Devono essere firmate e fare parte integrante del rogito di trasferimento nell'ambito della conformità catastale

Indice
- Mie considerazioni in premessa
- Cassazione, la nullità formale della compravendita non scatta con discordanze tra realtà e attestazione conformità catastale
- Cosa prevede l’attestazione di conformità catastale negli atti di trasferimento tra vivi
- Dichiarazione di conformità sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale
- Nullità formale dell’attestazione di conformità catastale
- La dichiarazione mendace di conformità catastale non produce nullità dell’atto, a meno che non sia palese
- Esecuzione in forma specifica, rapporto con conformità catastale
Interessante la sentenza di Cassazione Civile n. 27531 del 15 ottobre 2025, in cui è stata confermata la natura di nullità testuale o nullità formale relativamente all’attestazione di conformità catastale, da effettuarsi obbligatoriamente negli atti di trasferimento immobiliare tra vivi in ordine ai dati, intestazioni e planimetrie catastali.
La sentenza è coerente con l’orientamento assunto con decisione presa dalla Cassazione Civile a Sezioni Unite n. 21761/2021, confermando che la nullità dell’atto di compravendita relativa alle dichiarazioni di conformità dei dati e planimetrie catastali va intesa di tipo formale, e scatta quando risultano assenti queste dichiarazioni, a prescindere dalla loro veridicità, verosimilmente come per la Commerciabilità urbanistica degli immobili.
La fattispecie della sentenza non riguarda un rogito definitivo di compravendita, bensì l’esecuzione in forma specifica del preliminare, ossia la procedura esecutiva che produce gli effetti traslativi forzati del preliminare stipulato; detto ciò, la fattispecie ha per oggetto l’esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di vendita di un abitazione, stipulato nel 1997 e integrato nel 2003, comprensiva delle cantine e posto auto. La parte promittente l’acquisto ha contestato l’autenticità dei contratti ed eccepiva la nullità dei medesimi per violazione del divieto di patto commissorio. Inoltre, in corso di causa il Tribunale di primo grado ha riscontrato la difformità tra lo stato di fatto degli immobili e le planimetrie catastali e, conseguentemente, considerando tale difformità ostativa della pronuncia traslativa della proprietà. Sul punto si rammenta che la nullità degli atti di trasferimento tra vivi può essere rilevata anche in via incidentale da chiunque, in particolar modo nei confronti delle norme sulla:
- commerciabilità degli immobili (articoli 40 L. 47/85 e 46 D.P.R 380/01);
- conformità catastale (Art. 29, comma 1-bis, L. 52/1985).
In primo grado è stata accolta la domanda del promittente l’acquisto e disposto il trasferimento coattivo dell’immobile, dando avvio all’esecuzione in forma specifica, mentre in Appello è stata riformata la decisione respingendo l’esecuzione in forma specifica sulla base della contestata conformità catastale e alla conseguente incoerenza catastale, tale da inibire l’invocato effetto traslativo finale. Sul punto è opportuno ribadire che, le nullità contrattuali connesse alla conformità catastale e alla commerciabilità degli immobili, sono riferibili agli atti di trasferimento definitivo e non al preliminare: ma è anche vero che l’esecuzione in forma specifica, dovendo produrre gli stessi effetti dell’atto traslativo della res non può derogare ai requisiti previsti dalla legge e suscettibili di nullità dell’atto stesso.
