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Costruire un edificio non è come costruire un orologio svizzero, e la norma prevede esigue tolleranze costruttive

Nel T.U. edilizia le famose tolleranze da cantiere per parziali difformità furono introdotte solamente nel 2011

Il Legislatore si è posto il problema della corrispondenza tra quanto effettivamente realizzato e misure progettuali pochi anni fa mediante la L. 106/2011, con la quale fu introdotto il seguente comma alle parziali difformità (art. 34 DPR 380/01):

2-ter. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali.”;

Esso è inserito nel quadro delle parziali difformità, e quindi nella categoria dei reati di tipo urbanistico.

La parziale difformità consiste nella realizzazione di un manufatto edilizio diverso da titoli abilitativi o pratiche edilizie, senza però configurare una sua totale difformità da esse sconfinando in un organismo edilizio totalmente diverso, connotato da variazioni essenziali.

Aggiornamento del 7 febbraio 2022: prima di proseguire, ti segnalo che il presente articolo è stato superato dalla nuova normativa D.L. 76/2020, per cui ti segnalo questa versione più aggiornata sulle tolleranze edilizie.

L’ambito di riferimento delle tolleranze risulta circoscritto alla singola unità immobiliare

Questa dizione apre interrogativi sul fatto che sia estendibile anche all’intero edificio. Vanno quindi sommate le tolleranze per ogni unità immobiliare o esiste una doppia condizione da verificare col fabbricato nel suo complesso ?

In questo senso nella sentenza del Consiglio di Stato sez. IV n. 04545/2014 risulta privilegiare la doppia valenza applicativa, cioè estesa anche all’intero fabbricato:

«In concreto, si osserva che la circostanza dell’intervenuto rilascio della dichiarazione di agibilità parziale dell’immobile (riferita ai primi quattro piani), non esclude che le (limitate) difformità riscontrate in relazione alla parte del manufatto dichiarata agibile, pur non ostando al rilascio di tale dichiarazione, tuttavia non possono essere considerate “indifferenti” ai fini del computo complessivo della difformità.
Si intende affermare che tali difformità che – calcolate “per singola unità immobiliare” – non comportano di per sé sole “parziale difformità”, tuttavia devono essere considerate ai fini del risultato complessivo prodotto sull’intero manufatto.
E ciò, in particolare, con riguardo alle violazioni relative all’altezza, dove singole difformità del 2% possono comportare sia da sole (sul risultato complessivo del fabbricato), sia aggiunte ad una sicura e più ampia difformità riguardante l’ultimo piano, differenze anche rilevanti rispetto a quanto originariamente progettato ed assentito.»

I parametri indicati nella norma sono quattro e di tipo urbanistico (e non di matrice edilizio/igienico), e non essendovi ancora oggi vigente uno specifico regolamento nazionale che disponga maggior dettagli di queste definizioni, si commentano come segue:

  • distacchi: distanza tra due edifici fronteggianti, ed è espressamente distinta nelle norme delle distanze legali;
  • cubatura: termine desueto, significa la volumetria espressa in mc;
  • superficie coperta: proiezione orizzontale al suolo della sagoma esterna del manufatto
  • altezza: riferita all’unità o esterna all’edificio?

Quest’ultima definizione è assai dibattuta: in certi comuni vedo applicarla in maniera restrittiva, ovvero intesa come altezza massima esterna, in altri invece la vedo applicare in maniera favorevole anche come altezza interna, proprio sull’annosa questione dell’altezza interna di 2,70 ml tra pavimento e soffitto.

Anche in questa direzione la sentenza n. 04764/2014 del Consiglio di Stato sez. IV prende in esame la maggiore altezza del fabbricato rispetto a quella degli elaborati progettuali.

L’emanazione del futuro Regolamento edilizio Tipo/Unico prossimo venturo non sarà d’aiuto a risolvere la questione, in quanto l’attuale bozza non ne contempla l’esatta definizione, e al contrario introdurrà quattro diciture:

Altezza lorda – Altezza del fronte – Altezza dell’edificio – Altezza utile

Alcuni regolamenti edilizi comunali che ho avuto modo di consultare integrano le tolleranze costruttive specificando i termini per le misure lineari interne, addirittura prevedendo tolleranze anche per le misure desumibili ove non ci siano quotature.

Resta il fatto che per gli immobili sottoposti a tutela di vincolo non è prevista la tolleranza.

A margine di tutto, la Regione Sicilia è stata la prima a definire in via autonoma le tolleranza da cantiere con l’allora L.R. 37/1985, che provvide a recepire la L. 47/85 sul condono edilizio integrando la definizione di parziale difformità nel seguente modo:

«Non sono da considerare difformità parziali le variazioni ai parametri edilizi che non superino, per ciascuno di essi, la tolleranza di cantiere del 3 per cento.»

In questo caso è stata recepita l’applicazione universale ai parametri edilizi indicati nella stessa norma ovvero cubatura, superficie utile calpestabile, altezza dell’immobile, distanza dai confini o cigli stradali.

Ecco l’anteprima gratuita:

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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