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L’attestazione di conformità finale non riguarda la regolarità del procedimento e dello Stato Legittimo dell’immobile

Per prima cosa non si parla del collaudo statico, cioè quello emesso per fini strutturali e antisismici dalla apposita normativa speciale, bensì del certificato di collaudo finale “urbanistico” da presentare al Comune, con cui il progettista o Tecnico abilitato assevera la conformità dell’opera al progetto presentato con S.C.I.A.

Tale obbligo è previsto dall’articolo 23 comma 7 del Testo Unico Edilizia D.P.R. 380/01. Se qualcuno pensa che l’inserimento nell’articolo 23 possa circoscrivere l’obbligo di collaudo tecnico soltanto alla speciale SCIA alternativa al Permesso di Costruire, si sbaglia: intanto l’obbligo riguarda tutte e due le tipologie di SCIA, cioè ordinaria (articolo 22) e alternativa al P.d.C. (art. 23).

Si ricorda che una medesima dichiarazione di conformità dell’opera al progetto presentato è anche espressamente prevista obbligatoriamente dal comma 1 articolo 24 DPR 380/01 per dichiarare l’Agibilità per opere soggette a Permesso o SCIA; e proprio col successivo comma 5 che un Tecnico abilitato o Direttore Lavori assevera la sussistenza dei vari requisiti contenuti al precedente comma 1, tra cui appunto la conformità esecutiva delle opere.

In tutto questo, non c’è da fare confusione con la comunicazione di Fine lavori, il cui modulo è stato pure unificato con apposita modulistica su base nazionale dal 2017.

In secondo luogo, questo istituto di “collaudo amministrativo tecnico” è stato probabilmente integrato ed esteso a ogni pratica edilizia in base alle disposizioni regionali (vedi L.R. Toscana n. 65/2014). E comunque dove non è ancora arrivata la norma regionale, molti Comuni hanno adottato prassi simili, richiedendo una apposita dichiarazione dal Direttore dei Lavori ai sensi dei regolamenti edilizi.

In estrema sintesi, è stata chiarita la distinzione tra le asseverazioni relative alla nozione di Stato Legittimo di partenza e di conformità esecutiva dell’opera assentita con DIA, SCIA e Permesso; un discorso a parte sulla Fine lavori della CILA invece l’ho già espresso in precedente approfondimento.

Rammento che la dichiarazione di ultimazione lavori non ha valore probante la conformità dell’opera compiuta al progetto edilizio autorizzato o assentito, e in particolare non assume rilevanza probatoria sull’asserita coincidenza del fabbricato realizzato in origine con quello rappresentato nel progetto approvato. Oltre a questo, è bene ricordare che la mancata dichiarazione di Fine lavori lascia enormi spiragli di responsabilità a carico del Direttore Lavori in carica.

Cassazione Penale chiarisce obblighi e responsabilità del collaudo amministrativo

Sul deposito di questo collaudo urbanistico attestante la conformità delle opere assentite si è recentemente espressa la Cassazione Penale con sentenza n. 43299/2023, la quale ha provveduto a distinguere ruoli, finalità e responsabilità intercorrenti tra collaudo di fine lavori e la regolarità dell’intervento asseverato con la pratica.

Premesso che tale fattispecie riguarda una DIA presentata nel 2009 e conclusasi nel 2012 con dichiarazione di fine lavori, e contestuale collaudo amministrativo edilizio, la sentenza opera una corretta distinzione sotto diversi profili.

Sappiamo benissimo che la “verità” della rappresentazione dello stato di fatto dell’immobile ante opera è correlata anche alla veridicità del certificato di collaudo amministrativo, ma non è condizionata rigidamente.

La Cassazione ha distinto separatamente le finalità previste dalla sopravvenuta definizione di Stato Legittimo dell’immobile ex articolo 9-bis comma 1-bis DPR 380/01, da quella del collaudo amministrativo finale della pratica edilizia ex articolo 23 c.7 DPR 380/01 (DIA nella fattispecie) stabilendo che esso:

  • deve solo attestare la conformità delle opere realizzate al progetto allegato alla D.I.A.
  • non deve attestare la regolarità del procedimento amministrativo che ha condotto al rilascio del titolo abilitativo e quindi nemmeno la falsità di talune tavole progettuali volte a descrivere lo stato di fatto ante operam.

In base a questi chiarimenti, diventa netta la distinzione operativa e delle finalità del collaudo tecnico, limitando la responsabilità alla sola conformità/difformità dell’opera effettivamente compiuta rispetto a quella descritta nella pratica edilizia.

A rimarcare la distinzione, nella sentenza sottolinea come Spesso il collaudatore è soggetto diverso dal progettista e non si può pretendere dallo stesso di attestare, con il certificato di c:ollaudo finale, la legittimità del provvedimento amministrativo che consente l’esecuzione dei lavori.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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