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Mie considerazioni in premessa
Va premesso che in materia di conformità catastale la giurisprudenza si è consolidata la tesi formalista della natura di nullità dell’atto traslativo, senza cioè entrare nel merito della corrispondenza tra lo stato effettivo dell’immobile e le risultanze catastali, quali le planimetrie e dati di censimento. A rafforzare questa possibilità c’è anche quella sorta di “tolleranza catastale”, cioè la possibilità di evitare l’aggiornamento dei dati e planimetrie catastali per discordanze o modifiche irrilevanti, almeno secondo il profilo fiscale tributario. Premesso ciò, se posso dare un consiglio alle parti venditrici e acquirenti degli immobili, è preferibile aggiornare sempre la planimetria catastale a fronte di certe discordanze apparentemente lievi, per i seguenti motivi e vantaggi, evitando di considerare a sé stante il profilo catastale ma bensì di connetterlo agli profili immobiliari:
- non facciamone una questione di costi e tempistiche, perchè la comunicazione di aggiornamento DOCFA è rapida e di imposti modesti, e le parcelle professionali non sono insostenibili per il privato (lo so, sono di parte);
- non facciamone neppure una questione di principio;
- il rilievo dell’immobile va svolto comunque per le verifiche di Stato Legittimo e il rispetto delle relative tolleranze;
- la planimetria catastale presente in banca dati non ha soltanto funzione fiscale, ma rappresenta lo stato dei luoghi dichiarato e si relazione con lo Stato Legittimo urbanistico-edilizio;
- la planimetria catastale ha data certa, e potrebbe contraddire la regolarità urbanistico-edilizia dell’immobile nel presente e nel futuro, avendo indubbiamente valore probante;
- margine di incertezza sulle discordanze soggetto o meno all’obbligo di aggiornamento catastali: sono suscettibili di interpretazioni discrezionali da parte dei Tecnici professionisti, come avviene già anche per le tolleranze costruttive ed esecutive delle unità immobiliari. Nel dubbio, è consigliato effettuare l’aggiornamento;
- la planimetria perfettamente aggiornata aiuta le Parti venditrici e acquirenti, e soprattutto il notaio, a descrivere e rappresentare con chiarezza l’immobile durante le fasi preparatorie e di lettura del rogito stesso.
- Le incongruenze inerenti alla conformità catastale oggettiva potrebbero appunto suscitare nelle parti acquirenti dubbi sulla regolarità dello Stato Legittimo, ed è preferibile (e meno costoso) aggiornare la situazione catastale piuttosto che affrontare i costi e tempi di un procedimento giudiziario.
- Le parti venditrici e acquirenti non hanno capacità valutative in questo senso, per cui devono farsi assistere dai migliori professionisti tecnici del settore.
- Evitare anche contestazioni e procedimenti penali attinenti alla falsa attestazione.
Cassazione, la nullità formale della compravendita non scatta con discordanze tra realtà e attestazione conformità catastale
Nel ricorso in Cassazione il soggetto promittente l’acquisto ha contestato che la decisione dell’Appello, sostenendo che la nullità non poteva essere dichiarata in ragione dell’accertamento che le menzioni catastali versate in atti fossero difformi dalla realtà, come da perizia del C.T.U., né tale accertamento in fatto avrebbe potuto impedire l’emanazione della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., poiché la natura formale e testuale della nullità avrebbe consentito la produzione dell’effetto traslativo alla stregua della dichiarazione dell’intestatario contenente gli elementi identificativi dell’immobile nonché dell’attestazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
La sentenza di Cassazione n. 27531/2025 accoglie questa tesi, confermando che in presenza di difformità tra le planimetrie catastali e lo stato di fatto dell’immobile non può essere dichiarata la nullità dell’atto o l’impossibilità di effettuare l’atto esecutivo producente gli stessi effetti traslativi ai sensi dell’articolo 2932 del Codice Civile (esecuzione in forma specifica); in particolare, all’obbligo di menzionare la conformità catastale è attribuita natura di dichiarazione formale, e soprattutto di nullità formale, escludendo invece la natura sostanziale di tale dichiarazione. Per molti versi somiglia all’analoga diatriba tra i più orientamenti formatisi sulla commerciabilità degli immobili in funzione dell’obbligo di menzionare i titoli abilitativi negli atti di trasferimento, per i quali il chiarimento è pervenuto con la celebre sentenza di Cassazione civile resa a Sezioni Unite n. 8230/2019.
Cosa prevede l’attestazione di conformità catastale negli atti di trasferimento tra vivi
È opportuno riepilogare dettagliatamente la disciplina e gli obblighi previsti in materia di conformità catastale negli atti di trasferimento tra vivi, e quanto già espresso anche nel mio libro Amazon “Nuovo Stato Legittimo“.
L’obbligo di attestare la conformità catastale è stabilito dall’articolo 29 della legge n. 52/1985:
«1. Negli atti con cui si concede l’ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l’immobile deve essere designato anche con l’indicazione di almeno tre dei suoi confini.
