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La Cassazione penale ha ritenuto valido applicare le semplificazioni normative introdotte successivamente alla trasformazione edilizia

Le conclusioni della sentenza n. 31618/2015 della Cassazione Penale Sez. III riguardano un intervento avviato nel 2009 per un complesso edilizio di Firenze, presentando tre denunce di inizio attività. 

L’OPINIONE →

A seguito di verifica svolta dalla Direzione urbanistica comunale furono accertati lavori comportanti anche frazionamento in 12 unità abitative (senza modifiche volumetriche complessive e destinazione d’uso, ndr), contestandone l’esecuzione in difformità alle Dia stesse. 

Nel processo penale di primo grado l’Accusa aveva qualificato i lavori in ristrutturazione finalizzate al frazionamento e tali da non essere consentiti sull’immobile in quanto appartenente alla classe 1; il Tribunale si espresse in direzione opposta qualificandoli come restauro e risanamento conservativo.  (Tesi condivisa anche dallo scrivente → )
Il P.M. fa ricorso sostenendo quattro motivi, in particolare rilevando l’aggravio del carico urbanistico che avrebbe reso necessario il rilascio del Permesso di Costruire e non attraverso semplice Denuncia di inizio attività, ritenendo quindi errata la qualificazione dell’intervento in restauro anziché in ristrutturazione edilizia.

La Cassazione penale nella sua valutazione di merito intuisce che l’oggetto della questio sia la qualificazione giuridica dell’intervento complessivo.

La definizione di ristrutturazione edilizia, novellata nel Testo Unico DPR 380/2001 subisce un’importante modifica col D.Lgs. 301/2002 e divenne la seguente, non legata al rispetto di elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio:

« interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. » 

Col “Decreto del Fare” poi L. 98/2013 furono ricompresi nella categoria ristrutturazione :

« il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente. » 

Lo Sblocca Italia poi L. 164/2014 arriva addirittura “de facto” a ricomprendere nella manutenzione straordinaria interventi di “ristrutturazione light” quali il frazionamento o accorpamento di unità immobiliari comportanti variazioni di superfici e aumento del carico urbanistico, a condizione che rimanga inalterata la volumetria complessiva degli edifici e mantenuta la destinazione d’uso.

Secondo la Cassazione penale l’innovazione normativa di questi due recenti provvedimenti ha:

  • introdotto il concetto di “intervento di conservazione“;
  • sclassato in manutenzione straordinaria (se così possiamo dire) le ristrutturazioni con frazionamento non non incidenti né sulle superfici né su volumetria complessiva né sulla destinazione d’uso;

E proprio sulla base di queste novità ha ritenuto opportuno riconsiderare alla luce del vigente quadro normativo «  seppur riferita ad una operazione complessiva di restauro e risanamento conservativo non consentita secondo la legislazione dell’epoca tenuto conto della tipologia degli interventi, non poteva comunque riferirsi ad un intervento di ristrutturazione nei termini indicati dal Pubblico Ministero ricorrente. »

La Cassazione conclude rigettando il ricorso del pubblico ministero alla luce delle novità normativa vigenti


L’opinione  

Si condivide a pieno la corretta disamina della Cassazione; per chi opera nella parte amministrativa edilizia, in particolare i professionisti, il problema di una corretta classificazione del singolo intervento edilizio sta diventando quotidiano a causa di queste ragioni:

  • variazioni normative in ambito nazionale;
  • variazioni normative in ambito regionale e concorrenti al quadro nazionale;
  • pendolarismo giurisprudenziale;
  • interpretazione operata dal segmento finale degli enti pubblici;

Nel caso di specie, per esempio, la Regione Toscana aveva già raffinato la definizione di Restauro con la L.R. 1/2005 che, nella sua ultima stesura abrogata con la L.R. 65/2014, aveva definito così :

« gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, ossia quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili; tali interventi comprendono il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; tali interventi comprendono altresì gli interventi sistematici, eseguiti mantenendo gli elementi tipologici formali e strutturali dell’organismo edilizio, volti a conseguire l’adeguamento funzionale degli edifici, ancorché recenti; »

Il principio adottato in questo caso dalla Cassazione penale è congruente e volto a rispettare la linea politica di semplificazione legislativa adottata dai provvedimenti normativi; evita inoltre l’irrogazione di sanzioni amministrative e penali per casi oggi non più inquadrabili come reati, seppure che all’epoca avrebbero potuto esserlo.

Lo stesso principio, a mio avviso, merita palese estensione quindi anche agli abusi “minori”, ma di questo ne parlerò a breve in uno specifico approfondimento.

Testo integrale della sentenza ===> http://goo.gl/RNWsuJ

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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