In giurisprudenza amministrativa convivono più orientamenti circa l'ammissibilità di sanatoria strutturale
Un sistema eccessivamente rigido sulla carta è risultato inattuabile nella realtà delle irregolarità compiute su edifici risalenti
scritto con Avv. Fabio Squassoni.
Sembrano crescenti le notizie relative all’avvio di un percorso di riforma del Testo Unico Edilizia DPR 380/01, ma per ora possiamo inquadrarle soltanto come “prove tecniche”.
Sappiamo benissimo che una riforma profonda del T.U.E. dovrebbe strutturarsi proprio come un edificio, partendo cioè da solide fondamenta, ovvero il superamento dell’attuale regime di legislazione concorrente in edilizia con riforma costituzionale, che non ci risulta sia attualmente in programma, pertanto è dubitabile che interventi di modifica a livello di legge ordinaria, pur se nazionale, possano avere portata risolutiva.
In ogni caso e nell’attesa di conoscere quale forma (Legge ordinaria? Legge delega + decreti delegati?) assumerà la riforma, è il caso di domandarsi cosa sarebbe prioritario inserire in questo contenitore.
In ogni caso, fate veloce, perchè ogni giorno che passa molte persone e proprietari di immobili si svegliano da un lungo sonno in cui credevano che i propri immobili fossero urbanisticamente a posto (o in buona parte).
In verità la normativa sullo Stato Legittimo immobiliare introdotta col D.L. 76/2020 ha sturato le orecchie anche al più sordo, sbattendoci in faccia una amara verità nota soltanto ai più attenti professionisti del settore: quando vendi, compri o trasformi un immobile occorre fare una completa “radiografia” di conformità per tutte le sue porzioni. E tale operazione va effettuata anche nei confronti di illeciti edilizi compiuti in qualsiasi epoca.
Per molti sta diventando evidente che gran parte del patrimonio costruito decenni fa in Italia è:
- abusivo e/o difforme;
- fuori tolleranze edilizie;
- irregolare verso almeno una di quella trentina di norme di settore avente incidenza edilizia (es. paesaggistica, antisismica, vincoli, eccetera).
E fin qui passi: ma il vero problema è che l’attuale regime normativo del DPR 380/01 concede una sola via d’uscita da queste situazioni di irregolarità, soprattutto per quelli risalenti ed esistenti da almeno quarant’anni e ogni giorno che passa il tempo diviene sempre più stretta. Addirittura basta l’arrivo di un vincolo a chiuderla definitivamente.
E’ vero, gli illeciti edilizi hanno natura permanente, ma occorre capire i motivi per cui questa grande massa di immobili licenziati a suo tempo risulta affetta oggi da illeciti e abusi, nonostante tre condoni edilizi.
Una risposta diamola subito: nessun edificio plurifamiliare o condominiale in passato ha valutato in materia unitaria la questione, presentando una singola generale istanza di sanatoria. Ma soprattutto in passato nessuno ha fatto le verifiche di Stato Legittimo, salvo rarissimi casi in situazioni molto semplici, cioè mosche bianche.
Non è uno scherzo affermare che l‘attuale (nonché unico) regime di “doppia conformità” di sanatoria edilizia sia una soluzione per lo più a illeciti puramente formali, e in crescente conflitto con le altre norme edilizie.
Molti cittadini stanno scoprendo che le irregolarità espressamente tollerate e conosciute dalla P.A. al rilascio dell’agibilità ( o abitabilità secondo l’epoca), oggi configurano abusi edilizi gravi e perfino insanabili. Altri apprendono che una finestra spostata di trenta cm in zona vincolata configura abuso edilizio anche penalmente rilevante.
La cosa che sorprende molti altri invece sono le “scintille” contraddittorie e paradossali tra le norme: casi in cui l’immobile sarebbe sanabile a livello edilizio ma è irrecuperabile a livello paesaggistico con conseguente demolizione; casi in cui le difformità si potrebbero fiscalizzare sul piano edilizio, ma sono necessariamente da ripristinare su quello antisismico. E via dicendo.
Piano piano in molti stiamo arrivando ad una aspra conclusione: ma davvero è tutto abusivo?
E se è così, siamo sicuri che vada bene? Non abbiamo forse creato un sistema eccessivamente rigido sulla carta che invece risulta inattuabile nella realtà?
A meno che non ci sia l’intento di acquisire gratuitamente buona parte del patrimonio edilizio degli italiani, e valutarne la demolizione, forse è giunto il momento di fare autocritica generale (cioè anche da parte della P.A.), e valutare con occhio critico se a oltre quarant’anni di distanza per immobili licenziati/concessionati ci sia ancora un legittimo interesse a ripristinare la legalità violata, valutando in concreto l’eventuale danno permanente sofferto dalla collettività.
Fabio Squassoni avvocato e Carlo Pagliai ingegnere.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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