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edificio incompleto

Ripresa lavori semplificata su nuove costruzioni qualora rientranti nelle varianti non sostanziali

Vuoi per incidenti di percorso, vuoi per imprevisti, è possibile che il cantiere di nuova costruzione, autorizzata con permesso di costruire, si sia piantato ad uno stato di avanzamento incompleto. Il più classico dei casi è la costruzione allo stato rustico, cioè con struttura e copertura completate, priva di impianti e rifiniture. E siccome il tempo scorre per tutti, è possibile pure che il permesso di costruire, o titolo abilitativo rilasciato per essa, sia scaduto per il decorso dei termini di efficacia, vedi articolo 15, comma 3, DPR 380/01:

3. La realizzazione della parte dell’intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 22. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione.

Il committente o il nuovo proprietario domandano se, e come sia possibile, effettuare la ripresa dei lavori e il completamento di quanto autorizzato in precedenza.

La possibilità di riprendere i lavori è disciplinata dal suddetto articolo 15 del testo unico edilizia, sul quale si deve premettere un limite recentemente individuato dalla giurisprudenza: qualora il livello di mancato completamento sia rilevante, c’è il serio rischio che l’opera non possa mai giungere a completamento.

Ci sono regole da rispettare:

  1. La parte incompiuta, rispetto invece a quella completata ed esistente, dovrà rispettare le nuove regole, norme e discipline di natura urbanistica ed edilizia, vincolistiche e norme di settore, sopravvenute al periodo di sospensione di cantiere o decadenza di efficacia del permesso di costruire.
  2. Diamo per scontato che sia stata gestita bene anche la fase precedente, ovvero che il Direttore dei lavori, al termine del periodo di efficacia del titolo abilitativo, oppure al momento del blocco di cantiere, abbia provveduto a comunicare ai competenti uffici pubblici la sospensione dei lavori, documentando bene il parziale stato di avanzamento con foto, rilievi ed elaborati grafici. In caso contrario, si pone pure l’onere di prova dimostrativo della situazione.
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Ripresa completamento con Permesso o SCIA

La regola generale contenuta nell’articolo 15 TUE stabilisce che l’opera autorizzata, avviata e non completata col permesso di costruire, in caso di ripresa lavori deve ottenere un nuovo permesso di costruire per la parte incompiuta; per tali opere da completare è necessario verificare il rispetto di tutta la disciplina urbanistico-edilizia, di settore e vincoli vigenti al momento in cui si intende ripartire. In caso contrario, ossia di contrasto alle nuove disposizioni sopravvenute (ad esempio un nuovo piano regolatore, un vincolo apposto recentemente, o norme sismiche più restrittive), è necessario adeguare il progetto ad esse.

L’eccezione alla regola è prevista soltanto a livello procedurale, lasciando invariato il rispetto delle discipline sopravvenute: è possibile completare le opere mediante il deposito della SCIA ordinaria, soltanto quando le opere rientrino nel perimetro delle categorie di intervento disciplinate dall’articolo 22 TUE, cioè:

Comma 1:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio o i prospetti;
b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c.
2. Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell’attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini dell’agibilità, tali segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d’inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.

Preliminarmente, è opportuno focalizzare le ultime due tipologie di varianti non sostanziali al Permesso di costruire (commi 2 e 2-bis), perchè risultano essere casi più frequenti; inoltre è consigliato fare attenzione a non superare il limite della cosiddetta “ristrutturazione edilizia leggera“, menzionata alla lettera c) del primo comma, in quanto si ricava sottraendo dalla generale definizione di ristrutturazione (articolo 3 c.1 lettera d) quella di ristrutturazione “pesante” (articolo 10 c.1 lettera c).

Detto ciò, la SCIA di completamento lavori per una costruzione non ultimata e autorizzata con permesso di costruire, è appunto una SCIA di completamento: non va intesa come una ristrutturazione postuma, perchè l’oggetto “nuova costruzione” o l’organismo edilizio non è mai giunto al primo compimento. Il principio è stato più volte richiamato anche dall’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle Circolari e interpelli sulle agevolazioni fiscali edilizie, come il Superbonus e bonus minori. Anche la giurisprudenza amministrativa ha confermato questo principio, vedi anche Consiglio di Stato n. 5589/2019:

