Skip to content
Facciata ponteggi con gru

Partiamo prima da un esempio rispondente alla fattispecie trattata in sentenza del Consiglio di Stato n. 7754 del 23 settembre 2025, ossia della ristrutturazione di tettoie pertinenziali dell’azienda agricola in due depositi agricoli, depositando nel 2004 una DIA alternativa al Permesso di Costruire e originariamente in assenza di vincoli paesaggistici; dopo qualche mese il Comune ordina la sospensione e inibisce l’intervento in quanto gli aumenti di cubatura erano vietati in quell’area. Nonostante il divieto di prosecuzione, l’intervento viene effettuato ugualmente e per il quale nel 2005 viene presentata istanza di accertamento di conformità ex articolo 36 DPR 380/01, accertato dalle competenti autorità, con l’emissione del conseguente ordine di demolizione e rimessa in pristino nel 2006. In via estremamente sintetica, nel 2007 è entrato in vigore un vincolo paesaggistico per il quale il soggetto richiedente la sanatoria ha ritenuto irrilevante la sua applicazione postuma ai fini della sanatoria. In verità il giudizio finale si conclude in senso contrario, confermando la granitica giurisprudenza in materia di sopravvenienza del vincolo nei confronti di abusi edilizi accertati o oggetto di sanatoria edilizia. Ciò significa che l’arrivo di un vincolo non è mai una buona notizia per gli illeciti edilizi, in quanto la procedura di regolarizzazione in corso, o avviata, deve provvedere alla regolarizzazione del relativo profilo, sempre che sia possibile farlo.

L’introduzione di un vincolo sul territorio non è retroattivo, ma nemmeno può restare privo di conseguenze giuridiche.

In tutte quelle casistiche immobiliari in cui venga istituito un vincolo successivamente alla realizzazione di un abuso edilizio, non è possibile regolarizzare il profilo edilizio escludendo invece quello vincolistico (esempio la paesaggistica): l’apposizione del vincolo sul bene oggetto di sanatoria (o anche di semplice accertamento) comporta l’applicazione degli effetti del vincolo, anche se l’illecito edilizio è stato fatto precedentemente all’istituzione del vincolo, perfino in epoca remota. L’applicazione postuma delle disposizioni di tutela del vincolo si estende perfino agli illeciti edilizi oggetto di istanza di condono ancora pendenti, cioè non ancora rilasciati, nonostante siano trascorsi molti anni dalle rispettive tre leggi sul condono edilizio (L. 47/1985, L. 724/1994, D.L. 269/2003).

La regolarizzazione dei profili “puramente” edilizi va tenuta distinta da quella dei relativi profili vincolistici, dovendo cioè ottenere i relativi pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati, nelle rispettive forme di sanatoria o regolarizzazione, ove sia possibile. Infatti il vero problema non è tanto ottenere il parere favorevole dall’ente preposto a vigilare sulla tutela del bene vincolato, ma piuttosto se esista una espressa procedura di regolarizzazione; e qui si aprono interrogativi in cui risulta ammissibile o meno ottenere un qualche titolo di regolarizzazione per quanto attiene al vincolo, anche nei casi in cui la norma non disponga nulla in merito, ad esempio il vincolo idrogeologico o dei beni culturali. Si sono riscontrate prassi non uniformi sul territorio nazionale, a volte giustificate anche da norme regionali e da regolamenti locali dei rispettivi enti preposti.

Carlo-pagliai-Telegram

Seguimi dal canale Telegram

Quando il vincolo è sopravvenuto rispetto all’abuso edilizio, occorre comunque ottenere il parere di assentibilità della sanatoria

Da ultimo la sentenza del Consiglio di Stato n. 7754/2025 ha confermato la propria giurisprudenza, ribadendo il principio secondo il quale «se è vero che il vincolo sopravvenuto non può operare in via retroattiva, lo stesso non può neppure restare senza conseguenze sul piano giuridico, dovendosi ritenere sussistente l’onere di acquisire il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo in ordine alla assentibilità della sanatoria delle opere abusivamente realizzate in precedenza alla sua apposizione» (vedi tra le tante anche Cons. di Stato 3 aprile 2024, n. 3047, Cons. St., sez. VII, 6 marzo 2023, n. 2307, Cons. St., sez. VI, 28 luglio 2022, n. 6671; Cons. St., sez. VI, 21 luglio 2017, n. 3603; Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2297).