1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (comma aggiunto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010).
1-ter. Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’art. 10, terzo comma, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23” (comma aggiunto dall’art. 8, comma 1-bis, del d.l. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2017)».
Analizzando il comma 1-bis, in relazione alle formalità da osservare in ordine alla cosiddetta conformità o coerenza o allineamento catastale degli immobili, si suddivide, a sua volta, in
due distinti periodi (Cass. civile, Ordinanza n. 20520 del 24/07/2024):
- il primo attiene alla “CONFORMITA’ OGGETTIVA” degli immobili (o “coerenza oggettiva”, come definita nella Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2/2010 del 9 luglio 2010), ossia alla conformità degli immobili esistenti alle risultanze del catasto, stabilendo che gli “atti pubblici” e le “scritture private autenticate” tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali (ad esclusione dei diritti reali di garanzia) debbono contenere, a pena di nullità, l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie catastali depositate in catasto e la dichiarazione di parte di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (dichiarazione che può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato);
- il secondo concerne la “CONFORMITA’ SOGGETTIVA” degli immobili (o “coerenza soggettiva”, come definita nella suddetta Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2/2010 del 9 luglio 2010), ossia la corrispondenza tra le risultanze del catasto e le risultanze dei registri immobiliari, la cui sussistenza deve essere, invece, verificata precipuamente dal notaio.
La sentenza di Cassazione civile n. 27531/2025 conferma due principi sulla conformità catastale negli atti traslativi tra vivi:
- Se manca la dichiarazione o attestazione di conformità catastale oggettiva è comminata la nullità dell’atto.
- la norma non detta alcuna sanzione per il caso di inadempimento dell’obbligo di «verifica» soggettiva, non specifica se l’obbligo di verifica, conclusosi con un riscontro negativo, si tramuti in un obbligo di non stipulare oppure divenga un obbligo di realizzare l’allineamento, ante o post stipula, né impone alcun obbligo di menzione in atto dell’attività di verifica svolta.
In questa prospettiva (e in termini omologhi) è stato rilevato che, nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad
un fabbricato già esistente, la “conformità catastale oggettiva” di cui all’art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52/1985, costituisce una condizione dell’azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che non può accogliere la domanda ove la presenza delle menzioni catastali difetti al momento della decisione; viceversa, il giudice non è tenuto a
verificare la ricorrenza della c.d. “conformità catastale soggettiva”, consistente nella coincidenza del promittente venditore con l’intestatario catastale del bene, in quanto essa non costituisce una condizione dell’azione e la sua mancanza non impedisce l’emissione di una sentenza costitutiva di trasferimento del fabbricato ex art. 2932 c.c. (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 20526
del 29/09/2020).
Potrebbe prospettarsi un possibile inadempimento per mancato aggiornamento delle risultanze catastali, qualora accordato nel preliminare di vendita. Dal tenore letterale della previsione normativa emerge che condizioni indispensabili per l’applicazione delle disposizioni sul c.d. allineamento e sulla conformità catastale, di cui all’art. 29, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 52/1985, sono le seguenti:
- quanto alla tipologia di atti, deve trattarsi di atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali (con l’esclusione dei diritti reali di garanzia), e non già dei contratti che obbligano al futuro trasferimento, quali i preliminari di vendita (Cass. Civ. Sez. 2, Ordinanza n. 19897 del 18/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 7521 del 08/03/2022);
- con riguardo alla forma, deve trattarsi di contratti redatti mediante atto pubblico ovvero scrittura privata autenticata;
- in relazione all’oggetto, deve trattarsi di atti riguardanti fabbricati già esistenti – più correttamente unità immobiliari urbane – (in sostanza fabbricati agibili già censiti o censibili nel catasto fabbricati) e non già terreni (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20666 del 22/07/2025).
