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Quando passare dalla sanatoria rigida alla semplificata per illeciti già contestati, secondo la giurisprudenza

Col decreto-legge n. 69/2024, e con le relative modifiche apportate in fase di conversione in legge n. 105/2024, si è posto da subito il problema di come accedere al regime di regolarizzato di maggior favore, almeno sulla carta, per quelle procedure già avviate per qualche motivo prima della sua entrata in vigore, ad esempio:

  1. deposito istanza di Accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36 DPR 380/01, o della “vecchia” SCIA in sanatoria ex articolo (presentate in vigenza dell’articolo 37, comma 4, DPR 380/01, poi abrogato dal D.L. 69/2024 e trasfuso nel nuovo articolo 36-bis);
  2. ricezione preavviso di diniego alle istanze di sanatoria;
  3. diniego da parte del Comune sull’istanza di Accertamento di conformità art. 36 o della “vecchia” SCIA in sanatoria;
  4. verbale di accertamento con sopralluoghi effettuati dalle autorità e organi competenti;
  5. ordinanza di rimessa in pristino e demolizione, emessa ai sensi dell’articolo 31 D.P.R. 380/01;
  6. ricorsi pendenti presso i tribunali amministrativi regionali o Consiglio di Stato, per le precedenti questioni;
  7. ricorsi pendenti verso i procedimenti penali.

Prima dell’emanazione del decreto n. 69/2024, e ad eccezione di quelle eventuali diverse forme di regolarizzazioni ammesse dalle rispettive legislazioni regionali, il sistema sanzionatorio repressivo e di regolarizzazione era molto meno articolato, e assai più rigido. Il riordino dell’assetto normativo ha portato a creare un nuovo regime di regolarizzazione edilizia nell’articolo 36-bis D.P.R. 380/01, più semplificato e affiancato a quello preesistente (articolo 36), con una operazione che ha portato in primis a:

  • travasare in esso due categorie di illeciti primari (parziali difformità dal Permesso e le variazioni essenziali);
  • dimezzare i requisiti della doppia conformità “rigida”, istituendo la doppia conformità “asincrona”;
  • ammettere la Compatibilità paesaggistica anche per modifiche incrementali di superficie e volumetria;
  • stabilire uno specifico regime di oblazione;
  • prevedere una procedura di regolarizzazione e idoneità sismica per interventi strutturali;
  • ammettere la possibilità di effettuare la sanatoria edilizia condizionata effettuanto opere per adeguamento alla disciplina sulla sicurezza o di rimozione opere abusive in contrasto alla doppia conformità;
  • e altro ancora;

Questi nuovi requisiti possono rappresentare in alcune casi una soluzione sopravvenuta per regolarizzare illeciti edilizi, altrimenti non previsti dall’ordinamento antecedentemente alla legge n. 105/2024; tale disposizione però non ha previsto una norma transitoria per applicarla in via retroattiva ai procedimenti di sanatoria già avviati o denegati, e ai ricorsi giudiziari in genere. Effettivamente il legislatore avrebbe potuto disciplinare la possibile gestione dei passaggi dal vecchio al nuovo ordinamento sanzionatorio e di regolarizzazione.

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Come passare dalla vecchia procedura di sanatoria a quella più semplificata Salva Casa? Il punto della giurisprudenza amministrativa.

Sulle possibilità di passare da un regime procedurale e amministrativo ad un’altro, a causa di una norma sopravvenuta, la giurisprudenza ha giù sviscerato bene ogni porosità delle problematiche. In particolar modo è stato chiarito quando è possibile la “migrazione” da un procedimento già avviato ma non ancora concluso, come appunto un’istanza di accertamento di conformità ex articolo 36 T.U.E, a quello nuovo introdotto dalla disposizione sopravvenuta, ossia il 36-bis.

Per la costante giurisprudenza «nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio. Ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici. Il succitato principio si completa con il presupposto di diritto secondo cui, fintantoché l’amministrazione non ha approvato il provvedimento definitivo, il privato richiedente non è titolare di una situazione sostanziale consolidata meritevole di tutela sotto il profilo del legittimo affidamento, ma di una mera aspettativa» (ex multis, Cons. di Stato n. 2771/2025, n. 7550/2024, Cons. di Stato n. 4227/2024, Cons. di Stato n. 10920/2023, Cons. di Stato n. 9045/2022, Cons. di Stato n. 7052/2020, n. 2768/2019, n. 2171/2018).