Tra l’altro occorre rammentare che il principio trae radice dal chiarimento effettuato dall’Adunanza Plenaria n. 20/1999 del Consiglio di Stato, passando in rassegna i contrastanti orientamenti all’epoca emersi in sede giurisprudenziale in materia di condono edilizio, ed applicabili anche al regime ordinario di sanatoria edilizia: essa ha rilevato come «il vincolo paesaggistico su un’area, ancorché sopravvenuto all’intervento edilizio, non possa restare senza conseguenze sul piano giuridico, derivandone, indefettibilmente, che deve ritenersi sussistente l’onere procedimentale di acquisire il prescritto parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo in ordine all’assentibilità della domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo, per essere tale valutazione funzionale all’esigenza di vagliare l’attuale compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente con lo speciale regime di tutela del bene compendiato nel vincolo».

Ora, se è vero che la giurisprudenza richiamata si riferisce all’ipotesi in cui sia stata proposta istanza di sanatoria e debba concludersi il relativo procedimento, è del tutto evidente e consequenziale che tale principio debba trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui, in presenza di un immobile abusivo, l’ente preposto alla tutela del territorio ne ordini la demolizione (sul punto vedi anche Cons. di Stato 3 aprile 2024, n. 3047).
Ciò in quanto, sulla base del principio tempus regit actum, rileva il complessivo regime giuridico dell’area alla data di emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, sicché la sopravvenienza del vincolo, rispetto all’edificazione delle opere, osta al rilascio del titolo non solo per le molteplici previsioni delle varie leggi condonistiche, ma anche in riferimento alla generale disciplina del permesso in sanatoria di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Consiglio di Stato n. 7754/2025).

Il Consiglio di Stato ha anche affermato che il principio della c.d. doppia conformità, di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, rimane indipendente dai vari profili vincolistici, confermando espressamente, che «contrariamente a quanto asserito dall’appellante non basta, pertanto, in caso di vincolo sopravvenuto all’esecuzione dell’opera abusiva, la c.d. doppia conformità urbanistica dell’immobile, in quanto indipendentemente dal fatto che l’abuso risulti sanabile dal punto di vista edilizio, la sanatoria potrà essere concessa solo nel caso in cui i lavori eseguiti siano ritenuti compatibili con l’interesse paesistico tutelato» (Cons. St., sez. VI, 28 luglio 2022, n. 6671). Lo stesso criterio trova applicazione anche verso il nuovo regime di doppia conformità, di cui all’articolo 36-bis DPR 380/01, introdotto dalla legge n. 105/2024.

Vincolo paesaggistico sopravvenuto: scenari differenziati in base all’epoca

Merita un cenno la particolare disciplina paesaggistica e dei relativi profili di regolarizzazione, in quanto oggi sono vigenti:

  1. la ordinaria procedura di Compatibilità paesaggistica “postuma” ai sensi dell’articolo 167, quarto comma, del D.Lgs. 42/2004, ammissibile per illeciti paesaggistici e comunque preclusi a quelli comportanti creazione o aumento di volumetria e superficie utile,
  2. la più recente procedura semplificata di cui all’articolo 36-bis DPR 380/01 (introdotta dal decreto-legge n. 69/2024 “Salva Casa” convertito in legge 105/2024), la quale non prevede le medesime limitazioni, ancorché limitata ai soli illeciti edilizi minori inquadrabili nel medesimo articolo 36-bis.

Si deve rammentare che la possibilità di regolarizzare il profilo paesaggistico può cambiare aspetto in base all’epoca di esecuzione dell’illecito, per il quale si rende comunque necessario ottenere la positiva valutazione di compatibilità postuma in tutti i casi. Infatti, la giurisprudenza ha manifestato diverse aperture sul regime differenziato in base al criterio temporale, in quanto gli illeciti compiuti prima dell’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e paesaggio non risulterebbero soggetto al regime repressivo più rigoroso dello stesso codice. In tal senso è stata confermata più volte la possibilità di regolarizzare l’illecito paesaggistico effettuato ante Codice, potendo ottenere la Compatibilità paesaggistica postuma anche nei casi esclusi a priori dall’articolo 167 c.4 del D.Lgs. 42/2004. Su tale possibilità si rinvia a quanto trattato in precedente approfondimento.

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

Carlo Pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE

Articoli recenti

Torna su