In proposito, quale requisito legittimante, la norma allude alla dichiarazione di parte di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, quali elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene rilevanti ai fini fiscali, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (sull’estensione della dichiarazione anche ai dati catastali Cassazione civile Sez. 2, Sentenza n. 27181 del 15/09/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 21828 del 29/08/2019; Sez. 2, Sentenza n. 29894 del 20/11/2018; Sez. 2, Sentenza n. 20465 del 11/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014); ovvero, in sua sostituzione, ad un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. In riferimento a questo specifico requisito, secondo cui è prescritta – in alternativa – o la dichiarazione di parte ovvero l’attestazione del tecnico, non è necessario che l’affermazione di parte sia resa nella forma di “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà”, stante che la norma non detta espressamente il modo attraverso cui essa deve essere resa.
Questa asserzione deve essere rilasciata da coloro che dispongono del diritto (alienanti, costituenti di diritti reali, condividenti, ecc., ossia dai disponenti), anche se – in ipotesi – diversi dagli intestatari catastali. Infatti, nel primo periodo dell’art. 29, comma 1-bis, della legge n. 52/1985 si richiamano semplicemente gli “intestatari”, mentre nel secondo periodo si evocano più specificatamente gli “intestatari catastali”. Sicché i “disponenti”, legittimati al rilascio della dichiarazione di conformità, il più delle volte coincidono con gli intestatari catastali e/o con gli intestatari effettivi degli immobili. A tal fine la dichiarazione di conformità catastale non può che essere rilasciata da chi nell’atto interviene per disporre del diritto.
Dichiarazione di conformità sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale
Mediante l’emendamento approvato con la legge n. 122/2010, di conversione del d.l. n. 78/2010 (con il quale è stato modificato l’art. 29 della legge n. 52/1985, introducendovi il nuovo comma 1-bis), si è precisato che la dichiarazione di conformità deve essere resa «sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale».
Con tale inciso si è voluto chiarire che gli adempimenti imposti dalla normativa di cui trattasi debbono essere espletati tenendo conto delle prescrizioni desumibili dalla disciplina vigente in materia catastale, ed in particolare delle disposizioni che stabiliscono quando è obbligatoria la presentazione di un atto di aggiornamento catastale e quando, al contrario, sono integrate mutazioni negli immobili da considerarsi irrilevanti, tali cioè da non imporre l’obbligo della denuncia di variazione.
Parafrasando la materia urbanistico-edilizia, sussiste una sorta di “tolleranza” sulla rappresentazione degli atti catastali, in particolare sulla conformità oggettiva: dai suddetti principi, si possono dedurre l’esistenza di discordanze tra stato di fatto e planimetrie catastali che non sottopongono i contratti traslativi a rischio di nullità.
In definitiva, la conformità o meno dei dati catastali e delle planimetrie catastali allo stato di fatto deve (ed è questo il senso che deve essere attribuito al predetto inciso) essere valutata alla luce delle disposizioni vigenti in materia catastale, relative alle difformità che rendono obbligatorio procedere all’aggiornamento catastale.
In particolare, dagli articoli 17 e 20 del R.D. n. 652/1939, nonché dall’art. 19, nono comma, del d.l. n. 78/2010, si desume che le difformità più lievi non compromettono affatto la conformità allo stato di fatto e che, quindi, tale conformità deve essere esclusa solo in presenza di variazioni che incidano sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, ossia sulle situazioni dalle quali dipende la rendita catastale. Sul punto si è espressa anche l’Agenzia del Territorio nella sua Circolare n. 2 del 9 luglio 2010, ove si afferma:
a) che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste nei casi in cui la variazione incide sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, a seguito di interventi edilizi di ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, oppure per effetto di annessioni, cessioni o acquisizioni di dipendenze esclusive o comuni, cambio di destinazione d’uso, etc.;
b) che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste anche nel caso in cui siano stati effettuati interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze;
c) che non assumono, quindi, rilievo le variazioni dei toponimi, dei nomi dei confinanti e di ogni altro elemento, anche di carattere grafico-convenzionale, non influente sulla corretta determinazione della rendita (in tali evenienze l’Agenzia non ritiene dovuta la dichiarazione di variazione, fatta salva l’opportunità dei soggetti interessati di richiedere comunque l’allineamento attraverso gli usuali canali informativi, quali, ad esempio per l’adeguamento della toponomastica, la segnalazione in front-office o tramite contact-center);
(d) che non hanno neppure rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità;
(e) che, analogamente, per le unità immobiliari ordinarie per le quali la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, le modifiche interne di modesta entità, non incidenti sulla consistenza dei beni iscritta negli atti catastali ovvero sulla destinazione dei singoli ambienti, non comportano l’obbligo della presentazione di una nuova planimetria in catasto; di contro, è necessaria la presentazione della dichiarazione di variazione nei casi in cui la mutazione incide sulla consistenza o sulla classe.