Tali conclusioni restano ferme «…anche laddove l’Amministrazione non avesse rispettato il termine finale di conclusione del procedimento, poiché essa conserva comunque il potere di provvedere anche dopo lo spirare di tale termine finale, sicché le modifiche normative intervenute prima della formale adozione del provvedimento finale debbono essere osservate, proprio in adesione al principio del tempus regit actum; invero, l’Amministrazione è tenuta ad applicare la normativa vigente al momento della propria decisione, anche laddove la stessa giunga in ritardo rispetto al termine di conclusione del procedimento, rispetto al quale l’interessato trova apposito sistema di tutela nel rito del silenzio» (Cons. di Stato n. 7422/2024, Cons. di Stato n. 10344/2023).

Occorre ribadire un principio fermo della giurisprudenza amministrativa: la presentazione della richiesta di sanatoria non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione ma solo sulla sua efficacia (tra le tante si v. Cons. di Stato n. 448/2025, n. 7486/2024, n. 1708/2023). Ciò significa che, se non sono ancora trascorsi i termini per presentare l’istanza di regolarizzazione, è possibile accedere a quella più semplificata (articolo 36-bis T.U.E). Se invece è stato avviato un ricorso al TAR per impugnare un’ordinanza ripristinatoria, occorrerà verificare se siano stati applicati gli effetti sospensivi verso i provvedimenti adottati dal Comune.

Fattispecie trattate dalla giurisprudenza amministrativa

Detto ciò, vediamo in quali casi è possibile accedere ai benefici del cosiddetto decreto “Salva Casa” (L. 105/2024) quale norma sopravvenuta (ius superveniens), riportando anche alcune fattispecie trattate finora.

TAR Lazio, Roma, n. 12426/2025.

Oggetto: varie difformità a edificio licenziato, nonchè la realizzazione di nuovi manufatti primari e pertinanziali compiuti; il ricorso viene respinto, assieme alla possibilità di accedere al Salva Casa in quanto:

  • la Regione Lazio non aveva ancora emanato i regolamenti attuativi necessari per rendere operativa la norma sul territorio regionale;
  • la giurisprudenza amministrativa esclude che le nuove disposizioni possano avere efficacia retroattiva su procedimenti sanzionatori già in corso quando gli adempimenti regionali non siano perfezionati.

TAR Campania, Salerno, n. 1241/2025.

Il ricorso è relativo alla richiesta di annullamento dell’archiviazione disposta dal Comune avverso una SCIA in sanatoria presentata ad aprile 2024 (cioè prima del decreto Salva Casa), per un insieme di illeciti edilizi, effettuati in zona a vincolo paesaggistico, per trasformazione di lastrico solare in terrazzo praticabile, nonchè la realizzazione di opere accessorie o pertinenziali quali tettoie. Il TAR respinge il ricorso motivando che gli illeciti compiuti non rientrano nell’ambito della SCIA bensì in permesso di costruire; inoltre è stato ritenuto inconferente il richiamo alle disposizioni in materia di “opere minori” del D.L. 69/2024, deve escludersi l’applicabilità dello ius superveniens costituito dalle modifiche apportate al d.P.R. 380/2001 dal d.l. n. 69/2024, poichè la disposizione citata è entrata in vigore il 30 maggio 2024, ossia in data successiva a quella di presentazione della S.C.I.A. in sanatoria per cui è causa. Infatti, come osservato dalla giurisprudenza, non si rinviene nel testo del D.L. n. 69/2024 «alcuna disposizione transitoria intesa a consentire l’applicazione in via retroattiva della nuova disciplina alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore, sicché, in difetto di un’espressa statuizione di retroattività, non può che trovare applicazione la regola generale sancita dall’art. 11 disp. prel. c.c.» (Consiglio di Stato n. 1394/2025; sull’inapplicabilità in via retroattiva del d.l. 69/2024, cfr. anche Corte cost. n. 124/2024 la quale ha chiarito che la novella “non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità“).

