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Difficile separare nettamente gli abusi di totale difformità da quelli in parziale difformità

Tra la Parziale difformità e Totale difformità esiste una delicata linea di demarcazione.

L’attuale ordinamento nazionale del T.U.E. DPR 380/01 prevede alcune ipotesi di difformità edilizie rispetto ai permessi rilasciati.

Prendiamo in esame quelli indicati come Totale difformità previsti dall’art. 31 e quelli in Parziale difformità di cui art. 34 del TUE.

Entrambi, se rispettosi del fondamentale principio di doppia conformità, possono essere oggetto di domanda di sanatoria ordinaria, fatto salvo anche tutti gli aspetti settoriali edilizi come antisismica, risparmio energetico, impianti, paesaggistica, eccetera.

Nel caso in cui non siano rispettosi del criterio di doppia conformità urbanistica, tra le due ipotesi di difformità edilizia può esistere una differenza.

Infatti in assenza di tale requisito per il reato di abuso edilizio compiuto in totale difformità è prevista da sola ipotesi di demolizione e rimessa in pristino, a prescindere da tutto.

Si rammenta che il reato edilizio in totale difformità coinvolge  l’intero organismo edilizio nel suo insieme, estendendo la contestazione all’intero corpo di fabbrica.

In sostanza l’ipotesi di totale difformità presuppone un precedente rilascio di permesso di costruire, la cui esecuzione diventa totalmente divergente è differente da quanto progettato è autorizzato.

Per l’art. 31 del TUE, gli abusi edilizi di totale difformità sono interventi comportanti la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso da quello oggetto del permesso stesso per caratteristiche:

  • tipologiche
  • planovolumetriche
  • utilizzazione
  • ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.

I primi tre punti sono abbastanza chiari in linea di principio, ma nella pratica possono diventare assai opinabili e di difficile individuazione certa.

Alle parziali difformità è riservato una possibile via di uscita, ancorché non sanante

Invece il reato edilizio di parziale difformità implica un  precedente rilascio di idoneo titolo edilizio, la cui esecuzione diverge in parte da quanto progettato, mantenendo complessivamente un certo grado di coerenza col progetto legittimato dal titolo.

Per questa ultima ipotesi il legislatore nazionale ha previsto e normato i casi in cui la rimessa in pristino e la rimozione non sia possibile in quanto potrebbe pregiudicare le porzioni legittime, ovvero quelle che invece risultano coerenti con i progetti autorizzati.

Il caso più frequente, ad esempio, riguarda il pregiudizio che potrebbe derivare per motivi strutturali e antisismici,  come anche quelli di natura geologica e geotecnica.

Caso frequente di contenzioso è la distinzione tra parziale e totale difformità nelle ordinanze di remissione in pristino

Il proprietario dell’immobile che si vede recapitare ordinanza di demolizione integrale e remissione in pristino può anche opinare sulla legittimità o coerenza del provvedimento sanzionatorio, e se esso sia aderente al caso oppure eccedente.

Può essere quindi il caso in cui nell’ordinanza basata su motivazione carente e ambigua, fondata piuttosto su presunzioni e asserzioni rispetti a dati e documentazioni inconfutabili.

In particolare non è proprio semplice individuare la linea di confine tra la totale difformità e la parziale difformità, posto che quest’ultima non è accompagnata da ipotesi esemplificative, al contrario della totale difformità.

Un esempio potrebbe derivare dalla lettura della sentenza del Consiglio di Stato VI n. 1939/2017.

Purtroppo la nebulosità di queste casistiche rischia di essere travasata in una probabile situazione “borderline” e quindi da poter trattare in sede di contenzioso amministrativo, onde avere una situazione più chiara.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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