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L’assenza di alcuni requisiti formali e sostanziali possono rendere inefficace questo titolo abilitativo ibrido

Sorvolando sulle recenti innovazioni e riforme procedurali introdotte con la Semplificazione, negli archivi comunali giacciono quelle presentate ante riforme.

La segnalazione certificata di inizio attività fu introdotta per sostituire la DIA, cosa che ad oggi non è avvenuta in maniera compiuta soprattutto su base regionale; alcuni mesi fa è stata riformata la procedura amministrativa, e sembra debba essere oggetto di ulteriori revisioni con la c.d. Riforma Edilizia di semplificazione.

Sulla SCIA/DIA, sussistono tuttora diversi indirizzi circa la sua natura giuridica e gli effetti del decorso del termine, che consente al dichiarante di effettuare gli interventi edilizi oggetto di comunicazione (Cons. di Stato VI n. 01413/2014):

  • In alcuni casi, in particolare, è stata ravvisata la formazione di un titolo abilitativo tacito dell’intervento (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, VI, 5 aprile 2007, n. 1550; Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009, n. 1474 e 25 novembre 2008, n. 5811; Cons. Stato, II, 28 maggio 2010, parere n. 1990); 
  • in altri è stata identificata come “atto privato di autocertificazione” che, pur non costituendo espressione di potestà pubblicistica, resta oggetto di poteri di controllo ed inibitori, anche dopo la scadenza del detto termine, sempre comunque nel rispetto degli articoli 21. quinquies e 21-novies della legge n. 241 del 1990 (cfr. in tal senso Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2009, n. 717 e 14 novembre 2012, n. 5751).

Le esigenze di protezione dell’affidamento del privato, cui sono finalizzate le regole garantistiche per l’esercizio dell’autotutela, tuttavia, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti minimi, in assenza dei quali la comunicazione resta inefficace, sottoponendo le opere realizzate (qundi prive di legittimazione) agli ordinari poteri repressivi dell’Amministrazione, senza limiti temporali (Cons. di Stato VI n. 01413/2014).

I requisiti fondamentali della SCIA/DIA edilizia sono i seguenti e devono esserci al momento della presentazione:

  • conformità agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati;
  • conformità ai regolamenti edilizi vigenti;
  • rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie;

Questi requisiti sono descritti e asseverati nella pratica stessa.

L’assenza dei requisiti fondamentali della SCIA/DIA sono causa di nullità della pratica edilizia in questione a norma dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990, anche in assenza di dolo del professionista incaricato, come può verificarsi in vicende complesse.

Il termine di nullità non è soggetto a nessuna prescrizione o automatica legittimazione.

A prescindere dai poteri esercitati dall’ente competente nei primi trenta giorni e nel periodo di autotutela, in caso di carenza dei presupposti fondamentali della DIA/SCIA, questa assume efficacia nulla, come se non fosse mai stata presentata; in tal caso le opere effettuate con questa pratica diventano automaticamente illegittime e sottoposte alle misure di vigilanza e repressione, e imputabili per assenza di titolo (Cons. di Stato VI n. 01413/2014). C’è un importante aspetto differenziante la SCIA dalla DIA, ne ho parlato in questo approfondimento.

I poteri di controllo, vigilanza e repressione in materia urbanistica non sono soggetti a nessun limite temporale

ciò a prescindere dal procedimento amministrativo che abbia caratterizzato l’intervento o meno, come ribadito da una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, V, 30 settembre 1983, n. 405, Cons. di Stato VI n. 01413/2014).

Nessuna delle normative, previgenti o successivamente intervenute, può precludere detta fattispecie di nullità, che trae le ragioni da principi basilari in materia di disciplina urbanistica.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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