Nel giudizio di conformità richiesto dalla normativa in questione debbono, pertanto, essere presi in considerazione solo gli aspetti che influiscono sulla consistenza ovvero sull’attribuzione della classe e della categoria e ciò “sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale”, come previsto espressamente dalla norma. Si tratta, dunque, dei seguenti dati:
- la classe (che è attribuita in relazione alla diversa capacità di reddito);
- la categoria (che è attribuita in relazione alla destinazione d’uso);
- la consistenza (numero dei vani e/o la superficie e/o la cubatura, a seconda della diversa categoria);
- la rendita catastale (che dipende dai tre dati precedenti: classe, categoria e consistenza, in relazione alla tariffa d’estimo stabilita per gli immobili ricompresi nello stesso Comune ovvero: nella stessa zona censuaria, in collegamento con la categoria e con la classe di appartenenza);
- l’eventuale zona censuaria (per la rilevazione della tariffa
d’estimo da utilizzare per il calcolo della rendita).
Nullità formale dell’attestazione di conformità catastale
La disposizione normativa prevede che l’atto traslativo tra vivi debba contenere, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale e al riferimento alla planimetria, la dichiarazione degli intestatari o l’attestazione del tecnico incaricato. Secondo la sentenza di Cassazione civile n. 27531/2025, la nullità prevista dalla normativa in materia di conformità catastale si configura come nullità di carattere formale e testuale ex art. 1418, terzo comma, del Codice Civile (e non già virtuale ex art. 1418, primo comma, c.c. o strutturale ex art. 1418, secondo comma, c.c.), che discende dalla mancata osservanza delle prescrizioni poste da detta normativa, attinenti alle modalità redazionali degli atti traslativi, costitutivi e divisionali (sulla natura formale della nullità Cass. Civile Sez. 2, Ordinanza n. 8989 del 04/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 641 del 12/01/2023; Sez. 2, Sentenza n. 4216 del 09/02/2022; Sez. 2, Sentenza n. 39403 del 10/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 16519 del 31/07/2020; Sez. 2, Sentenza n. 14765 del 19/07/2016; Sez. 2, Sentenza n. 11507 del 03/06/2016; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014; Sez. 6-3, Sentenza n. 5913 del 11/03/2011).
La nullità formale prescritta nell’ipotesi di irregolarità urbanistiche e di commerciabilità (articoli 40 L. 47/85 e 46 DPR 380/01) è volta a sanzionare con la nullità la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve:
- esistere realmente;
- esser riferibile, proprio, a quell’immobile;
Così come nell’atto traslativo sia presente la dichiarazione del venditore attestante gli estremi del titolo abilitativo edilizio, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido, a prescindere dal profilo di effettiva conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. Sezioni Unite, sentenza n. 8230 del 22/03/2019; nello stesso senso Cass. civile Sez. 2, Ordinanza n. 10360 del 19/04/2025; Sez. 3, Ordinanza n. 538 del 15/01/2020), anche nel caso di incoerenza catastale la nullità è comminata allorché difetti nell’atto la dichiarazione o attestazione di conformità riferibile all’immobile, indipendentemente dall’effettività di detta conformità.
Si ricade perciò nell’ambito dell’invalidità collegata ad un an (ossia alla assenza della dichiarazione o dell’attestazione) e non già connessa al quomodo (ossia alla verifica dell’effettiva conformità).
La disciplina sull’obbligo di attestazione della conformità catastale, di cui all’articolo 29, L. 52/85, ha principalmente finalità fiscali, essendo stata prevista all’interno del progetto di attivazione della c.d. anagrafe immobiliare integrata, consistente in una banca dati contenente quelli relativi a ciascun soggetto proprietario di diritti reali immobiliari, nonché i dati relativi agli immobili ricompresi nel territorio nazionale (sulla finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale perseguita dalla norma, tale da determinare la nullità assoluta dell’atto, da cui consegue la responsabilità disciplinare del notaio rogante, ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge n. 89/1913, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27181 del 15/09/2022; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014).