TAR Campania, Salerno, n. 1097/2025

Inerente ad istanza di permesso in sanatoria presentata ai sensi dell’articolo 36-bis (per variazioni essenziali), per un cambio di destinazione di locale commerciale, presentato a ottobre 2024, sul quale perviene un diniego derivante dal parere negativo sull’accertamento di compatibilità paesaggistica ex articolo 167 del D.Lgs. 42/2004, anzichè secondo il nuovo articolo 36-bis, quarto comma, del T.U.E, ammissibile anche per aumento di volume e di superficie. Il TAR accoglie il ricorso ritenendo illegittimo questo approccio (ad avviso dello scrivente, si suppone un contestato incremento di superficie o di volume derivato cambio d’uso), affermando che l’antinomia legislativa deve essere risolta in base al criterio della successione delle leggi nel tempo, per cui la norma più recente prevale su quella antecedente e in base al criterio di specialità, per cui la disciplina speciale per la sanatoria degli abusi minori prevale sulla norma generale, recata dal codice del paesaggio, tendente ad escludere qualsiasi sanatoria paesaggistica per le opere determinanti aumento di superfici e di volume (richiamando anche il Cons. di Stato n. 7486/2024 sullo ius supervenies costituito dal decreto Salva casa, e TAR Salerno n. 769/2025), ed invero, traslando le coordinate ermeneutiche nella fattispecie in esame, è evidente l’illegittimità dei provvedimenti impugnati; nella fattispecie, è venuto in rilievo un nuovo schema di sanatoria, operante in aree paesaggisticamente vincolate, sicché non paiono condivisibili le argomentazioni svolte dal procedente Ufficio, ancorate al precedente quadro di riferimento, trattandosi di una chiara ipotesi di ius superveniens, con introduzione di nuovi criteri, parametri e condizioni per la sanabilità e la conservazione delle opere abusive;

TAR Campania, Salerno n. 769/2025

Sul diniego avanzato dal Comune all’istanza di permesso in sanatoria ex arti. 36-bis, per accorpamento di due unità immobiliari e lievi parziali difformità dal titolo abilitativo, ritenendo di non poter applicare le nuove tolleranze costruttive nel regime di accertamento di conformità, presupponendo che le stesse tolleranze siano applicabili solo in caso di difformità relative a procedimenti autorizzati e non già rispetto ad interventi di remissione in pristino derivanti da provvedimenti repressivi. Il TAR accoglie il ricorso riprendendo i principi di ius superveniens già espressi con precedenti pronunce (TAR Salerno 406/2025 e Cons. di Stato n. 7486/2024).

TAR Emilia Romagna, Bologna, n. 165/2025

Per opere oggetto di CILA tardiva, dichiarata poi inefficace nel agosto 2018 dal Comune, consistenti in manutenzione straordinaria (modifiche interne non strutturali e realizzazione di tre abbaini). Al netto di ulteriori passaggi, ad agosto 2024 viene presentata una SCIA in sanatoria ex articolo 36-bis, introdotto pochi mesi prima dal D.L. 69/2024. Tuttavia anche su di essa il Comune esprime diniego a gennaio 2025 per asseriti contrasti alla disciplina urbanistico-edilizia, preannunciando l’avvio della procedura di inefficacia e dei conseguenti provvedimenti sanzionatori. Sulla questione il TAR dichiara l’improcedibilità, motivata dalla condivisibile giurisprudenza (vedi Consiglio di Stato sentenza n. 7203/2024) che rende improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’impugnazione avverso i precedenti atti riguardanti gli stessi manufatti, compreso il diniego dell’istanza di CILA in sanatoria, nonché l’ordinanza di demolizione e di attivazione del relativo procedimento per il ripristino d’ufficio dei luoghi, atteso che dopo la presentazione della sanatoria ex art. 36-bis citato il Comune ha l’obbligo di attivare una autonoma istruttoria in relazione alla nuova pratica di sanatoria, dovendo in caso di rigetto dell’istanza adottare un ulteriore provvedimento demolitorio conclusivo del procedimento, fissando in quella sede un altro termine per ottemperarvi, e che i ricorrenti potranno impugnare in quella sede ogni difesa, anche in punto di asserita formazione del silenzio-assenso sul nuovo titolo edilizio in sanatoria ex artt. 36-bis, co. 6 e 37, co. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (vedi anche TAR Milano, sentenza n. 3091/2024, Consiglio di Stato, sentenza n. 7203/2024).

