La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
Il rilascio del permesso di costruire è subordinato a vari presupposti di legge, in quanto il comma 3 articolo 16 D.P.R. 380/2001 non inserisce tra i presupposto il preventivo pagamento del contributo di costruzione:
La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.
Ergo, l’avvenuto pagamento del contributo concessorio edilizio non è condizione necessaria per consentire il rilascio o ritiro del titolo abilitativo, né tanto meno per annullarlo a posteriori.
Il principio è tanto pacifico quanto disconosciuto nella prassi amministrativa, perché molti Comuni intendono comprensibilmente prevenire un procedimento di recupero crediti verso il soggetto che ha ottenuto il titolo.
Oltre al tenore normativo del Testo Unico Edilizia anzidetto questi principi sono richiamati dalla giurisprudenza amministrativa: il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 12 del 30 agosto 2018 ha stabilito che il pagamento del contributo di costruzione (comprensivo del costo di costruzione) costituisce oggetto di un ordinario rapporto obbligatorio. In materia di obbligo di pagamento del contributo di costruzione la stessa Adunanza Plenaria ha precisato i seguenti principi:
a) gli atti con i quali la pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale, sicché ad essi non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela dettata dall’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio;
b) la pubblica amministrazione, nel corso di tale rapporto, può pertanto sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di tale contributo, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza, mentre per parte sua il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento;
c) l’amministrazione comunale, nel richiedere i detti importi con atti non aventi natura autoritativa, agisce quindi secondo le norme di diritto privato, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, della l. n. 241 del 1990, ma si deve escludere l’applicabilità dell’art. 1431 c.c. a questa fattispecie, in quanto l’errore nella liquidazione del contributo, compiuto dalla pubblica amministrazione, non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, in quanto o riguarda l’applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica;
d) la tutela dell’affidamento e il principio della buona fede, che in via generale devono essere osservati anche dalla pubblica amministrazione dell’attuazione del rapporto obbligatorio, possono trovare applicazione ad una fattispecie come quella in esame nella quale, ordinariamente, la predeterminazione e l’oggettività dei parametri da applicare al contributo di costruzione, di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001, rendono vincolato il conteggio da parte della pubblica amministrazione, consentendone a priori la conoscibilità e la verificabilità da parte dell’interessato con l’ordinaria diligenza, solo nella eccezionale ipotesi in cui tali conoscibilità e verificabilità non siano possibili con l’ordinaria diligenza richiesta al debitore, secondo buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), nell’ottica di una leale collaborazione volta all’attuazione del rapporto obbligatorio e al soddisfacimento dell’interesse creditorio vantato dal Comune.
In sostanza il mancato pagamento degli oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione legittima l’Amministrazione ad esercitare il suo potere-dovere in ordine all’applicazione di sanzioni pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001, e, in caso di persistenza dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate, ai sensi dell’art. 43 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001 (in questa direzione si possono menzionare le sentenze TAR Milano n. 1736/2024, n. 1561/2020, n. 1242/2018).
La legittimità del titolo edilizio, comunque formatosi, è del tutto indipendente dal pagamento degli oneri concessori e, pertanto, l’asserito omesso pagamento degli oneri, peraltro a lavori ultimati, non può incidere (men che meno retroattivamente) sulla legittimità del permesso di costruire, allorquando, come nella fattispecie in esame, il manufatto oggetto del permesso sia conforme alla disciplina urbanistica vigente (Consiglio di Stato n. 6131/2024, TAR Bari n. 871/2020).
Sempre nella stessa direzione va anche TAR Napoli n. 964/2021 (e anche n. 321/2021):
Come evidenziato dalla ricorrente il rilascio o meno del permesso di costruire è subordinato alla sussistenza dei presupposti di legge tra i quali non figura il mancato o ritardato pagamento del contributo di costruzione in riferimento a un pregresso titolo (presidiato da altre e specifiche sanzioni). Lo stesso art. 16, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001 non condiziona il rilascio del permesso di costruire al preventivo pagamento del costo di costruzione (così, la disposizione: “3. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione”). Inconferente il richiamo operato dalla difesa comunale all’art. 12, comma 2 del medesimo decreto che stabilisce che “il permesso di costruire è subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”.
Ciò significa che l’omesso o ritardato pagamento del contributo di costruzione, composto da oneri di urbanizzazione e contributo sul costo di costruzione, non può comportare illegittimità o inefficacia del titolo edilizio. Ergo, il versamento o meno degli oneri concessori non ha incidenza sul rilascio ed efficacia del titolo abilitativo rilasciato.
Gli stessi principi valgono sia per le varianti (TAR Lazio n. 788/2011), ma anche per le pratiche edilizie SCIA e DIA (TAR Milano n. 1736/2024).
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE
Articoli recenti
- Autorizzazione sismica in sanatoria non è riconosciuta nel nostro ordinamento
- Chi è responsabile degli abusi edilizi e condannato alla demolizione?
- Inagibilità immobile derivante da Abusi edilizi
- Affittacamere, cambio d’uso da residenziale è rilevante e richiede pratica edilizia
- Ogni intervento in contrasto a disciplina urbanistico-edilizia vigente va rimosso
- Anche l’Edilizia libera in Stato Legittimo