Sicché si tratta dello strumentario che il legislatore ha apprestato per l’emersione dei cosiddetti fabbricati “fantasma”, ossia degli edifici mai dichiarati in catasto oppure degli edifici bensì dichiarati in catasto, ma con una rappresentazione, d’uso o di consistenza, diversa da quella effettivamente in atto, e ciò indipendentemente dal fatto che la situazione attuale del fabbricato sia o meno il frutto di interventi effettuati legittimamente sotto il profilo edilizio/urbanistico.
La normativa vigente prevede anche la sanabilità della nullità del rogito stipulato, mediante atto di conferma, anche unilaterale, ai sensi del comma 1-ter, articolo 29, L. 52/85, introdotto dall’art. 8 comma 1-bis DL 50/2017 (convertito in legge con modif. n. 96/2017).
Le condizioni per sanare retroattivamente la nullità, mediante atto di conferma dell’atto nullo, sono le seguenti:
- che la nullità dipenda dalla mancanza del riferimento in atto alle planimetrie depositate in catasto;
- ovvero che la nullità provenga dalla mancanza della dichiarazione, resa in atto dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto;
- ovvero che la nullità scaturisca dalla mancanza dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato.
Tra l’altro, come ho già detto su Instagram, la conformità catastale non é la conformità urbanistica, ma sono connesse tra loro:
https://www.instagram.com/reel/DOHUto5jS1U/?igsh=MWVnandtbHhqOWNtaA==
La dichiarazione mendace di conformità catastale non produce nullità dell’atto, a meno che non sia palese
Sempre secondo la sentenza n. 27531/2025 di Cassazione Civile, da queste disposizioni emerge che per la validità dell’atto, e per evitare la nullità, è sufficiente che in esso ci siano le menzioni e dichiarazioni prescritte dalla legge, nonostante, in ipotesi, non veridiche. Anche una dichiarazione/attestazione non corrispondente al vero (inesatta o falsa) sarebbe, per tali motivi, idonea ad evitare la nullità dell’atto, salvo che si tratti di una falsità conclamata, cioè tale da essere rilevabile ictu oculi anche da un soggetto tecnicamente inesperto, caso nel quale la dichiarazione/attestazione può essere ritenuta inesistente e l’atto nullo.
Analogamente all’ipotesi di nullità per irregolarità urbanistica – in cui basta la menzione nell’atto del titolo abilitativo affinché l’invalidità sia esclusa, purché detto titolo esista realmente e sia riferibile proprio a quell’immobile – nel caso di irregolarità catastale è sufficiente a garantire la validità la dichiarazione di conformità o la sostitutiva attestazione di conformità, sempre che l’incoerenza con lo stato di fatto non emerga in modo palese.
La dichiarazione mendace, pur non determinando la nullità dell’atto, espone peraltro chi l’ha resa a responsabilità civile per i danni cagionati alla controparte, nonché a responsabilità penale, qualora fosse ravvisabile, nel caso di specie, il reato di «falso ideologico commesso da privato in atto pubblico» ex art. 483 c.p. (Cass. penale Sez. 5, Sentenza n. 5178 del 12/12/2017, depositata il 02/02/2018; Sez. 5, Sentenza n. 11628 del 30/11/2011, depositata il 26/03/2012; Sez. 5, Sentenza n. 35999 del 03/06/2008, depositata il 19/09/2008).
Dunque, la mendacità della dichiarazione o dell’attestazione non incide sulla validità dell’atto: dalla formulazione della norma si ricava, infatti, in modo perentorio, che la nullità è comminata per la mancanza nell’atto pubblico o nella scrittura privata autenticata della dichiarazione/attestazione di conformità; sicché qualora dovesse riscontrarsi, successivamente alla stipulazione, una non conformità sul piano sostanziale, l’atto è da considerarsi valido ed efficace, fermi restando gli eventuali riflessi sanzionatori di tipo penale e tributario per il dichiarante.