TAR Campania, Salerno, n. 406/2025

Per difformità consistenti nel cambio d’uso da sottotetto ad abitazione, nonchè realizzazione di una tettoia coperta in tegole, contestate con ordinanza di demolizioni del 2006 e 2020; il Comune ha respinto la domanda di sanatoria presentata ai sensi del sopravvenuto articolo 36-bis D.P.R. 380/01, sostenendo l’applicazione del precedente quadro normativo di riferimento (a parere dello scrivente restano però perplessità sull’ammissibilità di tali illeciti in tale procedura). Il TAR accoglie il ricorso ritenendo che – come inferibile da Cons. di Stato n. 7486/2024 – lo ius superveniens costituito dalla disciplina “Salva Casa” (D.L. n. 69/2024, conv. in legge. n. 105/2024) faccia premio, in omaggio al sotteso favor per la regolarizzazione degli illeciti edilizi, su tutti i procedimenti sanzionatori non ancora irreversibilmente conclusisi col ripristino dello stato dei luoghi.

TAR Campania, Salerno n. 1929/2024

Inerente all’ordinanza di demolizione del giugno 2022, nonchè all’accertamento di inottemperanza alla demolizione e irrogazione delle sanzioni pecuniarie del maggio 2023, per opere effettuate in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, di tettoie ad uso ricovero animali e depositi per attrezzi agricoli. Tra i tanti motivi di ricorso, veniva contestata l’errata qualificazione degli illeciti non avrebbero necessitato del permesso nè dell’autorizzazione paesaggistica; in pendenza di ricorso, il soggetto ricorrente ha presentato ad agosto 2024 istanza di permesso in sanatoria ex articolo 36-bis T.U.E, introdotto con decreto Salva-casa, versandola nel ricorso medesimo. Il TAR dichiara improcedibile il ricorso in quanto la presentazione della suindicata istanza di accertamento di conformità ha fatto venir meno l’interesse concreto e attuale a impugnare l’ingiunzione di demolizione del giugno 2022 ed il provvedimento del maggio 2023. Ciò, in quanto, a seguito dell’occorsa sopravvenienza procedimentale, l’amministrazione dovrà, comunque, ripronunciarsi in merito alla sanabilità o meno delle opere in contestazione e, solo nel caso di reiterato diniego, riemergerà, in capo al proponente, l’interesse a gravare lo stesso unitamente alla reviviscenti misure sanzionatorie, mentre, viceversa, l’esito favorevole del rieditato accertamento di conformità renderà legittima l’edificazione sine titulo e non più applicabile le sanzioni ex ante irrogate. Né ad un simile approdo varrebbe opporre che il Comune, col provvedimento del maggio 2023 abbia già accertato l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione del giugno 2022. Ed invero, è da ritenersi che – come inferibile da Cons. Stato, sez. II, 9 settembre 2024, n. 7486 – il ius superveniens costituito dalla disciplina “Salva Casa” (art. 1, comma 1, lett. h, del d.l. n. 69/2024, conv. in l. n. 105/2024) faccia premio, in omaggio al sotteso favor per la regolarizzazione degli illeciti edilizi, su tutti i procedimenti sanzionatori non ancora irreversibilmente conclusisi col ripristino dello stato dei luoghi. Poiché, dunque, alla stregua di tale sopravvenienza procedimentale (implicante l’arresto temporaneo dei provvedimenti adottati), nessuna utilità pratica potrebbe derivare al soggetto ricorrente da una pronuncia di accoglimento.

Infine, si segnalano ulteriori fattispecie già trattate nei precedenti articoli:

Salva Casa, irretroattività delle disposizioni verso abusi edilizi già contestati

Passaggio a sanatoria Salva Casa per abusi insanabili su giudizi pendenti

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Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

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