per inciso, non è la versione del testo finale: contiene appunto i lineamenti e i principi che saranno poi tradotti nella versione del testo normativo che verrà a breve.

Nota bene:
Il testo estrapolato originale è in corsivo
I miei commenti sono in grassetto


Capo II – Semplificazioni in materia edilizia

Articolo 10
Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia
Le proposte contenute nel pacchetto di cui all’oggetto contengono misure di semplificazione, velocizzazione e agevolazione degli interventi in materia edilizia, essenzialmente volti a rendere più facile e immediata la realizzazione delle opere legittimamente realizzabili.
Tutte le misure, salvo i profili ancora aperti (su cui si veda infra), hanno riscosso generale condivisione dalle amministrazioni interessate (quali Pubblica amministrazione, MIT, MiBACT, etc.).
Tra le misure più significative si segnalano:

  1. Rimozione del vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma, stabilendo che, per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana, la ricostruzione sia comunque consentita con la sola osservanza delle distanze legittimamente preesistenti; (Probabilmente si modifica l’art. 2-bis comma 1-ter alla luce della recente pronuncia n. 70/2020 della Corte Costituzionale sul Piano Casa Puglia) Si vuole confermare il diritto a mantenere le volumetrie esistenti in caso di demolizione e ricostruzione integrale, senza dover rispettare le norme e piani regolatori sopravvenuti rispetto al passato.
  2. Ammissibilità di modifiche dei prospetti come opere di manutenzione straordinaria se indispensabili a garantire l’agibilità o l’accessibilità delle unità immobiliari (mentre sarebbero da qualificare come una ristrutturazione edilizia nei restanti casi); (errore grave creare due tipologie di “modifiche di prospetto”, inoltre non è chiaro il criterio di “agibilità”. Forse intenderanno dire dei rapporti illuminanti?)
  3. Chiarimento dei requisiti e delle specificità degli interventi di ristrutturazione ricostruttiva; (in effetti la differenza tra articolo 3 e 10 del T.U.E. meritano chiarimento sulla definizione di ristrutturazione).
  4. Previsione della conferenza di servizi semplificata per acquisire gli atti di assenso di altre amministrazioni richiesti per la realizzazione dell’intervento, allo scopo di standardizzare e accelerare i termini di svolgimento delle procedure edilizie.
  5. Classificazione della realizzazione di strutture leggere destinate ad essere rimosse alla fine del loro utilizzo stagionale quale attività edilizia libera; (un’altra versione aggiuntiva di Glossario, quindi).
  6. Prevedere la possibilità di una proroga della validità dei titoli edilizi, prevedendo che prima che siano decorsi i termini per l’inizio o per la fine dei lavori (rispettivamente di un anno e di tre anni dal rilascio del titolo), il privato possa prorogarli con una mera comunicazione allo sportello unico comunale, nonché previsione di una proroga ulteriore, discrezionale, ove ricorrano giustificate ragioni; (in effetti si pone spesso il problema della scadenza dei permessi/titoli abilitativi è ricorrente, forse un meccanismo semplificato di proroga serve ad evitare interventi edilizi compiuti in assenza di titolo).
  7. Chiarimento in merito al campo di applicazione del Contributo Straordinario introdotto dal decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (ben venga: problema sottovalutato, ma il prelievo aggiuntivo sulle plusvalenze in caso di varianti urbanistiche può diventare significativo e disincentivare interventi rilevanti);
  8. Aumento della riduzione dal 20 al 35% del contributo di costruzione per gli interventi di rigenerazione urbana;
  9. Rilascio d’ufficio dell’attestazione dell’avvenuta formazione del silenzio assenso da parte dello sportello unico edilizia (SUE).(Finalmente un meccanismo utile in grado di cristallizzare con certezza alcuni rapporti tra cittadino e P.A.)

In particolare, in coerenza con il principio per cui la sanzione ripristinatoria si addice agli interventi abusivi realizzati che abbiano comportato incremento del cd. carico urbanistico (ossia le opere che, un tempo, erano condizionate a concessione edilizia), si è ribadito che, viceversa, le opere che, un tempo, erano soggette a mera autorizzazione comportano, di norma (ossia fuori dai casi di presenza di vincoli) l’applicazione di una sanzione pecuniaria (commisurata al doppio del valore incrementale).
Analogamente, per le sole opere non comportanti aumento di carico urbanistico né vincolate, si è prevista una prescrizione decennale della violazione amministrativa.
Ambo tali istituti, oltre a rispondere a criteri di giustizia sostanziale e di adeguatezza della risposta sanzionatoria, risolvono un significativo contenzioso bagatellare (evitando ogni coinvolgimento giurisdizionale), che consentirà di sbloccare il mercato immobiliare (spesso ostacolato da non conformità meramente interne, o comunque minime) e di concentrare le risorse dei pubblici uffici sulla repressione degli abusi significativi (ossia quelli comportanti un aumento, seppur minimo, del carico urbanistico, ovvero incidenti su vincoli specifici).
In sostanza si profila un colpo di spugna, una sorta di “Giubileo urbanistico” dove gli illeciti edilizi di modesta entità diventano prescritti sul versante amministrativo (prescrizione decennale, tenuto conto che quella penale probabilmente si è già prescritta per altre strade. Questa prescrizione, se così possiamo definirla, non si applicherà dove ci sono vincoli (magari diteci pure quali), e se le opere comportano aumento del carico urbanistico.
E siccome il concetto di aumento del carico urbanistico è ancora labile o nebuloso, l’occasione sarebbe giusta per definire pure esso.
Mi sembra di leggere una specie di equazione, una linea rossa che avrà portata storica se confermata:

– intervento rilevante soggetto a regime concessorio/permesso di costruire: invariato il regime sanzionatorio e repressivo;
– intervento minore soggetto ad autorizzazione, poi DIA e SCIA, soggetto a sanzione pecuniaria, con prescrizione decennale; o almeno la interpreterei così.