In effetti, l’assenza della conformità non rende l’immobile incommerciabile, ma espone le parti all’accertamento da parte dell’amministrazione. Ne discende che la nullità (formale) dell’atto si determina solo nel caso in cui manchino sia la dichiarazione di parte, sia l’attestazione “sostitutiva” del tecnico.
Né la qualificazione in termini di nullità esclusivamente formale è in antitesi con la disposizione di cui all’art. 29, comma 1-ter, della legge n. 52/1985. Quest’ultima disposizione, infatti, va letta nel contesto in cui è inserita: segnatamente è previsto che l’atto è nullo, ma confermabile, in caso di mancanza del riferimento alle planimetrie, ovvero di mancanza della dichiarazione di conformità ovvero di mancanza dell’attestazione del tecnico, ma non anche in caso di dichiarazioni e/o menzioni false e/o di planimetrie difformi dallo stato di fatto. Tuttavia, per potersi avvalere della conferma, è necessario che le planimetrie fossero esistenti all’epoca della stipula dell’atto da confermare.
Ebbene, ai soli fini della conferma, il legislatore considera inesistenti anche quelle planimetrie, che pur risultando depositate in catasto all’epoca della stipula, siano state successivamente sostituite da altre e nuove planimetrie presentate per l’adeguamento allo stato di fatto; se successivamente alla stipula dell’atto venga accertata dalle parti la difformità delle planimetrie dallo stato di fatto, al punto di procedere alla loro sostituzione, non potrà certo ritenersi che al momento della stipula esistevano valide ed idonee planimetrie relative agli immobili negoziati. In pratica, al momento della stipula dell’eventuale atto di conferma, le planimetrie che rappresentano lo stato di fatto originario, in quanto presentate dopo la stipula dell’atto da confermare, non possono considerarsi “esistenti” al momento della stipula dell’atto in questione. A ciò consegue che, se le prescritte menzioni e dichiarazioni siano state rese in atto (e ciò anche nel caso in cui le planimetrie non fossero conformi allo stato di fatto), non vi è, comunque, alcuna nullità da sanare; l’atto stipulato è e rimane valido. Tant’è vero che l’art. 29, comma 1-ter, prevede la conferma solo per il caso di mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto ovvero di mancanza della dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto ovvero di mancanza dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato e non anche per il caso in cui la dichiarazione, comunque presente, non sia veritiera.
Esecuzione in forma specifica, rapporto con conformità catastale
Per le stesse ragioni sussiste la condizione per la disposizione dell’effetto traslativo, ai sensi dell’art. 2932 Codice Civile, allorché vi sia la dichiarazione dell’intestatario o l’attestazione del
tecnico incaricato circa la conformità catastale, senza alcun onere di verifica dell’effettività di tale coerenza (Cass. Civile Sez. 2, Sentenza n. 12654 del 25/06/2020).
È ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità che – a fronte della previsione secondo cui per gli atti pubblici o le scritture private autenticate traslativi, costitutivi o divisionali, aventi ad oggetto fabbricati già esistenti, sono necessari, a pena di nullità, l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie e la dichiarazione o attestazione di conformità catastale oggettiva –, allorché l’effetto traslativo sia invocato a mezzo dell’azione giudiziale di esecuzione specifica, tali elementi costituiscono una condizione (e non già un presupposto) di detta azione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8117 del 27/03/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 2373 del 31/01/2025; Sez. 2, Sentenza n. 1700 del 23/01/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 29581 del 22/10/2021; Sez. 2, Sentenza n. 20526 del 29/09/2020).
Non è richiesto che il giudice dell’azione di esecuzione specifica esplichi un’indagine tecnica allo scopo di verificare che la dichiarazione o l’attestazione siano veritiere, ossia di impedire il trasferimento coattivo per “nullità originaria” o applicare il criterio di nullità sostanzialista; di converso, al fine di garantire la “possibilità” della produzione dell’effetto traslativo, è sufficiente che nel giudizio sia allegata la dichiarazione di conformità dell’intestatario promittente venditore o l’attestazione sostitutiva di un tecnico. Tali adempimenti costituiscono ragione satisfattiva atta a permettere la disposizione della traslazione per via giudiziale, sempre che l’incoerenza non risulti dagli atti.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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