Ammettere queste tipologie di interventi incompiuti alla ristrutturazione edilizia. equiparandoli ai ruderi, avrebbe una finalità non di ripristino, mediante ricostruzione di una realtà fisica preesistente, bensì di completamento di una realtà fisica mai venuta per l’innanzi ad esistenza. In tal modo verrebbe snaturata la finalità di recupero insita nella ristrutturazione, annettendovi anche interventi di carattere innovativo dell’esistente. Il completamento delle opere iniziate e non completate nel termine di efficacia del titolo edilizio trova invece una propria autonoma disciplina nell’art. 15, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 a mente del quale “La realizzazione della parte dell’intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 22. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione”. Poiché nel caso di specie le opere ancora da eseguire non rientrano tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 22, implicando la creazione di nuovi rilevanti volumi e non si verte in un’ipotesi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d) (richiamata all’art. 22, comma 1, lett. c)) atteso che l’edificio da ricostruire, in realtà, non è mai venuto ad esistenza, è necessario richiedere un nuovo permesso di costruire a titolo di completamento dell’opera iniziata, in base alla normativa vigente al momento del suo rilascio.

Altra cosa: l’articolo 15 richiama espressamente la versione ordinaria della SCIA, e non la SCIA alternativa al Permesso di costruire ex articolo 23 TUE. La ripresa lavori di un edificio incompleto, qualora effettuata con SCIA ordinaria, è da considerare:

  • sostanzialmente, una prosecuzione in continuità con quanto già realizzato e autorizzato, quando le opere da ultimare siano di modesta entità e astrattamente inquadrate tra quelle comunque assentibili con SCIA ordinaria:
  • formalmente, una semplificazione puramente procedurale,

Quando l’edificio a rustico non può essere completato: Adunanza plenaria n. 14/2024

Infatti, il Consiglio di Stato con Adunanza Plenaria n. 14/2024, ha affermato un principio che configura un limite massimo superiore alla possibile ripresa e completamento di opere ultimate, affermando che la ‘totale difformità’ si verifica non solo in caso di ampliamento non autorizzato, ma anche nel caso di mancato completamento della costruzione e vi sia un aliud pro alio. L’art. 31 del Testo Unico Edilizia sanziona allo stesso modo le ipotesi di edificazione in assenza del permesso di costruire con le ipotesi dell’edificazione in totale difformità o con variazioni essenziali, provvedendo a disciplinare le singole fattispecie, equiparando la carenza del titolo edificatorio con la totale difformità del bene edificato con quello autorizzato.

Ammettere che a seguito della decadenza del titolo possano in ogni caso restare in loco le ‘opere incompiute’ significherebbe riconoscere che il titolare del permesso di costruire avrebbe il ‘diritto di non completare l’opera’ e di lasciarla incompiuta e funzionalmente non autonoma, con ingiustificato deturpamento del contesto circostante. Il permesso di costruire consente di realizzare solo l’opera descritta nel progetto e avente caratteristiche fisiche e funzionali ben determinate: l’abuso per totale difformità sussiste nel caso di realizzazione di “un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche e planivolumetriche”.

Ciò è ravvisabile quando il manufatto sia stato parzialmente edificato con il cd. ‘scheletro’ e anche quando sia oggettivamente diverso rispetto a quello progettato, dovendosi un’opera qualificare abusiva per totale difformità ogni qual volta il risultato finale consista in una struttura che non è riferibile a quella assentita. Nei casi di ‘divergenza tra consentito e realizzato’ rientra il “non finito architettonico”, il quale è ravvisabile quando le opere realizzate sono incomplete strutturalmente e funzionalmente, tanto da far individuare un manufatto diverso da quello autorizzato, oppure quando vi è stata la modifica dello stato dei luoghi con la realizzazione di un quid che neppure consenta di ravvisare un ‘volume’. Ne consegue che sussiste il fondamento normativo per disporre la restituzione in pristino – in caso di decadenza del permesso di costruire – qualora siano state eseguite solo opere parziali, non riconducibili al progetto approvato sotto il profilo strutturale e funzionale.

Se non sono completate, e neppure possono esserle, in quanto non può essere rilasciato un nuovo permesso di costruire, il mancato completamento – e cioè la cd opera incompiuta – comporta di per sé un degrado ambientale e paesaggistico. In altri termini, rileva un principio di simmetria, per il quale, così come l’Amministrazione non può di certo rilasciare un permesso per realizzare uno ‘scheletro’ o parte di esso (titolo che di certo non è consentito dalla legislazione vigente) o una struttura di per sé non abitabile per assenza di solai o tamponature, scale o tetto o di elementi portanti, corrispondentemente l’Amministrazione deve ordinare la rimozione dello ‘scheletro’, che risulti esistente in conseguenza della decadenza del permesso di costruire. Non tutto quanto è stato lecitamente realizzato può dunque essere mantenuto in loco: va rimosso quanto è stato realizzato, in difformità (anche in minus) da quanto è stato assentito

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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