Se fosse confermata questa linea, diciamo che qualcosa si risolve, tipo i tramezzi che non tornano, e robette simili. Tuttavia sulle parziali difformità per immobili realizzati da decenni, e perfino dotato di Certificato di Abitabilità con lievi discordanze di sagoma non cambia niente. Forse si dovrà verificare se con la sanatoria “differenziata” si può risolvere il problema, ne parlo più avanti.

Più significativo confronto si è sviluppato (in particolare con il MiBACT) sulla previsione di estendere l’accertamento di conformità (alla pianificazione urbanistica vigente) – già previsto dall’art. 36 del T.U. per le opere che, pur essendo state realizzate senza titolo formale, erano e sono tuttavia conformi alla pianificazione urbanistica sia al momento della loro realizzazione sia a quello attuale (cd. doppia conformità) – anche alle opere che sono conformi al piano regolatore solo all’attualità, ma che non lo erano al momento della loro iniziale realizzazione (di norma per effetto di una modifica del P.R.G).
Tale accertamento di conformità, tuttavia, non opera alcuna sanatoria retroattiva, ma si limita a riscontrare l’attuale conformità dell’opera: conseguentemente, non estingue i reati eventualmente già commessi (dei quali cessa unicamente la permanenza), ed è assoggettato a una più onerosa contribuzione pecuniaria.
È aperta un’interlocuzione (con il MiBACT) in relazione alla eventualità di limitare tale istituto (noto come “conformità giurisprudenziale”):
1. ai soli immobili già realizzati alla data di entrata in vigore della norma;
2. ai casi in cui l’immobile sia realizzato secondo la normativa tecnica attuale, ovvero sia ad essa adeguabile (sismicità, prestazione energetica, etc…);
3. ai soli casi di non incidenza su regimi vincolistici, ovvero in cui sia accertata la piena conformità alle esigenze tutelate dal vincolo esistente.

Merita evidenziarsi che la giurisprudenza ha sempre cercato di trovare una soluzione a casi in cui la demolizione è generalmente percepita come impraticabile, spesso contrastante con l’interesse pubblico; e che comunque si pone il tema dell’incommerciabilità di immobili interamente conformi alla pianificazione odierna e dunque passibili, ove demoliti, di essere ricostruiti identicamente (uno dei casi più noti è il cd. garage Ferrari, a Modena): il problema oggi è riconosciuto da tutti, ma aspetta da tempo una soluzione ragionevole.
(Da qui emerge l’arrivo di una c.d. “sanatoria giurisprudenziale”, o di un Accertamento di conformità “differenziato”, da loro chiamata “conformità giurisprudenziale”.
In altre parole, sembra che potremo dire addio all’unica procedura di sanatoria con doppia conformità. O forse ve ne sarà affiancato una versione specifica per certe tipologie.
Diciamo che hanno recepito il problema sotto diversi aspetti, ponendo una serie di condizioni che, da una parte facilitano la possibilità di regolarizzare immobili facendo riferimento soltanto alla normativa vigente oggi, da un’altra chiedono una serie di contrappesi.
In particolare sembra che la sanatoria giurisprudenziale non sarà a regime, cioè non varrà d’ora in avanti, ma solo per gli immobili entro la “linea rossa”, cioè da oggi ad indietro nel tempo. Condivisibile, tra l’altro.
Rispetto delle norme tecniche e di settore: si ribadisce un concetto e una prassi che vede applicare l’accertamento di conformità non solo ai fini urbanistici, ma come se l’immobile (e l’abuso) dovesse astrattamente ottenere il permesso oggi stesso. Ed è la versione più corretta del criterio di sanatoria edilizia, e quindi confermerà la verifica sotto gli aspetti strutturali antisismici, l’acustica, risparmio energetico, paesaggistica, vincoli, eccetera.
In sostanza, come chiedere un normale permesso prima di realizzarle.
Questa nuova versione di sanatoria “differenziata” sembra applicabile su immobili non vincolati; in caso di vincolo sarà necessario far accertare o regolarizzare il rispetto di compatibilità col vincolo stesso, quale condizione essenziale per procedere.

Infine, altri profili non secondari attengono alla previsione procedimentale (che si è scelto di “testare” limitatamente alla materia edilizia, anziché nel più generale contesto della legge n. 241 del 1990) di snellimento degli incombenti per la definizione delle miriadi di procedimenti ancora pendenti sin dal 1985 per i condoni edilizi (decreto MIT e MiBACT, d’intesa con la Conferenza unificata); nonché alla semplificazione degli interventi volti a rimuovere le barriere architettoniche.


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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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