Costruzioni e interventi esonerati dal titolo abilitativo richiedono dimostrazione epoca e consistenza
Caratteristiche di precarietà, temporaneità e destinazione servono per qualificare le tende a copertura di materiali esterni
Focalizziamo quelle strutture installate a protezione di merci e materiali esposti all’esterno in piazzali, o per ricovero veicoli; la loro installazione avviene con intenti transitori, semplicemente zavorrato o inchiodati a terra.
Tuttavia l’apparente posa “leggera” su spazi esterni, pavimentati o meno, non può considerarsi automaticamente in edilizia libera secondo Testo Unico Edilizia e Glossario di edilizia libera vigenti.
Per prima cosa escludiamo quei gazebi da giardino, pieghevoli e facilmente amovibili al punto che sono rientranti nella sfera degli arredi da giardino e allestimento in aree ludiche.
Piuttosto è necessario riprendere come riferimento la categoria di strutture provvisorie per situazioni di temporanea contingenza, sottolineando proprio il criterio di limitata transitorietà.
Tale criterio infatti è difficilmente giustificabile per quelle strutture telonate o tendoni finalizzati a proteggere merci e veicoli, posizionati a tempo indeterminato, senza caratteristiche di facile rimovibilità e con discrete caratteristiche dimensionali/strutturali.
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Nozione e ammissibilità del Gazebo merci
Pertanto si riportano le uniche due definizioni di gazebo inquadrate nel regime di edilizia libera, specificate nell’omonimo Glossario emanato con C.U. del 22 febbraio 2018:
- n. 44: installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento di gazebo, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo (Aree ludiche senza fini di lucro ed elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici, riferimento art. 6 c.1 lett. e-quinques TUE)
- n. 53: installazione gazebo con Comunicazione Avvio Lavori, nonchè interventi di manutenzione, riparazione e rimozione per i quali non è necessaria la Comunicazione, qualora siano dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni (portato a centottanta giorni col DL 76/2020).
Queste due tipologie di gazebo sono rispettivamente inquadrabili come arredi da giardino e strutture provvisorie per situazioni di temporanea contingenza.
Per quanto riguarda le tensostrutture, pressostrutture e quelle assimilabili citate alla voce n. 56 del predetto Glossario, sono ammesse in edilizia libera (soggette a C.A.L.) soltanto quando siano dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni (portato a centottanta giorni col DL 76/2020).
Tutte le altre diverse ipotesi di gazebo o sistemi di tensostrutture non rientranti in questo regime di edilizia libera, vanno a configurare trasformazione urbanistica ed edilizia del suolo, per cui soggette a Permesso di Costruire in base all’articolo 10 del DPR 380/01. In base alla tipologia e caso per caso, potranno configurare ristrutturazione edilizia “pesante” di edifici esistenti oppure nuova costruzione.
Gazebo per deposito merci e tendoni
L’installazione di gazebo con finalità espositiva o protettiva della merce comporta un’estensione della superficie commerciale, e non risponde in alcun modo a finalità di mero arredo di spazi esterni (TAR Roma n. 11418/2023).
In particolare viene meno la natura provvisoria quando si ha la permanente funzionalizzazione per esigenze commerciali, cioè quando il gazebo viene praticamente allestito a vetrina dei prodotti.
La collocazione permanente di opere come gazebo, anche non infissa al suolo e dotata di precarietà strutturale, perde la finalità di soddisfare esigenze temporanee quando al suo interno vengono inseriti materiali e prodotti a scopo espositivo/deposito.
Per qualificare un’opera come precaria, occorre riferirsi non tanto e non solo alla consistenza strutturale e all’ancoraggio al suolo dei materiali di cui si compone, ma condurre l’esame in termini funzionali, accertando se si tratta di un’opera destinata a soddisfare bisogni duraturi, ancorché realizzata in modo da poter essere agevolmente rimossa.
Le caratteristiche costruttive del manufatto non sono quindi idonee a comprovarne il carattere precario, essendo destinato ad uso duraturo nel tempo, avente notevoli dimensioni ed impatto.
Quindi la natura precaria di un manufatto deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell’opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione.
Non è sufficiente la sua rimovibilità, il mancato ancoraggio al suolo o la temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, non dovendo l’opera precaria comportare una trasformazione irreversibile del territorio e l’accertamento della natura precaria dell’intervento deve essere effettuato secondo un criterio obiettivo: perché un’opera possa essere qualificata come precaria, deve trattarsi di un intervento oggettivamente finalizzato ad un uso temporaneo e limitato.
Il concetto di precarietà va distinto, quindi, da quello di amovibilità, non essendo quest’ultimo coessenziale per l’individuazione della natura precaria dell’opera realizzata e ciò coerentemente con l’art. 3, lettera d, punto e.5, che disciplina le strutture leggere, espungendo dalla nozione di ristrutturazione edilizia solo quelle opere che siano destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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